Amministrativo

Expo, il Codacons non ha diritto all'accesso a tutti gli atti

di Francesco Clemente

«La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all'attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all'utenza, ma solo un più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori». Il Consiglio di Stato – sentenza 4644/2015, Quarta sezione, deposito 6 ottobre – ha bocciato così il ricorso di Codacons contro il «no» di Expo 2015 SpA all'accesso alle procedure per la scelta di partner e sponsor dell'evento (requests for proposal, rfp). Gli atti erano stati richiesti nel 2014 anche per l'allora «‘particolare contesto giudiziario che si è venuto a creare attorno all'evento Expo 2015'».

Il Collegio, in linea di fatto col primo grado (Tar Milano n. 3027/2014), ha chiarito che tali documenti «pur se indicati e dunque concretamente individuabili (…) attengono a singole procedure di scelta di uno o più contraenti con un soggetto pubblico, e, dunque, non tali da rappresentare, in via immediata e diretta, una tutela dei più ampi interessi dei consumatori e, comunque, di quegli interessi dei quali l'associazione richiedente è portatrice».

Come affermato sulla domanda d'accesso della stessa Codacons agli atti d'investimento di Siae sui bond Lehman Brothers (Adunanza plenaria n. 7/2012), Palazzo Spada ha ribadito che «‘la disposizione di cui all'art.22, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (Norme sull'accesso ai documenti amministrativi, ndr) pur riconoscendo il diritto di accesso a “chiunque vi abbia interesse” non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant'è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla “tutela” di “situazioni giuridicamente rilevanti”'», e che in particolare tale interesse «‘(…) deve essere “personale e concreto”, ossia ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico nesso (…)'».

In questo caso, «il collegamento che l'associazione appellante individua tra ‘settori nei quali le procedure di Rfp sono state avviate' e ‘specifici settori nei quali si estrinseca l'attività dell'associazione' (…), appare generico e limitato meramente ad una coincidenza nominalistica tra campo di attività amministrativa entro il quale singole procedure si collocano e settori indicati come generali ambiti di azione dell'associazione», posto poi che «nemmeno la legge a tutela dei consumatori (legge n. 383/2000, ndr) attribuisce alle associazioni degli stessi un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all'acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l'esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza».

Consiglio di Stato - Sentenza 4644/2015

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