Civile

Nullità del matrimonio per dolo, delibazione della sentenza solo se c’è inganno sulle proprie qualità personali

di Andrea Alberto Moramarco

La sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio fondata sul dolo è riconoscibile in Italia solo quando gli artifici e i raggiri abbiano determinato in un coniuge un errore riguardante fatti incidenti su connotati significativi o qualità personali dell'altro coniuge. Solo in tale ipotesi la delibazione della sentenza di nullità del matrimonio fondata sul dolo - non previsto dall'articolo 122 codice civile come specifica causa di nullità matrimoniale - non è contrario all'ordine pubblico italiano. Questa regola è stata ribadita e applicata dalla Corte d'Appello dell'Aquila nella sentenza 786/2015.

Il caso - La Corte d'appello era chiamata a deliberare l'efficacia di una sentenza canonica che aveva dichiarato nullo il matrimonio «per dolo ordito ai danni della donna». Dalla motivazione della sentenza ecclesiastica era infatti emerso che l'uomo aveva ingannato la propria fidanzata facendole credere, attraverso ripetute e ben premeditate menzogne, di essere laureato in giurisprudenza, ricercatore universitario e di lavorare in un prestigioso studio legale. Tale «realtà virtuale» era stata costruita appositamente per ottenere il consenso matrimoniale della donna.

Le motivazioni - Per la Corte la sentenza ecclesiastica può essere delibata, in quanto sussistono le condizioni previste dagli accordi tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ovvero la competenza dei giudici ecclesiastici a conoscere la causa; l'assicurato rispetto del diritto di agire e resistere in giudizio; e la non contrarietà all'ordine pubblico, quest'ultima nonostante il dolo sia causa di nullità del matrimonio solo nell'ordinamento canonico e non anche in quello italiano.
Difatti, precisano i giudici, nel nostro ordinamento il dolo non produce effetti sulla validità del matrimonio, in relazione al quale contano esclusivamente la minaccia di un male ingiusto e notevole e l'errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge, di cui all'articolo 122 Cc. Di conseguenza, «la sentenza ecclesiastica che annulla un matrimonio religioso per “dolo” di una delle parti può essere delibata dal giudice italiano solo nel caso in cui gli artifizi o raggiri di tale parte abbiano determinato nell'altra errori aventi caratteri oggettivi che li assimilino a quelli rilevanti nel nostro sistema». Solo in tal caso la pronuncia ecclesiastica non determina un contrasto con l'ordine pubblico interno, ostativo al suo riconoscimento.
E nel caso di specie, le costanti bugie dette dall'uomo alla partner per ottenere il suo consenso al matrimonio hanno dato luogo ad un «errore riguardante connotati stabili e permanenti del nubendo …e determinato un vizio del consenso che, riguardando fatti assimilabili a quelli oggettivi e tipici previsti dall'art. 122 c.c., deve essere considerato rilevante nel nostro ordinamento».

Corte d'Appello dell'Aquila - Sezione civile - Sentenza 16 giugno 2015 n. 786

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©