Civile

Dalla rettifica dell’attribuzione di sesso scatta il diritto a scegliere liberamente il nuovo nome

di Paola R0ssi

L'attribuzione di un sesso diverso determina anche la libera scelta di un nuovo nome adeguato all'avvenuta modifica dello stato civile. La Corte di cassazione - con l'ordinanza n. 3877 di ieri - ha infatti bocciato la decisione dei giudici di merito perché avevano limitato la modifica del nome (tecnicamente prenome) alla declinazione al femminile di quello precedente la rettificazione di attribuzione di sesso. La Corte di cassazione al contrario nell'interpretare la legge 164/1982 ha ritenuto - decidendo senza rinvio - che fosse legittima la pretesa del richiedente di rettificare il nome in Alexandra e non forzatamente in Alessandra perchè originariamente si chiamava Alessandro. La legge in materia di rettificazione di attribuzione di sesso non impone affatto tale vincolo nel cambiamento del nome che data la situazione non può che dipendere dalla libera scelta di chi ha già modificato il proprio status sessuale. Infine, i giudici di secondo grado avevano, al contrario, accolto la richiesta rettifica di attribuzione di sesso, ma avevano però negato la libera rideterminazione del proprio nome da parte di chi autonomamente aveva realizzato un percorso di transizione da un sesso a un altro. Tra l'altro la transessualità è di norma una scelta che, se non comincia, di certo si conclude nella stagione già adulta di una persona. Ed è quindi priva di senso la limitazione della libertà individuale nella modifica del nome anche solo pensando che non tutti i nomi hanno il doppio genere individuato dalla desinenza.

Interessi in gioco - Unici limiti ammissibili in sede di modifica sono quelli di carattere imperativo dettati dalla legge per la scelta del nome di un nascituro, che tra gli altri impone la corrispondenza al sesso. Ovviamente non devono essere lesi eventuali diritti di terzi. I giudici di appello avevano, invece, dato preminenza all'interesse pubblico «a una stabilità e ricostruibilità delle registrazioni anagrafiche». Ciò che secondo la Cassazione non può superare il diritto garantito dalla Costituzione al nome. E soprattutto la Cassazione ritiene preminente - in una vicenda di cambio di sesso, ma non solo - la piena espressione della personalità individuale che può, come era stato affermato nel caso concreto dal ricorrente, comprendere il diritto all'oblio. Cioè un nome che non sia trait d'union tra passato e presente, ma al contrario un vero e proprio taglio.

La transizione - In primis la Cassazione ribadisce che non è necessario per ottenere la rettifica dell'attribuzione di sesso che il richiedente sia stato sottoposto al trattamento chirurgico che rimuove ridefinendoli gli organi genitali primari. Precisazione importante tenuto conto che i giudici di primo grado in questavicenda avevano negato proprio la nuova attribuzione di sesso perché la consulenza tecnica aveva ritenuto incompleta la transizione al nuovo genere, in questo caso femminile. La Cassazione prende invece in considerazione l'affermazione dei giudici di appello secondo i quali i tratti sessuali anatomici non corripondono più al sesso attribuito all'atto della nascita,

Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 17 febbraio 2020 n. 3877

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