Professione e Mercato

Imprese, negozi, ristoranti: regole incerte ma costi già alti

di Marta Casadei

Dalle grandi imprese ai negozi, passando per i ristoranti, l’unica cosa chiara riguardo alla sanificazione è una: bisogna mettere a budget nuovi costi, molti dei quali saranno indiretti.

Nuove voci nei budget
Tra le aziende che hanno riaperto il 4 maggio scorso - seguendo i protocolli sanitari siglati da Governo e sindacati il 14 marzo e il 24 aprile 2020 o adattandoli alle proprie esigenze - c’è la Parà, azienda brianzola che dal 1921 produce tessuti per la protezione solare, l’arredamento e la nautica e ha circa 600 dipendenti. «Nonostante sia presto per quantificare in maniera esatta i costi legati alle misure previste dal protocollo sanitario, prevediamo di mettere a budget una spesa annua pari ad almeno 150mila euro», dice l’ad Matteo Parravicini. A pesare di più, spiega, «saranno, nell’ordine: dispositivi di protezione individuale, costi del personale e materiale per le sanificazioni».

Il tema dei costi non è certo caro solo alle grandi aziende: Probeat agency, attiva negli eventi e nelle pubbliche relazioni a Milano con 15 dipendenti, stima una cifra iniziale di 1.000/1.200 euro tra sanificazione bisettimanale, materiali come mascherine, gel disinfettanti, stracci monouso per la pulizia delle postazioni, termometri a infrarossi e lavori per distanziare le scrivanie. «Noi abbiamo deciso di affidare la sanificazione alla nostra impresa di pulizie di fiducia - spiega il titolare Paolo Ruffato - ma siamo stati in grado di destreggiarci nel dedalo di regole solo perché ci siamo affidati a un consulente esterno che si occupa di sicurezza e privacy. Per un’azienda piccola è fondamentale avere una guida in questi ambiti».

Il nodo negozi e ristoranti
Chi, oltre a mettere a budget costi ulteriori, sta cercando di capire meglio quali regole dovrà seguire sono gli esercizi che non hanno ancora avuto il via libera per la riapertura: i negozi non di alimentari - che alzeranno le saracinesche il 18 maggio - e i ristoranti, la cui apertura è prevista il 1° giugno, salvo anticipi regionali.

«Noi per ora non abbiamo protocolli specifici di riferimento - dice Federico Giglio, titolare delle boutique di abbigliamento Giglio di Palermo - ma ci stiamo attrezzando: partiremo con una sanificazione approfondita, a cura della nostra impresa di pulizia, a cui poi raddoppieremo l’impegno passando da una a due volte al giorno. La sanificazione dei capi? Per ora non è prevista, ma soprattutto credo sia impossibile da fare, considerando che noi abbiamo migliaia di prodotti in negozio».

Tra gli esercizi a caccia di regole ci sono soprattutto i ristoranti: per ora aperti solo per delivery e take away. «Navighiamo a vista - dice Alfredo Tomaselli, proprietario de Il Bolognese, storico locale romano con sede anche Milano - perché c’è grande confusione. La sanificazione profonda fatta da una ditta specializzata costa circa 1.000 euro, poi dobbiamo acquistare mascherine e guanti per il personale e dispositivi da fornire ai clienti, termoscanner». Sono costi che, secondo Tomaselli, potrebbero non fare la differenza «se il lavoro ripartisse come prima», ma che dovranno fare i conti con un numero di coperti ridotto: «Noi passeremo da 80 a 20-25 coperti, ma penso ai ristoranti molto piccoli che soffriranno sicuramente».

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