Civile

Mps, restano le sanzioni di Bankitalia per la buonuscita data al Dg

di Paola Rossi

La Cassazione chiude la vicenda dell'incentivo di 4 mln di euro al direttore generale "uscente" Antonio Vigni, pagato nel 2012 dalla Banca Monte dei Paschi di Siena. La sentenza n. 9371 depositata ieri dalla II sezione civile ha, infatti, confermato le sanzioni di 129.110 euro ciascuno inflitte da Bankitalia ai consiglieri d'amministrazione Graziano Costantini e Lorenzo Gorgoni, perché in qualità di componenti del "Comitato per la remunerazione" avevano, non solo fornito parere favorevole all'esborso aggiuntivo in occasione della risoluzione del rapporto tra Vigni e la banca Mps, ma anche per aver garantito allo stesso la piena immunità da azioni legali - anche promosse da terzi - per il suo operato nella banca. Fondamentalmente la Cassazione conferma la decisione della Corte di appello di Roma che aveva respinto le lamentele dei due consiglieri incentrate su presunti profili di illegalità della delibera con cui erano state loro irrogate le pesanti sanzioni.

I principi affermati - Tra i numerosi motivi di ricorso presentati dai due consiglieri emerge in particolare la contestazione di non aver ottenuto - in base al favor rei - l'applicazione della normativa più favorevole recata dal Dlgs 72/2015 e varata successivamente ai fatti di causa. Per argomentare, i ricorrenti sostenevano la natura fondamentalmente penale delle sanzioni pecuniarie inflitte da Bankitalia. La Cassazione ha negato tale natura escludendo il parallelo con le sanzioni irrogate dalla Consob contro le manipolazioni del mercato a cui la giurisprudenza applica, invece, la legge più favorevole eventualmente sopraggiunta in quanto le considera "afflittive" sul piano della severità, dell'incidenza patrimoniale e personale. Nel caso chiuso oggi in Cassazione, Bankitalia aveva inflitto le sanzioni previste dal Tub nella misura del massimo edittale, avendo stigmatizzato - in quanto contrario alle proprie disposizioni emanate il 30 marzo 2011 - il riconoscimento "aggiuntivo" senza tener conto delle basse performance della banca nel momento dell'erogazione: profonda crisi e sostegno pubblico. Elementi che impedirebbero alle banche di sganciare la remunerazione dei manager bancari dai risultati conseguiti e dal godimento di quelli che di fatto sono aiuti di Stato.
La Cassazione respinge anche un altro punto fondamentale sostenuto dai ricorrenti, che lamentavano di aver consegnato all'organo di vigilanza la documentazione contente la variazione della remunerazione del Dg, senza aver ricevuto alcun riscontro ed essendosi così realizzato il silenzio-assenso sul trattamento economico di Vinci. Facendo così desumere il superamento da parte di Bankitalia del termine di 90 giorni per la contestazione delle loro responsabilità per aver fornito il parere favorevole posto alla base dell delibera incriminata. E' invece proprio da tale delibera del Cda che si realizza l'illecito, spiega la Cassazione, e dalla cui data decorrono i 90 giorni: l'illecito non era cioè riconducibile alla previsione della rimodulazione dei compensi comunicata a Bankitalia, ma dall'effettivo riconoscimento dell'incentivo per la risoluzione anticipata del rapporto, erogato in violazione delle nuove regole varate dall'organo di vigilanza che, queste sì, sono retroattive, nel senso che si applicano alle vicende ancora in atto. Neanche l'argomento dell'assenza di un dolo o anche solo di una colpa nell'aver fornito il parere viene accolto dai giudici che chiariscono che la "gravità" del comportamento pesantemente sanzionato può ben dipendere dalla sola circostanza della crisi attraversata dalla banca.

Corte di cassazione – Sezione II civile – Sentenza 21 maggio 2020 n. 9371

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