Penale

Promosso il decreto sui controlli antiscarcerazioni

La norrma non intende in alcun modo esercitare indebite pressioni sul giudice che abbia in precedenza concesso la misura

di Giovanni Negri


La disciplina con la quale il ministero della Giustizia è corso ai ripari dopo le scarcerazioni di esponenti della criminalità organizzata nella primavera scorsa non abbassa gli standard di tutela della salute del detenuto, garantiti dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo anche nei confronti dei condannati ad elevata pericolosità sociale, compresi quelli sottoposti al regime penitenziario del 41-bis. Questa la conclusione cui approda la sentenza della Corte costituzionale n. 245, scritta da Francesco Voigano e depositata ieri.
Le disposizioni esaminate dalla Corte, previste nel decreto legge n. 29 e poi nella legge n. 70, impongono al magistrato di sorveglianza, una volta concessa provvisoriamente, per ragioni legate all'emergenza sanitaria, la detenzione domiciliare ai condannati per questi reati, di rivalutare periodicamente le condizioni che giustificano la misura, sulla base die pareri delle Procure distrettuali e della Procura nazionale Antimafia e delle informazioni raccolte dal Dap sulla disponibilità di strutture e posti per un ripristino della condizione di detenzione, senza compromettere il diritto alla salute del condannato.
La sentenza osserva che l'intervento contestato dal tribunale di sorveglianza di Sassari e dal magistrato di sorveglianza di Spoleto, «non intende in alcun modo esercitare indebite pressioni sul giudice che abbia in precedenza concesso la misura, mirando unicamente ad arricchire il suo patrimonio conoscitivo sulla possibilità di opzioni alternative intramurarie o presso i reparti di medicina protetti in grado di tutelare egualmente la salute del condannato, oltre che sulla effettiva pericolosità dello stesso, in modo da consentire al giudice di mantenere sempre aggiornato il delicato bilanciamento sotteso alla misura in essere, alla luce di una situazione epidemiologica in continua evoluzione».
Quanto al rispetto dei diritti della difesa, la Corte costituzionale sottolinea come l'intervento del magistrato di sorveglianza, fondato anche sull'acquisizione di materiali ed elementi «acquisiti ex officio e non ostensibili alla difesa» , destinato a sfociare in un provvedimento interlocutorio che poi dovrà essere confermato o smentito dal tribunale di sorveglianza dopo un procedimento a contraddittorio pieno, trova la sua ragione nella necessità di assicurare al magistrato di sorveglianza «un potere di intervento in via d'urgenza, bilanciando interinalmente le ragioni di tutela della salute e della vita di quest'ultimo con le ragioni contrapposte di tutela della collettività in relazione alla sua persistente pericolosità sociale; e ciò attraverso un procedimento attivato sì su istanza di parte, ma destinato poi a svolgersi mediante poteri di indagine officiosi (e comunque aperti alle eventuali produzioni documentali della difesa), in ragione proprio della necessità di una rapida decisione sull'istanza del detenuto».

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