Casi pratici

MAP e doppia imposizione: profili applicativi

di Giancarlo Marzo e Irene Barbieri

LA QUESTIONE

In cosa consistono le procedure amichevoli (Mutual Agreement Procedure – MAP) avviate per evitare le doppie imposizioni? E quali sono i rapporti con il contenzioso tributario eventualmente già instaurato?

Le procedure amichevoli o Mutual Agreement Procedure, cd. MAP, rappresentano un importante strumento amministrativo di composizione delle controversie fiscali internazionali. Si snodano attraverso particolari forme di dialogo tra le autorità delle giurisdizioni coinvolte e mirano alla risoluzione di dispute che travalicano i confini nazionali e concernono casi di doppia imposizione fiscale, esatta interpretazione o applicazione di una Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni.
Le MAP in parola si inseriscono, infatti, nel più ampio quadro della cooperazione fiscale internazionale. Quando parliamo di cooperazione fiscale internazionale facciamo riferimento all'attività coordinata tra due o più Stati, posta in essere allo scopo di consentire, in via reciproca, il soddisfacimento di obiettivi fiscali tramite strumenti per lo più di carattere amministrativo. E ciò in quanto, secondo un consolidato principio di diritto internazionale, rimane precluso l'esercizio diretto di attività sovrane- come quelle tributarie- nel territorio di un altro Stato. Si tratta di un'attività il cui sviluppo risulta relativamente recente. In effetto, mentre in passato, la dimensione squisitamente nazionale delle attività economiche e il principio di territorialità tendevano ad arginare, entro i confini interni, i vari obblighi impositivi, attualmente gli assetti tributari e fiscali dei singoli Stati abbracciano, sempre più spesso, fattispecie caratterizzate- per presupposti e soggetti passivi- da elementi di estraneità con il territorio.
Donde la necessità di individuare forme di coordinamento tra Autorità competenti, atte ad agevolare il perseguimento della tax compliance in uno scenario internazionale. A giocare in tal senso, anzitutto, la scissione tra l'aspetto materiale e quello formale della territorialità, grazie alla quale- nonostante rimanga vietato il compimento di atti accertativi e riscossivi nel territorio altrui- ciascuno Stato può ormai finalizzare il prelievo tributario partendo proprio da fattispecie realizzate al di fuori del proprio territorio nazionale.
Ancora, effetto volano per la cooperazione internazionale è stata l'adozione, ad opera dei Paesi industrializzati, del c.d. principio della worldwide taxation. Parliamo del criterio della tassazione personale su base mondiale che enfatizza, ai fini del prelievo, un elemento di collegamento territoriale (la residenza o la cittadinanza) tra il presupposto dell'imposta e lo Stato impositore. In ultimo, ma solo in ordine di esposizione, bisogna poi considerare la progressiva evoluzione in senso internazionale dell'economia di mercato, specie a seguito dello sviluppo delle nuove tecnologie e della velocità di comunicazione informatica e digitale, che hanno fortemente contribuito a contrarre la distanza spazio-temporale. Il fenomeno della globalizzazione, infatti, ha comportato un decisivo incremento della mobilità di persone, capitali, beni e servizi, la delocalizzazione di attività produttive e interessi economici nonché la smaterializzazione della ricchezza. Il risultato? Un aumento esponenziale degli investimenti e delle attività commerciali su scala mondiale, nel nome di una massimizzazione tanto dei profitti realizzabili, quanto del risparmio di imposta conseguibile.
Ora, se per un verso il quadro a vocazione internazionale sopra descritto ha avuto il merito di amplificare, in maniera esponenziale, le chance di sviluppo individuali e sistemiche, per altro verso ha determinato – in virtù dei differenziali di pressione fiscale tra Stati e della relativa competizione, anche nella forma estrema dei cd. "paradisi fiscali"- un naturale aumento del rischio di evasione o elusione fiscale, nonché di riciclaggio di capitali illeciti.
Pertanto, le operazioni commerciali e finanziarie internazionali, derivanti dall'intensificazione dei rapporti tra Stati, hanno reso insufficienti, nell'attuazione della funzione impositiva, le sole procedure interne ai singoli ordinamenti. In altre parole, il continuo flusso di scambi che coinvolge, di volta in volta, i vari Stati, finisce per renderli interdipendenti tra loro. Questo significa che ciascuno Stato, per realizzare la propria pretesa impositiva nel territorio di un altro Paese ed avviare, al di là del proprio territorio, tutte le opportune attività di controllo, accertamento e riscossione, necessita spesso di dati e informazioni che solo l'altro Stato possiede e, più in generale, della collaborazione delle sue Autorità.
Una cooperazione questa che, negli anni, si è articolata seguendo un'impostazione di carattere negoziale, tramite strumenti di vario tipo: dalle convenzioni allo scambio di informazioni, dalle verifiche fiscali simultanee e congiunte fino al riconoscimento e all'esecuzione del credito fiscale di uno Stato nel territorio di un altro Stato. Tuttavia, si è sempre caratterizzata per la duplice dimensione degli interessi coinvolti: quella statale, che esige la tutela delle entrare erariali dagli effetti evasivi della competizione fiscale, a prescindere dalle limitazioni alla potestà nazionale; e quella privata del contribuente, che pretende di essere tenuto al riparo da situazioni di discriminazione fiscale o, ancora, di una reiterazione dell'imposizione. Come anticipato, è appunto la necessità di evitare una duplicazione dell'imposta ad animare le procedure amichevoli.


L'inquadramento sistematico delle MAP: basi giuridiche interne e internazionali
Come chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10793/2016, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, ricorre la doppia imposizione tutte le volte in cui venga reiterata l'applicazione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto. Si tratta di una situazione che ben potrebbe verificarsi in casi di doppia residenza fiscale, di non corretta applicazione di ritenute su dividendi, interessi e royalties, di controversa qualificazione del reddito di lavoro percepito, di reddito di impresa derivante da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni o di attribuzione degli utili alle imprese associate di un gruppo multinazionale.
Allo scopo di fronteggiare simili situazioni, quindi, sono state studiate le procedure amichevoli anzitutto sul piano internazionale. Ad occuparsene, in primo luogo, il cd. Modello di convenzione per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio, approvato dall'Organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico (OCSE), il cui art. 25- trasposto, in disposizioni equivalenti, nelle singole convenzioni internazionali stipulate altresì dall'Italia- è consacrato appunto alle MAP. Completano il quadro normativo sul tema:
il Manuale OCSE ("Manual on Effective Mutual Agreement Procedures" o MEMAP) volto al perfezionamento dei meccanismi di composizione delle controversie fiscali internazionali tramite appunto le procedure amichevoli;
la quattordicesima Action del Piano BEPS (Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting), varato dall'OCSE nel tentativo di contrastare il fenomeno dell'erosione delle basi imponibili dovuto allo sfruttamento dannoso della competizione fiscale tra Stati, rubricata "Making dispute resolution mechanism more effective", diretta ad efficientare il MAP process, individuando a tal fine standard minimi da rispettare per la risoluzione dei conflitti fiscali internazionali.
Ancora, la procedura amichevole può essere attivata in ipotesi di doppia imposizione economica generata da rettifiche dei prezzi di trasferimento praticati fra imprese associate residenti nell'Unione europea (cd. transfer pricing). Fonte di riferimento al riguardo è la Convenzione relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990, ratificata in Italia con Legge n. 99/1993 e cessata nel 2000, la cui efficacia è stata poi prorogata con apposito protocollo del 1° novembre 2004. Ad essa si affiancano il relativo Codice di condotta per l'effettiva attuazione della Convenzione arbitrale, adottato dal Consiglio dell'Unione europea in data 22 dicembre 2009, e la Direttiva UE n. 2017/1852, diretti a migliorare i meccanismi di risoluzione delle controversie in materia di doppia imposizione fiscale tra gli Stati Membri.
Peraltro, nell'intento di assicurare adeguata coerenza dell'azione amministrativa con i principi declinati dalle fonti internazionali sopra citate, l'Agenzia delle Entrate ha provveduto ad adottare la Circolare n.21 E del 5 giugno 2012, allo scopo di fornire tutti i chiarimenti necessari in ordine alla gestione delle controversie fiscali in sede di procedura amichevole.
Infine, oltre alle leggi di ratifica delle singole Convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia e della Convenzione arbitrale, base giuridica interna in materia di procedure amichevoli è rinvenibile nel comma 7, secondo periodo, dell'articolo 110 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (cd. T.U.I.R., Testo Unico delle Imposte sui Redditi), applicabile alle operazioni tra società, imprese, stabili organizzazioni o, in generale, enti appartenenti al medesimo gruppo multinazionale. A mente dello stesso, infatti, in tema di transfer pricing, le regole di determinazione a valore normale si applicano «anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali "procedure amichevoli" previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi».


Presupposti e modalità di realizzazione delle MAP
Come anticipato, tutte le Convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia recano una clausola, corrispondente all'articolo 25 del Modello OCSE, che consente l'attivazione di una procedura amichevole, quale rimedio esperibile dal contribuente che ritenga di essere o di poter essere leso da un'imposizione fiscale non conforme alla Convenzione. Del pari, la Convenzione arbitrale del 1990, all'art. 6 prevede l'avvio di una MAP ogni qual volta uno Stato contraente attragga a tassazione in capo a una propria impresa gli utili afferenti a un'impresa di un altro Stato contraente, ma tanto quest'ultimo quanto le due imprese non accettino la rettifica in aumento così praticata.


L'oggetto
L'imposizione fiscale non conforme alla Convenzione, sulla cui base può essere avviata una MAP, è una fattispecie generatrice di doppia imposizione giuridica o economica, che coinvolga sia persone fisiche che persone giuridiche o altre entità cui risulti applicabile la Convenzione stessa.
Nel caso di MAP avviata ai sensi della Convenzione arbitrale, la doppia imposizione economica è quella generata da rettifiche dei prezzi di trasferimento praticati fra imprese associate residenti nell'Unione europea, in quanto ai fini dell'imposizione, gli utili inclusi negli utili di un'impresa di uno Stato contraente sono o saranno probabilmente inclusi anche negli utili di un'impresa di un altro Stato contraente, in violazione dell'art. 4 della Convenzione stessa.


I soggetti
Gli attori delle procedure amichevoli sono esclusivamente le "Autorità competenti" degli Stati coinvolti, uniche legittimate a sottoscrivere l'accordo bilaterale eventualmente raggiunto. Si tratta degli organi deputati a rappresentare lo Stato contraente tanto nei rapporti con il contribuente quanto nei rapporti con l'altro Stato interessato alla procedura. Per quanto riguarda il nostro ordinamento, a far data dal 2017 è l'Agenzia delle Entrate l'autorità competente per la trattazione delle MAP relative ai casi di doppia imposizione riguardanti contribuenti specifici, nonché degli accordi preventivi in materia di prezzi di trasferimento (Advance Pricing Agreement, APA). Il Dipartimento delle Finanze, invece, rimane l'autorità competente per le MAP relative a questioni generali derivanti dall'interpretazione o applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Al contribuente, quindi, spetterà semplicemente il compito di domandare l'attivazione della procedura, oltre che di fornire tutti gli elementi informativi idonei ad assicurarne l'esaustiva trattazione. Al dovere di cooperazione fa, però, da contraltare il diritto di informazione del contribuente circa lo stato della procedura e, su richiesta, di audizione in merito alla controversia.


L'istanza di avvio della MAP
Nonostante in casi eccezionali di dubbi interpretativi o applicativi concernenti determinate categorie di soggetti l'iniziativa possa essere assunta direttamente dalle autorità competenti, l'avvio della MAP è normalmente rimessa al contribuente, per tale intendendosi qualsiasi persona fisica o giuridica, e ogni altra associazione o ente, dotata di soggettività tributaria e residente, ai fini fiscali, nel territorio di uno dei due Stati membri della Convenzione. Nelle ipotesi di MAP in materia di transfer pricing, i contribuenti legittimati ad attivarsi sono le imprese residenti, con riferimento ai rapporti di partecipazione sussistenti tra le medesime e imprese stabilite in altro Stato membro dell'Unione europea, nonché le stabili organizzazioni in Italia di imprese residenti in altro Stato membro.
La procedura ha quindi inizio con il deposito di apposita istanza, nello Stato di residenza del contribuente, presso le autorità competenti. In ipotesi di MAP relative alle rettifiche dei prezzi di trasferimento, l'istanza di apertura dev'essere presentata nello Stato che ha adottato l'atto posto a base della doppia imposizione, a cura dell'impresa residente destinataria dell'accertamento.
Quanto ai termini, si parla di tre anni nel Modello OCSE e nella Convenzione arbitrale, mentre di un biennio nella maggior parte delle Convenzioni bilaterali stipulate dall'Italia. In ogni caso, il dies a quo a partire dal quale decorre il suddetto termine rimane la prima notifica della misura che comporta o può comportare una doppia imposizione.
Rispetto, invece, al contenuto dell'istanza, allo scopo di accelerare il processo di valutazione e la conseguente attivazione dei contatti con l'autorità competente estera, è preferibile che vengano specificati:
(i.) nome, indirizzo e codice fiscale del contribuente, nonché nel caso di rettifiche dei prezzi di trasferimento, delle altre parti interessate;
(ii.) l'indicazione del suo domicilio o dell'eventuale domiciliatario per le dovute comunicazioni;
(iii.) l'illustrazione dei fatti con la precisazione dei periodi d'imposta nei quali si è verificata o potrebbe verificarsi la doppia imposizione e, per le rettifiche da transfer pricing, i dettagli relativi alle relazioni economico-commerciali tra l'impresa istante e le altre parti interessate alle operazioni;
(iv.) la descrizione delle eventuali azioni amministrative e giurisdizionali intraprese in Italia, quali la presentazione di istanza di accertamento con adesione o di ricorso giurisdizionale; (v.) i rimedi eventualmente azionati nell'altro Stato contraente allo scopo di rimuovere la doppia imposizione; (vi.) copia degli atti fiscali che hanno determinato o potrebbero determinare un'imposizione non conforme alle disposizioni della Convenzione bilaterale nonché (vii.) ogni altra documentazione utile ai fini dell'attività istruttoria della procedura; (viii.) l'impegno del contribuente a rispondere in modo esauriente e tempestivo alle richieste pervenute dall'autorità competente nel corso della procedura amichevole, mettendo a disposizione gli ulteriori incartamenti che dovessero risultare necessari nell'istruttoria. Inoltre, in ipotesi di MAP avviata ai sensi della Convenzione arbitrale del 1990, sono richieste delle memorie che illustrino i motivi per i quali l'impresa istante ritiene che i principi definiti all'articolo 4 della Convenzione arbitrale non siano stati rispettati (in particolare: descrizione delle operazioni infragruppo oggetto di rettifica e del metodo utilizzato dall'impresa per la relativa determinazione dei prezzi di trasferimento, ivi incluse le ragioni per cui l'impresa considera che i risultati derivanti dall'applicazione del metodo siano conformi al principio di libera concorrenza).


Svolgimento e conclusione della procedura
Nella gestione della procedura amichevole, è possibile distinguere due fasi fondamentali. Una prima fase, è quella in cui l'autorità competente che ha ricevuto il reclamo del contribuente si pronuncia sulla sua ammissibilità, previa valutazione della sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti ai fini dell'avvio di una MAP. Ove l'istanza risulti ammissibile e fondata, esclusa la possibilità di porre rimedio in via unilaterale alla doppia imposizione, l'autorità competente italiana informa l'autorità dell'altro Stato circa la decisione di avviare la MAP, dopo avergli notificato il reclamo del contribuente. A questo punto, l'autorità competente informa il soggetto istante in merito alla ricevibilità dell'istanza e alla valida instaurazione della procedura. La fase successiva è quindi quella del confronto diretto tra le competenti autorità finalizzato alla risoluzione del caso di doppia imposizione, normalmente attraverso lo scambio di posizioni in forma scritta e, ove necessario, la fissazione di incontri negoziali.
Qualora si riesca a raggiungere un accordo, questo verrà comunicato al contribuente e trasmesso agli organi deputati alla relativa esecuzione, con conseguente rimborso o sgravio dell'imposta non dovuta, e degli accessori.
Tuttavia, è bene ricordare che, nei casi di procedura amichevole aperta ai sensi di una Convenzione bilaterale, non sussiste, in capo alle autorità competenti, alcun obbligo di risultato tale da assicurare l'eliminazione della denunciata doppia imposizione, potendo ravvisarsi al massimo un obbligo di diligenza.
Di talché, la questione sottoposta alle autorità competenti degli Stati contraenti potrebbe non trovare una composizione. Pertanto, il paragrafo 5 dell'art. 25 Modello OCSE prescrive, in esito al mancato accordo, l'avvio entro il biennio successivo di una fase arbitrale obbligatoria tra i due Stati in sede di procedura amichevole. Ove l'inserimento della predetta clausola venga negoziato nelle singole Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, l'efficacia della procedura amichevole risulterà indubbiamente rafforzata.
Al contrario, in caso di MAP avviate ai sensi della Convenzione arbitrale, non si parla di un semplice obbligo di diligenza in capo alle autorità competenti ma di un vero e proprio obbligo di risultato. E ciò in quanto, a mente dell'art. 7, paragrafo 1, ove in seno alla MAP non venga raggiunto un accordo che rimuova la doppia imposizione entro due anni dalla data in cui il caso è stato sottoposto per la prima volta, dev'essere istituita una commissione consultiva che rilasci un parere circa la possibile soluzione da adottare per eliminare la doppia imposizione. Le autorità competenti, come disposto dal successivo art. 12, dovranno conformarsi al parere così espresso o prendere, di comune accordo, una decisione alternativa, purché idonea ad eliminare la doppia imposizione.


Il coordinamento con il contenzioso tributario e le relative problematiche applicative
Le summenzionate procedure amichevoli, come precisa l'art. 25 del Modello OCSE e il Protocollo di accompagnamento di quasi tutte le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia, non sono alternative rispetto all'istaurazione del processo tributario. Questo significa che le MAP possono essere avviate anche in pendenza di un giudizio interno, instaurato dinnanzi alle Commissioni tributarie avente ad oggetto le stesse questioni controverse. Anzi, proprio allo scopo di evitare che l'imposta accertata dall'Amministrazione finanziaria italiana si cristallizzi e non possa più essere modificata neppure in seno all'accordo eventualmente raggiunto a seguito di MAP, rimane preferibile l'instaurazione preventiva della procedura contenziosa nazionale.
E a tale evenienza è ispirato l'art. 39, comma 1-ter D. Lgs. n. 546/1992, il quale prevede la sospensione del processo tributario, su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia avviata una MAP ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall'Italia o della Convenzione arbitrale n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990.
Il temporaneo arresto del contenzioso tributario risponde, quindi, alla necessità di scongiurare il rischio che i due procedimenti addivengano a esiti tra loro confliggenti, a discapito dell'eventuale risultato raggiunto in seno alla procedura, che è destinato a soccombere di fronte alla forza, prevalente, di un opposto giudicato.
Tanto che, laddove l'accordo amichevole dovesse essere raggiunto prima della formazione del giudicato processuale, sarebbe comunque il contribuente a scegliere se accettare la soluzione negoziale, con contestuale rinuncia al ricorso giurisdizionale, ovvero se rifiutarla, coltivando il giudizio.
Quel che è certo, è che l'ipotesi di sospensione prevista in caso di avvio delle MAP è del tutto peculiare. In primo luogo lo stand by processuale che si viene a creare dipende non dalla contemporanea pendenza di un processo giurisdizionale- com'è normalmente- ma dal coevo svolgimento di una procedura amministrativa di tipo internazionale, i cui attori non coincidono affatto con quelli del processo tributario. Ancora, nel silenzio del Legislatore sul punto, i più ritengono che – a prescindere dalla sua accettazione- sia la mera domanda di apertura della MAP a legittimare la sospensione del processo su richiesta concorde delle parti, la quale finisce per condizionare senza dubbio il giudice. Quest'ultimo, infatti, a cui rimane in ogni caso preclusa la possibilità di procedere d'ufficio in mancanza di apposita istanza, è obbligato a disporre la sospensione richiesta, senza possibilità di valutarne l'opportunità e/o il merito.
Peraltro, malgrado l'art. 39 del D.Lgs. n. 546/1992 si sia preoccupato di regolare il rapporto tra il processo tributario e la gestione di una procedura amichevole, permangono svariati problemi di raccordo, specie in ordine alla MAP avviata ai sensi della Convenzione arbitrale in materia di transfer pricing. Le principali difficoltà derivano dal fatto che, spesso, gli atti impositivi che scaturiscono da accertamenti relativi ai prezzi di trasferimento contengono anche contestazioni in materia di imposte dirette o Iva. Considerando, però, che il giudice tributario, a mente dell'art. 35, comma 3, D.lgs n. 546/1992, non può adottare sentenze parziali, potrebbe accadere che soltanto una delle parti abbia interesse alla sospensione del giudizio, aspirando l'altra piuttosto alla celere definizione di aspetti diversi dalla rettifica in materia di transfer pricing, oggetto della MAP. Di talché, non riuscendosi ad addivenire ad un accordo congiunto delle parti, rimarrebbe preclusa la sospensione del giudizio e si concretizzerebbe il rischio di una pronuncia contrastante con l'eventuale accordo amichevole.
Senza contare poi che, ai sensi dell'art. 7, par. 3 della Convenzione arbitrale e come precisato dalla circolare n. 12/E/2016, ove le competenti autorità non siano legittimate a derogare alle decisioni delle rispettive autorità giudiziarie, la fase arbitrale con l'istituzione della commissione consultiva potrebbe essere attivata soltanto nella misura in cui l'impresa associata lasci decorrere inutilmente il termine di presentazione del ricorso oppure rinunci alla prosecuzione del relativo giudizio prima della pronuncia di una sentenza sul punto. In sostanza, la certezza di un esito risolutivo a seguito della MAP è subordinata alla rinuncia del contenzioso interno, con evidenti ripercussioni pratiche in tutti i casi in cui il processo tributario abbia ad oggetto questioni che non sono propriamente oggetto della procedura amichevole ma che rimangano in qualche modo inscindibilmente connesse a quelle oggetto della procedura stessa. Pensiamo alle ipotesi di sanzioni amministrative previste a seguito di una rettifica in aumento dei prezzi di trasferimento, di cui si contesti la legittimità in virtù dell'infondatezza dei rilievi in tema di transfer pricing oggetto della procedura arbitrale. In simili casi, dunque, la sospensione di cui all'art. 39, comma 1- ter perde chiaramente di utilità, dovendo la parte rinunciare necessariamente al suddetto motivo di ricorso per poter instaurare una MAP. Diversamente, la rinuncia risulterà superflua allorquando con i motivi di ricorso si eccepisca l'illegittimità dell'accertamento dal punto di vista sanzionatorio per ragioni diverse e non strettamente dipendenti dai rilievi principali relativi al transfer pricing oggetto della MAP).


Considerazioni conclusive
Concludendo sul punto, bisogna indubbiamente riconoscere l'utilità delle procedure amichevoli rispetto alle problematiche di doppia imposizione che, specie a seguito della globalizzazione, le Amministrazioni finanziarie sono tenute a fronteggiare. Ciò nonostante, con specifico riguardo alle MAP avviate ai sensi della Convenzione arbitrale in tema di transfer pricing, forse sarebbe il caso di rivedere il sistema di raccordo con il contemporaneo contenzioso nazionale pensato dal Legislatore del '42 che, alla luce dei limiti suesposti, potrebbe rivelarsi insufficiente. In effetti, l'istituto della sospensione, come disciplinato dall'art. 39, comma 1-ter D.Lgs. n. 546/1992, sembra spiegare un'efficacia pratica maggiore al di fuori delle rettifiche dei prezzi di trasferimento, ogni qualvolta cioè si cerchi di addivenire ad una composizione negoziale della controversia ai sensi piuttosto delle Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni.