Professione e Mercato

Il futuro del Cnf stretto tra elezione e ricorsi

di Antonello Cherchi

Non è detto che dopo una sentenza della Cassazione, un’altra della Corte costituzionale, interrogazioni parlamentari, l’intervento del Tar, una doppia presa di posizione del tribunale di Roma, la vicenda della composizione del Consiglio nazionale forense, che da marzo lavora a ranghi ridotti per la sospensione di nove consiglieri, sia chiusa. Per due motivi. Il primo è che a dare un segnale deve essere ora il ministero della Giustizia, che deve dire se, come e quando indire nuove elezioni. Dalla direzione degli affari interni di via Arenula per ora fanno sapere che si è venuta a determinare «una complessa situazione ordinamentale sulla quale è opportuno procedere con la massima cautela, con particolare riferimento alla possibilità di indire le elezioni suppletive», secondo quanto disposto dall’articolo 15 del decreto legislativo luogotenenziale 382 del 1944.

Il secondo motivo è che non è escluso che i diretti interessati impugnino l’ordinanza del tribunale di Roma che li ha dichiarati ineleggibili. Nell’ambiente dell’avvocatura è un’ipotesi che circola. Tant’è che l’Ordine di Bergamo lunedì scorso ha votato all’unanimità un documento in cui chiede al Consiglio nazionale forense di «non proporre impugnazioni» per non creare ulteriori ritardi. Una mossa indotta «dal silenzio del Cnf dopo l’ordinanza del tribunale di Roma, dal rispetto delle regole di cui ci facciamo portatori e dal fatto che l’avvocatura ha bisogno di un organo rappresentativo nazionale pienamente operativo», spiega Francesca Pierantoni, presidente dell’Ordine di Bergamo.

Da marzo il Cnf lavora con nove consiglieri in meno, tra cui il presidente Andrea Mascherin. Li ha sospesi un’ordinanza cautelare del tribunale di Roma perché avevano alle spalle un doppio mandato consecutivo. Gli stessi (in realtà otto, perché nel frattempo un consigliere ha rinunciato all’incarico) che sempre il tribunale di Roma, intervenendo nel merito della questione, poco più di una settimana fa ha dichiarato ineleggibili.

La regola del doppio mandato è stata introdotta dall’ordinamento professionale (legge 247 del 2012) ed è stata la Cassazione nel 2018 a sottolineare che nel computo del vincolo valgono anche gli incarichi svolti prima dell’entrata in vigore della legge 247. Nonostante questo, il Cnf nel febbraio 2019 ha proclamato il nuovo Consiglio: tra i 33 componenti, 9 avevano alle spalle già due incarichi. Quello stesso anno, a luglio, la Corte costituzionale, chiamata in causa per una questione di legittimità sul doppio mandato sollevata dal Cnf, ha ribadito la “retroattività” del vincolo e la sua applicazione, oltre che agli Ordini territoriali, anche al Consiglio nazionale. Dalla duplice pronuncia delle alte Corti ha preso il via il ricorso, promosso da alcune associazioni forensi e da singoli avvocati, per chiedere l’estromissione dal Cnf dei nove consiglieri di lungo corso.

Si è così arrivati all’ordinanza del tribunale di Roma del 25 settembre. Il giudice ha dichiarato l’ineleggibilità dei nove consiglieri, ma allo stesso tempo ha sottolineato come esista una lacuna normativa che non permette di dare indicazioni stringenti sul da farsi. L’unica certezza è che devono essere indette nuove elezioni e se ne deve occupare il ministero della Giustizia.

«È una situazione completamente nuova - afferma Michelina Grillo, tra le promotrici del ricorso nonché ex presidente dell’Oua (Organismo nazionale forense) - . È presumibile che le nuove elezioni coinvolgeranno quei distretti dove sono stati indicati i nove consiglieri colpiti dall’ordinanza. Anche questo è un nodo che deve sciogliere il ministero, ma ci si deve muovere in fretta perché è l’intera avvocatura a soffrire di questa situazione».

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