Penale

Molti processi, poche condanne - Ma l’abuso d’ufficio frena la Pa

di Antonello Cherchi, Ivan Cimmarusti e Valentina Maglione

La riforma dell’abuso d’ufficio è entrata nei piani del Governo. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che, tra le azioni collegate al Recovery plan, ha inserito il taglio della burocrazia, da realizzare anche circoscrivendo più puntualmente il reato di abuso d’ufficio e la responsabilità erariale. L’obiettivo è evitare che l’incertezza giuridica - determinata dalla quantità di leggi e regolamenti - e la paura di doverne rispondere anche in sede penale freni l’attività della pubblica amministrazione. È il fenomeno della “burocrazia difensiva”, che anche la relazione della commissione guidata da Vittorio Colao indica come uno dei nodi da sciogliere per far ripartire l’Italia.

«Non solo i dipendenti pubblici - spiega Andrea Castaldo, professore di diritto penale all’Università di Salerno e titolare dell’omonimo studio legale - hanno a che fare con un numero enorme di norme. Per di più, queste sono spesso di difficile interpretazione. Ciò si traduce da una parte nella difficoltà di applicarle, dall’altra in una discrezionalità lasciata al funzionario pubblico, su cui spesso incombe il rischio dell’abuso d’ufficio».

La burocrazia difensiva
Da qui la fuga del dipendene dal potere di firma. «Ha la meglio -aggiunge Castaldo - la preoccupazione di doversi trovare ad affrontare un procedimento penale . E se è vero che spesso si risolve in un’assoluzione, questa arriva dopo anni. Intanto il danno reputazionale è fatto, con possibili demansionamenti dell’interessato. E non va sottovalutata la questione economica, ovvero la necessità di mettere mano al portafogli per stare in giudizio».

Un’indagine svolta lo scorso anno sui dipendenti della Regione Campania e coordinata dall’Università di Salerno conferma la paura di agire del dipendente pubblico, con Il 65% degli intervistati che dichiara di sentirsi condizionato nell’attività dal timore di essere sottoposto a un procedimento per abuso d’ufficio.

Soprattutto archiviazioni
A ciò si aggiunga che l’articolo 323 del codice penale, che prevede l’abuso d’ufficio, non pare in grado di orientare con chiarezza l’agire dei funzionari. «È troppo ampio il perimetro dei comportamenti a cui si applica e allo stesso tempo è un reato difficile da dimostrare», afferma Castaldo. Questo si traduce in molte denunce e indagini a fronte di pochissime condanne: secondo l’Istat, nel 2017 sono stati oltre 6.500 i procedimenti aperti dalle procure per abuso d’ufficio e 57 le persone condannate con sentenza irrevocabile. Tendenza confermatta dai dati del ministero della Giustizia: dei 7.133 procedimenti definiti nel 2018 dagli uffici Gip e Gup, 6.142 sono stati archiviati, di cui 373 per prescrizione.

Il cantiere della riforma
Di una nuova riforma del reato si parla da anni. «L’abuso d’ufficio è la punta di un giudizio di responsabilità che va modificato escludendo almeno la colpa lieve: bisogna decidere quale sia il limite della discrezionalità amministrativa», chiarisce Giorgio Spangher, professore emerito di procedura penale alla Sapienza di Roma. «Oggi la situazione è molto complessa - prosegue - perché quando un evento coinvolge la Pa la responsabilità non è mai attribuibile a un unico soggetto, ma è diffusa tra funzionari, amministratori e società. Tanto che il numero degli indagati lievita ma è difficile provare le responsabilità». E con la pandemia, che ha imposto di fare scelte decisive in emergenza, le contestazioni potrebbero aumentare.

«La ricerca che da due anni conduciamo sul tema - commenta Castaldo - ci ha portato a elaborare un’ipotesi di riforma che prevede un perimetro più circoscritto delle situazioni a cui si può applicare l’abuso d’ufficio e un parere preventivo che il dipendente può chiedere all’autorità: una volta che vi si conforma non può essere perseguito».

Più radicale Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle camere penali: «Il reato di abuso d’ufficio non va riformato, ma abolito. È una nostra vecchia battaglia. È un reato troppo generico, che non serve: bastano le norme che sanzionano le condotte specifiche. Altrimenti, diventa un buco nero dove far ricadere nella dimensione penale condotte di illegittimità amministrativa».
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