Famiglia

Figli di coppie gay intrappolati tra vuoti di legge e scarse tutele

La Corte costituzionale ha chiesto al legislatore di garantire i diritti ai minori nati

di Camilla Vitali

C’è un vuoto di tutela, che va colmato, per i figli minori di coppie omosessuali, nati da fecondazione eterologa o con la tecnica della maternità surrogata. Si tratta infatti di pratiche che nel nostro Paese non sono consentite (la fecondazione eterologa per le coppie omosessuali) o sono comunque vietate (la maternità surrogata). Così, i minori, nati dai partner che vi ricorrono all’estero, una volta rientrati in Italia si ritrovano senza tutele.

Tanto che la Corte costituzionale, con le sentenze 32 e 33 depositate il 9 marzo scorso, ha sì respinto le eccezioni di incostituzionalità sollevate, ma ha anche rivolto un forte monito al legislatore affinché intervenga per garantire ai bambini nati pieni diritti a cura, mantenimento, educazione, istruzione, continuità dei rapporti affettivi e per dare riconoscimento giuridico al legame che si è creato tra il bambino e la coppia che se ne prende cura, a prescindere delle modalità di concepimento.

Fecondazione eterologa

Con la prima pronuncia la Consulta ha affrontato il caso di due bambine nate con fecondazione eterologa da due donne. Qui il vuoto di tutela per le minori si è palesato a causa della situazione conflittuale tra le due donne, che ha reso impossibile ricorrere all’adozione “in casi particolari” prevista dall’articolo 44, comma 1, lettera d), legge 184/1983, perché la madre biologica si è opposta.

Impraticabili anche altre soluzioni. Non la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero, percorribile in situazioni analoghe, dato che le minori sono nate in italia. Né la formazione dell’atto di nascita in base alle dichiarazioni rese da entrambe le donne all’ufficiale di stato civile (nel caso specifico comunque non richiesta): a fronte di modus operandi difformi di ufficiali di stato civile e giudici di merito, la Cassazione, con le sentenze 7668/2020 e 8029/2020, ha ritenuto legittimo il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di indicare due madri sull’atto di nascita di una minore nata in Italia, considerato il divieto, previsto dal nostro ordinamento, per le coppie dello stesso sesso di accedere alle pratiche di Pma.

Maternità surrogata

La mancanza di tutela è ancor più evidente nell’ipotesi di maternità surrogata, che la Consulta affronta nella sentenza 33/2021. L’impossibilità di riconoscere in Italia una sentenza straniera con cui è stato dichiarato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero con questa tecnica e il genitore “d’intenzione” è dovuta al contrasto di questo riconoscimento con il divieto di surrogazione di maternità stabilito dall’articolo 12, comma 6, legge 40/2004. Diversamente da quanto accade per la fecondazione eterologa, questo divieto è ostativo alla trascrizione di atti e provvedimenti stranieri in quanto «espressivo di un superiore principio di ordine pubblico», tanto da essere sanzionato penalmente: lo hanno affermato le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza 12193/2019.

E contrariamente a quanto in precedenza sostenuto anche con propria sentenza 230/2020 e a quanto affermato dalle citate Sezioni Unite, la Consulta ora ritiene che nemmeno l’adozione “in casi particolari” (articolo 44, comma 1, lettera d, legge 184/1983), pur costituendo una forma di tutela degli affetti significativa, sia del tutto adeguata: non crea un vero rapporto di filiazione; non crea legami parentali con i congiunti dell’adottante ed esclude i diritti successori rispetto a costoro; è soggetta alla volontà del genitore intenzionale di chiederla; necessita dell’assenso del genitore biologico che, in caso di crisi della coppia, potrebbe non essere prestato.

Tale situazione è inoltre in contrasto con gli impegni assunti in sede internazionale ed europea e con l’interesse del minore che consiste, appunto, nel dare «riconoscimento anche giuridico dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia», costituendo parte integrante della sua identità e appartenenza. Normativa e giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo impongono infatti il riconoscimento di questo legame, lasciando margine di discrezionalità agli Stati circa le modalità, ovvero non per forza la trascrizione nei registri dello stato civile dell’atto di nascita legalmente formato all’estero, ben potendosi ricorrere ad altre soluzioni, come l'adozione; ciò purché, chiarisce la Grande Camera con parere del 10 aprile 2019, sia garantita l’effettività e la celerità del riconoscimento.

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