Professione e Mercato

Roma, Prestipino procuratore Dal Csm segnale di continuità

di Giovanni Negri

Da ieri a Roma c’è un nuovo procuratore e alla fine di un combattuto plenum la spunta Michele Prestipino. Una scelta che è perfino banale definire “di continuità”. Tanto che dell’ufficio Prestipino era il reggente da quando a maggio dell’anno scorso andò in pensione il suo predecessore, e non solo, Giuseppe Pignatone.

Un’elezione tutt’altro che scontata comunque, con forti attriti tra le correnti dei togati, con il voto, tra l’altro, dei vertici della Cassazione, con le perplessità dei laici. Ma soprattutto con un convitato di pietra e tuttavia ben presente a tutti, non solo dentro Palazzo dei Marescialli, ma nella magistratura italiana. Quello scandalo “toghe sporche” che sulla scia delle intercettazioni relativa all’indagine della Procura di Perugia aveva svelato le manovre intorno proprio all’ambitissima poltrona di procuratore della Capitale, quel posto che varrebbe, secondo la vulgata, “più di un ministero”. E che ha condotto alle dimissioni di 5 consiglieri.

La nomina è passata a maggioranza, al secondo turno, visto che né Prestipino, né i suoi concorrenti, il procuratore di Palermo, Franco Lo Voi e quello di Firenze Giuseppe Creazzo erano riusciti a raggiungere la maggioranza assoluta. Prestipino si era fermato a 10 voti, Lo Voi a 7 e Creazzo a 6. Al ballottaggio ha avuto la meglio con 14 voti contro gli 8 del procuratore di Palermo.

Alla prima votazione Prestipino aveva ottenuto il sostegno dell’intero gruppo di Area, di 3 consiglieri su 5 di Autonomia e Indipendenza e di 2 laici su 3 del M5S. Una base che si è rafforzata al ballottaggio con il voto del Pg della Cassazione Giovanni Salvi (prima astenuto) e del gruppo di Unicost che aveva proposto e sostenuto in prima battuta Creazzo. Per Lo Voi, si sono espressi invece tutti e 3 i consiglieri di Magistratura Indipendente, i 2 laici di Forza Italia, il primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone.

Nella discussione in plenum non sono mancate le polemiche sul fatto che è stato scelto l’unico dei concorrenti senza il titolo di procuratore, ma che dalla maggioranza (come scrive nella sua relazione il togato Piercamillo Davigo) è stato ritenuto il più idoneo, soprattutto per la sua conoscenza della realtà criminale di Roma. Riecheggia così l’eterna diatriba sui criteri per le nomine di vertice degli uffici giudiziari, sul peso cioè dei titoli, dell’anzianità, delle attitudini di guida e leadership.

Ed è vero che Prestipino “ascende” al vertice della Procura romana da semplice aggiunto, senza avere in precedenza mai guidato, se non per quest’anno scarso di reggenza, un ufficio giudiziario. E tuttavia anche nel recente passato situazione identica non ha impedito al Csm di nominare per esempio Francesco Greco alla guida dell’altra grande Procuira del paese, quella di Milano.

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