Amministrativo

Nuovo Dpcm: in attesa delle ordinanze sulle zone rosse e arancioni, subito il coprifuoco nazionale

Viene coniato un subprocedimento amministrativo che culmina con il varo di un'ordinanza ministeriale adottata dopo aver sentito i Presidenti delle Regioni interessate ed il Cts

di Aldo Natalini

Col Dcpm del 3 novembre - il quarto in tre settimane (e il primo oggetto risoluzione parlamentare "preventiva", votata dalle Camere il 2 novembre scorso) - si complica l'assetto regolatorio delle misure anti-contagio. Si infittisce il sistema delle fonti emergenziali: un reticolo normativo già assai composito e "verticalizzato" (con Presidenti di Regioni e Sindaci chiamati a concorrere con proprie misure) che ora diviene vieppiù "amministrativizzato" e centralizzato.

Il Dpcm cornice
Oltre alle nuove misure restrittive nazionali in vigore fino al 3 dicembre - dal "coprifuoco" notturno dalle ore 22 alle 5, alla sospensione delle prove preselettive e di abilitazione professionale, dalla limitazione al 50% della capienza dei mezzi di trasporto locali, alla chiusura dei musei e dei centri commerciali nei week end - il nuovo provvedimento presidenziale assume altresì l'inedita veste di "Dpcm-cornice": all'articolo 2 (scenario 3 di "elevata gravità": zona arancione) e all'articolo 3 (scenario 4 di "massima gravità": zona rossa) enumera ulteriori misure restrittive ad intensità crescente da applicare in quelle regioni (o parti di esse) collocate negli scenari di rischio rispettivamente alto o massimo, come individuate in separato provvedimento governativo, stavolta di competenza esclusiva del ministro della salute . Viene coniato un subprocedimento amministrativo, esterno allo stesso Dpcm che culmina con il varo di un'ordinanza ministeriale adottata dopo aver sentito i Presidenti delle Regioni interessate ed il Cts, sulla base del monitoraggio dei dati epidemiologici elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del ministro della salute del 30 marzo scorso.
Il coacervo di misure di rango amministrativo erette a contenimento del contagio diviene ora a "geografia" (ovvero cromia) variabile, con assetto dinamico mutevole nel tempo. Per adattare via via le restrizioni all'andamento della curva epidemica nei rispettivi territori, il Dpcm prevede altresì che il ministro della salute, «c on frequenza almeno settimanale» verifichi il permanere dei presupposti di gravità che hanno giustificato l'inclusione di una regione (o parte di essa) in una determinata area di rischio piuttosto che in un'altra, con conseguente possibilità di declassificazione o di riclassificazione in senso peggiorativo (ad esempio, da gialla ad arancione, da arancione a rossa o viceversa).

La "tripartizione" dell'Italia in zone
La nuova strategia "differenziata" anti-Covid allestita dall'esecutivo - con l'Italia divisa d'ora in poi tre zone: rossa, arancione e gialla - affida, infine, al ministro della salute la gravosa scelta "classificatoria" tra:
- zona arancione (scenario di tipo 3: Sicilia e Puglia), per la quale l'articolo 2 del Dpcm prevede, tra l'altro: il divieto di spostamento in entrata ed in uscita tra territori omogenei (salva la possibilità di transito per raggiungere ulteriore zone non soggette a restrizioni), nonché il divieto di spostamento con mezzi di trasporto pubblici o privati al di fuori del comune di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per giustificati motivi lavorativi, di salute o per necessità (con conseguente obbligo - generalizzato - di autocertificazione cartacea, presidiato da sanzione penale ex articolo 483 del Cp), la sospensione delle attività di ristorazione (salvo l'asporto consentito fino alle ore 22) e la didattica a distanza nelle scuole superiori;
- zona rossa (scenario di tipo 4 di massima allerta: Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta ), per la quale l'articolo 3 del Dpcm prevede, oltre al generale divieto di spostamento in entrata ed in uscita nei territori come valevole nella zona arancione (con conseguente obbligo - generalizzato - di autocertificazione), la sospensione di tutte le attività commerciali al dettaglio (fatta eccezione per le attività di rivendita di generi alimentari e per quelle di prima necessità individuate nell'apposito elenco: in sostanza come durante il lockdown nella scorsa primavera), nonché la didattica a distanza dalla seconda media in sù.

Le misure per le Regioni gialle: lo stop alle prove di abilitazione professionale
Nelle restant regioni cosiddette gialle non incluse in alcuna delle aree di maggior rischio sanitario valgono, a decorrere dal 6 novembre, le misure "basiche" di contenimento allestite dal vigente Dpcm per tutto il territorio nazionale (salve quelle maggiormente restrittive eventualmente apprestate dalle regioni - non rosse né arancioni - e dai sindaci quanto all'interdizione delle aree anti-movida d'ora in poi possibile anche negli orari diurni).
Tra le nuove restrizioni si segnala, oltre al coprifuoco notturno (su cui vedi postea), la sospensione - fino al prossimo 3 dicembre (salvo proroga) - delle prove preselettive e scritte delle procedure concorsuali pubbliche e private e di quelle di abilitazione all'esercizio delle professioni. Uno stop, questo, che potrebbe impattare da subito sui calendari degli esami orali in corso di espletamento (come quelli per avvocato, mentre i prossimi scritti sono fuori per il momento, perché fissati per metà dicembre); nondimeno il Dpcm consente alla Commissione l'effettuazione degli esami «in modalità telematica», come pure la possibilità «di procedere alla correzione delle prove scritte con collegamento da remoto».
Si svolgeranno normalmente, invece, i concorsi per il personale sanitario, ivi compresi, ove richiesti, gli esami di Stato e di abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo e di quelli per il personale della protezione civile.

L'ordinanza "classificatoria" del ministro della salute: atto amministrativo a discrezionalità tecnica?
Le Regioni alla vigilia dell'ufficializzazione dell'odierno Dpcm hanno contestato al governo la poca chiarezza delle procedure e delle modalità con le quali saranno definite, a livello ministeriale, le zone rosse o arancioni ovvero le modalità e le tempistiche con le quali potrà essere declassificato il livello di rischio da un'area ad un'altra: in un documento firmato dal presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini hanno manifestato "forti perplessità e preoccupazione le disposizioni che comprimono ed esautorano il ruolo e i compiti delle Regioni e delle Province autonome, ponendo in capo al governo ogni scelta e decisione sulla base delle valutazioni svolte dagli organismi tecnici".
Invero, per come è stato strutturato il nuovo Dpcm, la (imminente) "classificazione" ministeriale delle aree di rischio - come pure le successive verifiche settimanali in ordine alla perduranza dei presupposti - deve tener conto di una serie di parametri tecnici (in tutto 21: quali l'indice Rt di replicabilità del virus, dei focolai e della situazione dell'occupazione dei posti letto negli ospedali), come elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del ministro della salute del 30 aprile 2020, nonché del monitoraggio dei dati epidemiologici (ultima rilevazione disponibile: 25 ottobre scorso) secondo quanto stabilito nel documento "Prevenzione e risposta a COVID-19; evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale", condiviso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome l'8 ottobre 2020 (allegato allo stesso Dpcm). Inoltre il Dpcm prevede che il ministro della salute emani la prevista ordinanza "classificatoria" dopo aver «sentito il Comitato tecnico scientifico sui dati monitorati» (cioè l'organo consultivo tecnico del governo) e gli stessi Presidenti delle Regioni interessate. Dunque, a parte quest'ultimo passaggio preliminare (dal contenuto anche politico), l'ordinanza ministeriale di classificazione delle aree a rischio - che perfeziona ab externo l'iter attuativo delle misure restrittive fissate nel Dpcm - dovrebbe essere frutto dell'esercizio di discrezionalità tecnica, nel senso che la decisione provvedimentale del ministro della sanità sembra muovere da una mera "misurazione" dei dati - in quanto tale non opinabile - basata su valutazioni compiute dagli esperti alla stregua di canoni scientifici e tecnici. Sicché, una volta esaurita la fase ricognitiva sulla base delle rilevazioni tecniche, il ministro della salute dovrebbe essere "vincolato", per effetto della pertinente norma dell'odierno Dpcm attributiva del potere, all'adozione del provvedimento classificatorio, senza che residui all'organo politico alcun margine valutativo o di diverso apprezzamento degli opposti interessi in gioco.

L'impugnazione dell'atto
L'esatta individuazione del contenuto - discrezionale puro, tecnico o misto - dell'emananda ordinanza ministeriale è gravido di conseguenze ai fini della sua eventuale impugnazione innanzi agli organi di giustizia amministrativa (ipotesi tutt'altro che improbabile, posto che essa, in uno con l'odierno Dpcm-presupposto, determinerà la compressione di libertà costituzionali): come noto, il tema del sindacato giurisdizionale dell'atto amministrativo a contenuto tecnico pone l'interrogativo se il giudice amministrativo debba limitarsi ad una verifica di attendibilità estrinseca, esercitata "con gli occhi del profano", o ad un sindacato di tipo intrinseco, esercitato "con occhi dell'esperto" (vedi Consiglio di Stato, sezione IV, n. 601/1999, secondo cui il giudice amministrativo può sindacare la valutazione amministrativa con gli occhi dell'esperto e che tale sindacato il giudice può effettuarlo facendo ricorso a Ctu).
Di certo l'ordinanza ministeriale cui l'odierno Dpcm fa rinvio a fini di individuazione delle regioni a più alto rischio si allontana dal modello di ordinanza contingibile ed urgente di cui all'articolo 32, comma 1, della legge n. 833/1978, in materia di igiene pubblica e sanità, come pure alle ordinanze-ponte adottabili ai sensi del Dl n. 19/2020 nelle more di adozione dei Dpcm (e con efficacia limitata fino a tale momento) in casi di estrema necessità ed urgenza.

Coprifuoco notturno e raccomandazioni per le regioni gialle
L'odierno Dpcm "nazionalizza" la misura del coprifuoco (notturno), finora valevole solo in quelle regioni che avevano adottato appositi provvedimenti ulteriormente limitativi dei movimenti in forza dell'articolo 1, comma 2, lettera a), del n. 125/2020.
Dal 6 novembre, in tutto il territorio nazionale - quale che sia il "colore" delle regioni - dalle ore 22.00 alle ore 5.00 sono consentiti esclusivamente gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, da situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Torna dunque l'obbligo di munirsi di autocertificazione per giustificare gli spostamenti nelle ore notturne - oppure anche di giorno, se si tratta di zona rossa o arancione - con conseguente sanzionabilità penale ai sensi dell'articolo 483 del Cp in riferimento all'articolo 76 del Dpr n. 445/2000 (in caso di mendacio in atti sostitutivi di atto notorio v. Cassazione, sezione V penale, n. 3701/2018, Ced 275106; Id., n. 27702/2018, Ced 273478; sezione feriale, n. 43792/2018, Ced 273748; Id. n. 27739/2019).
Per le regioni "gialle", invece, negli orari non coperti dal coprifuoco - cioè dalle ore 5.01 alle ore 21:59 - l'odierno Dpcm si limita a ribadire la forte raccomandazione già contenuta nel precedente Dpcm, rivolta «a tutte le persone fisiche di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità, per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi»: trattandosi di mera esortazione "paternalistica", non occorre che le persone per muoversi in questi orari siano munite di autodichiarazione (a meno che non interferiscano ordinanze regionali maggiormente restrittive).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©