Civile

Compravendita annullata, se l'acquirente non è informato sui vizi di staticità dell'appartamento

di Antonino Porracciolo

Va risolto per inadempimento il contratto di compravendita di un appartamento se il venditore nasconde, al momento della firma dell'atto, i gravi problemi di staticità del bene. È la conclusione di una sentenza del Tribunale di Caltanissetta (giudice Gregorio Balsamo) dello scorso 30 maggio.

La vicenda risale al 2009, quando due coniugi avevano comprato un bene da destinare ad abitazione. Quasi subito erano comparse crepe sui muri perimetrali e sulla pavimentazione. Gli acquirenti avevano quindi saputo che in precedenza altri immobili nella stessa strada avevano avuto un cedimento delle fondazioni, tanto che tutti i proprietari, compresi i venditori, si erano incontrati per esaminare il problema. Così i compratori hanno chiesto la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni, contestando ai venditori di aver nascosto le condizioni dell'immobile. Dal canto loro, i convenuti hanno affermato che gli acquirenti avevano visionato il bene prima della stipula dell'atto e quindi ne conoscevano lo stato.

Il Tribunale accoglie la domanda degli attori. Il giudice ricorda che, in base all'articolo 1490 del Codice civile, il venditore deve garantire che la cosa sia immune da vizi che la rendono inidonea all'uso a cui è destinata, o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore e se il bene presenta tali difetti, il compratore può domandare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo (articolo 1492). Inoltre, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto anche quando la cosa venduta non ha le qualità promesse o quelle essenziali per l'uso a cui è destinata (articolo 1497). Sin qui la legge. Ma «altra ipotesi - aggiunge il Tribunale, citando la sentenza 5202/2007 della Cassazione - non espressamente contemplata dal Codice, ma compiutamente delineata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, è quella della consegna del cosiddetto aliud pro alio». Situazione che ricorre quando «il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito» e dunque («appartenendo a un genere diverso») «si riveli funzionalmente del tutto inidoneo» ad attribuire all'acquirente l'utilità richiesta. In questo caso l'acquirente può chiedere, in base all'articolo 1453 del Codice civile, la risoluzione o l'esatto adempimento del contratto.

Nel caso in esame, le parti - prosegue la sentenza - avevano «inteso trasferire un immobile idoneo a essere destinato a civile abitazione». Un bene che, al momento dei sopralluoghi degli acquirenti, presentava solo «qualche leggera fessura», giacché «non era ancora divenuta evidente la reale gravità della situazione». Che, invece, era conosciuta dai venditori, i quali avevano partecipato alle «riunioni indette dai proprietari degli immobili della zona e presso l'ufficio tecnico del Comune per discutere dei problemi di stabilità geologica della zona». Tuttavia, tale situazione non era stata riferita «agli acquirenti né al tempo delle trattative, né al momento del rogito dell'atto pubblico di vendita». I convenuti avevano dunque alienato un immobile «inagibile e, di conseguenza, inabitabile», sicché si era realizzata, in sostanza, la vendita di un bene per un altro.

Così il Tribunale ha pronunciato la risoluzione del contratto, con condanna dei venditori a restituire la somma incassata e a risarcire il danno.

Tribunale di Caltanissetta – Sentenza 30 maggio 2016

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