Civile

Covid-19, gli effetti dell’emergenza sul decorso dei termini delle delibere condominiali

di Antonio Scarpa


Com'è noto, allo scopo di contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, l'articolo 83, comma 2, del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, ha disposto, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 (termine, quest'ultimo, poi prorogato all'11 maggio 2020 dal decreto legge 8 aprile 2020, n. 23) la sospensione del "decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali".

La natura del termine di trenta giorni ex articolo 1137, comma 2, Cc - A seguito della riscrittura dell'articolo 1137 codice civile conseguente alle legge 11 dicembre 2012 n. 220, contro le deliberazioni prese dall'assemblea dei condomini contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento "nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti". Il comma 4 dell'articolo 1137 codice civile prescrive, inoltre, che l'istanza per ottenere la sospensione dell'esecuzione della deliberazione, proposta prima dell'inizio della causa di merito, non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.
L'individuazione della natura del termine di trenta giorni diviene così essenziale per comprendere se il suo decorso sia coinvolto dalla sospensione imposta dall'articolo 83, comma 2, del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18.
Ora, prima della Riforma del 2012, il termine di trenta giorni era comminato "a pena di decadenza", mentre, come visto, il testo attualmente vigente indica lo stesso come "termine perentorio". Può tuttavia convenirsi con l'interpretazione che ravvisa ancora oggi, con riguardo ai trenta giorni un termine non di natura processuale (il cui carattere dichiaratamente perentorio imporrebbe, altrimenti, la sottrazione alla disponibilità delle parti e la rilevabilità pure di ufficio della sua inosservanza, indipendentemente da ogni eccezione tempestiva del convenuto condominio), quanto di carattere sostanziale, trattandosi di scadenza inerente non al compimento di atti del processo, ma all'esercizio di un diritto che si intende far valere mediante proposizione dell'atto introduttivo di una lite, in nome della certezza dei rapporti condominiali.
Per affermare la natura decadenziale di un termine, fissato dalla legge o da un negozio, non è, del resto, neppure necessario che sia espressamente prevista la conseguenza della decadenza, essendo sufficiente che, con riferimento allo scopo perseguito e alla funzione che il medesimo termine è destinato ad assolvere, risulti, in modo chiaro e univoco, e però anche implicitamente, che dalla sua mancata osservanza derivi la perdita del diritto. L'effetto della perdita del diritto di impugnativa della deliberazione condominiale si desume certamente in via interpretativa dalla natura perentoria del termine fissato dal vigente comma 2 dell'articolo 1137 codice civile. E' quindi da confermare che quest'ultima norma contempla un'ipotesi di decadenza dal diritto di impugnare la deliberazione dell'assemblea dei condomini dinanzi all'autorità giudiziaria, e che la stessa decadenza, essendo dettata in materia non sottratta alla disponibilità delle parti, non può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Torna preziosa l'interpretazione contenuta in Corte costituzionale 2 febbraio 1990 n. 49, che, nel dichiarare l'illegittimità dell'articolo 1 della legge 7 ottobre 1969 n. 742, nella parte in cui non disponeva che la sospensione nel periodo feriale, ivi prevista, si applicasse anche al termine di trenta giorni, , richiamò la giurisprudenza costituzionale sulla necessaria applicabilità della sospensione ai termini per agire in giudizio stabiliti, a pena di decadenza, da norme di carattere sostanziale, imponendosi detta sospensione quando la proposizione dell'azione giudiziale costituisca per il titolare l'unico rimedio per far valere un suo diritto. Tale principio fu ritenuto operante dalla Corte costituzionale per l'articolo 1137 del codice civile, in quanto esso fissa, a pena di decadenza, il termine di trenta giorni per l'impugnazione delle delibere dell'assemblea condominiale, trattandosi di termine connotato da brevità tale da rendere particolarmente difficile, a colui che intenda esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale, di munirsi della necessaria difesa tecnica quando il suo decorso cada nel periodo di sospensione feriale.

Al medesimo termine è soggetto il ricorso immediato all'autorità giudiziaria contro i provvedimenti presi dall'amministratore, ai sensi dell'articolo 1133 codice civile, non potendosi ritenere che tale norma subordini la tutela giurisdizionale alla preventiva denuncia all'assemblea: quest'ultima costituisce, però, idoneo rimedio alternativo a tutela del condomino, tale da far dubitare ex se della natura processuale del termine richiamato nella relativa fattispecie.

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