Penale

Popolari Bari: annullato il sequestro per equivalente di 5 mln a ex condirettore generale

La Cassazione (sentenza n. 6391 depositata il 18 febbraio) ha accolto il ricorso per violazione del principio di sussidiarietà

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione (sentenza n. 6391 depositata il 18 febbraio) ha accolto il ricorso del condirettore generale della Banca popolare di Bari, contro il sequestro per equivalente su beni di sua proprietà per 5miloni di euro. La Quinta Sezione penale ha infatti annullato, con rinvio, l'ordinanza del Tribunale di Bari perché, disponendo il sequestro per equivalente sui beni del ricorrente senza aver preliminarmente vagliato la possibilità di rinvenire e conseguentemente apprendere in via diretta i beni strumentali al reato in seno alla Banca Popolare di Bari, nel cui interesse e a vantaggio della quale erano stati commessi i reati societari, ha violato il principio di sussidiarietà che regola i rapporti tra le due tipologie di sequestro: diretto e per equivalente.

La Cassazione non ha dunque annullato anche la parte dell'ordinanza che dispone il sequestro diretto, ma ha affermato che il Tribunale del Riesame dovrà motivare "perché quei beni strumentali se non reperiti presso l'indagato non possano trovarsi presso altri", e dunque "non avrebbe senso ricercarli altrove di talché una volta verificato che non si trovano presso l'indagato può per ciò solo farsi ricorso alla confisca per equivalente".

L'accusa ipotizza che il ricorrente, in concorso con il responsabile direzione business e il responsabile Internal Audit, abbia ostacolato l'esercizio della vigilanza di Bankitalia, comunicando falsamente (nella quarta comunicazione trimestrale dell'anno 2015), un ammontare dei fondi propri della banca non corrispondente al vero (per una cifra in negativo di circa 49milioni di euro). Avrebbe inoltre commesso il delitto di false comunicazioni sociali, per avere indicato, nel bilancio individuale e consolidato della Banca (al 31 dicembre 2016 e al 31 dicembre 2017), valori non rispondenti al vero in ordine al possesso di azioni e obbligazioni proprie e, dunque, al patrimonio netto (e di vigilanza), omettendo di dedurre dal capitale l'acquisto di titoli propri, operato mediante la concessione di molteplici finanziamenti direttamente e/o indirettamente utilizzati per l'acquisto di azioni proprie. Per i medesimi titoli di reato sono contestati a BPB illeciti amministrativi.

L'art. 2641 cod. civ., ricorda la Cassazione, individua, dunque, due diverse tipologie di confisca: la confisca "diretta" (misura di sicurezza) del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo; la confisca "per equivalente" (misura a contenuto eminentemente sanzionatorio) per un valore corrispondente a prodotto, profitto, beni strumentali. La medesima norma, prosegue la Corte, sancisce il rapporto di sussidiarietà della confisca di valore rispetto alla confisca diretta che deve essere esperita in via prioritaria.

Il ricorso alla confisca di valore dunque è consentito solo nel caso di impossibilità di "individuare" o "apprendere" i beni costituenti prodotto, profitto o strumento del reato, che, dato il rapporto causale diretto con il reato, vanno sottoposti a vincolo ovunque si trovino, presso gli indagati/imputati o presso terzi (persone fisiche o giuridiche), a eccezione dei terzi estranei al reato. Il «prodotto» del reato è il risultato materiale della condotta criminosa in immediato e diretto legame causale con la stessa. Mentre il «profitto è il risultato economico vantaggioso tratto dalla realizzazione del reato.

La Corte ricorda infine la legittimità della struttura "mista" del sequestro dipende "dalla condizione di sussidiarietà tracciata nel decreto stesso, che, in astratto, non può dipendere dalla ricerca diretta dei beni strumentali limitata al patrimonio dell'indagato e alla relativa incapienza".

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