Civile

Le misure a favore degli investitori

di Francesco Mazzini

L'articolo 7 si occupa della società per la gestione di attività - S.g.a - Spa (di seguito Sga), che - a buon diritto - può considerarsi un primo esempio di bad bank all'italiana e, a quanto ci sembra di capire, un esempio lusinghiero. Come ci ricorda M. Marchesano («Com'era buona quella bad bank», in «Corriere delle Sera» del 22 maggio 2009, pag. 24-25), «La nascita della Sga è legata al crack del Banco di Napoli avvenuto a metà degli anni '90 dopo la lunga guida di Ferdinando Ventriglia. Una gestione fallimentare, si disse, che trovò come unica via d'uscita la cessione di circa 12.500 miliardi delle vecchie lire (circa 6,5 miliardi di euro) di crediti in sofferenza nei confronti della clientela italiana ed estera (imprese piccole e grandi, professionisti, famiglie, enti locali, enti pubblici ecc.) e la contestuale vendita dell'istituto di credito partenopeo prima alla Bnl e poi al Sanpaolo Imi. Tutto questo avveniva tra il 1997 e il 2000, dopo l'emanazione di una legge ad hoc per il salvataggio dell'istituto, al quale contribuì anche il precedente decreto Sindona» (cioè il decreto del Ministro del tesoro 27 settembre 1974, al quale si è fatto spesso ricorso nel caso di crisi bancarie rilevanti).

La società per la gestione di attività Sga Spa - L'articolo 7 dispone che le azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della Sga, istituita nel quadro degli interventi di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli di cui al Dl n. 497/1996 per le quali è attribuito al ministero dell'Economia e delle finanze il diritto di pegno ai sensi dell'articolo 3, comma 6-bis, del medesimo Dl, siano interamente trasferite al suddetto ministero.
A fronte del trasferimento, sarà riconosciuto un corrispettivo non superiore a euro 600.000 pari al valore nominale delle azioni trasferite, determinato sulla base di una relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal ministero dell'Economia e delle finanze.
Nella relazione illustrativa al Dl in esame si legge che «Il trasferimento al MEF al valore nominale delle azioni rappresentative del capitale è giustificato dall'articolo 2, comma 1, decreto-legge n. 497del 1996, il quale prevede, ancorché nell'ambito della disciplina del meccanismo per la determinazione del corrispettivo da pagare agli azionisti nel caso in cui il Ministero si fosse avvalso della facoltà di acquisto di cui all'articolo 1, comma 4, del medesimo decreto, che sono attribuiti al Tesoro gli eventuali utili di bilancio realizzati dalle società cessionarie di cui all'articolo 3, comma 6», dello stesso decreto-legge.
«In ogni caso - prosegue la relazione - il principio di neutralità che informa l'erogazione di aiuti di Stato impedisce che eventuali surplus patrimoniali possano essere attribuiti al Banco di Napoli (ora Intesa), una volta rimborsato il finanziamento [statale] (come avvenuto nel 2009)».

Il trasferimento delle azioni della Sga a favore del Mef è, però, propedeutico alla ridefinizione dell'operatività della società; il comma 2 dell'articolo 7, infatti, prevede che, successivamente all'acquisizione da parte del Mef, la Sga potrà acquistare sul mercato crediti, partecipazioni e altre attività finanziarie, nonché compiere le ulteriori attività previste dallo statuto, fermo il rispetto dei requisiti e degli obblighi previsti dalla normativa applicabile allo svolgimento di determinate tipologie di servizi nei confronti del pubblico.
«Tale precisazione - si legge ancora nella relazione - consentirebbe il coinvolgimento della SGA in tutte le operazioni coerenti con la sua natura di intermediario finanziario, in vista della conclusione dell' intervento pubblico».

Le misure in favore degli investitori in banche in liquidazione - Il capo II (articoli 8, 9 e 10) del decreto in esame contiene misure in favore degli investitori in banche in liquidazione. Le banche in questione, come si può immaginare, sono la Cassa di risparmio di Ferrara Spa, la Banca delle Marche Spa, la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio Spa, la Cassa di risparmio di Chieti Spa, tutte poste dapprima in amministrazione straordinaria e per le quali, nel novembre del 2015, era stata avviata la procedura di risoluzione e, infine, poste in liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del Dlgs 180/2015 recante attuazione della direttiva 2014/59/Ue (banking resolution and recovery directive, Brrd), la quale istituisce un regime armonizzato nell'ambito dell'Unione europea in tema di prevenzione e gestione delle crisi delle banche e delle imprese di investimento) e degli articoli 80 e seguenti del Dlgs 385/1993 (testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Tub).

Secondo l'orientamento della Commissione europea, il salvataggio delle quattro banche - avvenuto con la costituzione di altrettante omonime nuove banche (cosiddetti “enti-ponte”) - non essendo stato effettuato utilizzando fondi volontari di natura privata, ma con l'intervento del Fondo di risoluzione nazionale, istituito in applicazione del Dlgs 180/2015, è di natura pubblica. In linea con il diritto europeo, infatti, gli interventi del Fondo di risoluzione, pur se alimentato con risorse versate dal sistema bancario, sono considerati pubblici e, dunque, aiuti di Stato, poiché attivati con una decisione dell'autorità di risoluzione. Questa impostazione (su cui si veda già, nel 2013, Commissione europea, «Comunicazione sulle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria») è ora espressamente sancita nella direttiva europea sulla risoluzione delle banche, che disciplina i fondi di risoluzione nazionali, prevedendone l'intervento solo se accompagnato dalla preliminare compartecipazione alle perdite da parte di azionisti e creditori subordinati (burden sharing).
Occorre anche rammentare che la Commissione europea qualifica come aiuti di Stato anche gli interventi degli schemi di garanzia dei depositanti, quali il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Per la Commissione europea, azionisti e creditori subordinati sono comunque chiamati a ripianare le perdite delle banche in crisi ovvero a ricapitalizzarle per la parte eventualmente residua attraverso il burden sharing.

Nei mesi trascorsi prima dell'avvio delle procedure di risoluzione delle quattro banche, era emersa la disponibilità del Fitd a farsi carico dei rischi relativi ai crediti deteriorati queste banche. L'intervento del Fitd avrebbe consentito, congiuntamente alle risorse apportate da altre banche, di porre i presupposti per il superamento delle crisi senza alcun sacrificio per i creditori delle quattro banche. Ciò non è stato possibile per la preclusione manifestata dalla Commissione europea, che ha ritenuto di assimilare ad aiuti di Stato gli interventi del Fondo di tutela dei depositi.
Le perdite accumulate nel tempo dalle quattro banche salvate hanno, quindi, assorbito il valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate (anch'esse esposte al rischio d'impresa) emesse dalle banche stesse. Il ricorso alle azioni e alle obbligazioni subordinate per coprire le perdite è espressamente richiesto come precondizione per la soluzione ordinata delle crisi bancarie dalla direttiva 2014/59/Ue. In altre parole, l'intervento del Fondo di risoluzione era possibile solo dopo il burden sharing disposto dall'Autorità di risoluzione. A partire dal 1° gennaio 2016, l'intervento del Fondo di risoluzione potrà richiedere, se il burden sharing non è sufficiente a ripianare le perdite, anche il cosiddetto bail in , con il conseguente sacrificio dei creditori chirografari quali gli obbligazionisti non subordinati e i depositanti in relazione alla parte non protetta dei depositi (ossia quelli di ammontare superiore a 100.000 euro).
L'azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate - come tali parte del capitale di rischio delle banche - ha prodotto quell'ondata di proteste dei risparmiatori colpiti che, ancora oggi, non accenna a placarsi, costringendo il Governo a studiare un possibile rimedio.

Il fondo di solidarietà in favore degli investitori - Il rimedio è consistito in un primo intervento contenuto nella legge di Stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015 n. 208) che ha istituito (articolo 1, comma 855) un Fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori che, alla data di entrata in vigore del Dl 22 novembre 2015, n. 183 (decreto “salva banche”) detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche salvate.
L'accesso alle prestazioni del Fondo è circoscritto solo ai titolari di obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche in liquidazione, ma neanche a tutti gli investitori di tale categoria, bensì soltanto, fra tutti questi soggetti, agli investitori che siano persone fisiche, imprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti.

Alla data del 31 ottobre 2015, «i detentori di obbligazioni subordinate delle quattro banche erano circa 10.500, per un valore totale di 789 milioni di euro; quasi la metà di questo valore era nei portafogli di investitori istituzionali o professionali» (Banca d'Italia, «Informazioni sui detentori di obbligazioni subordinate», Roma, 11 febbraio 2016); al 30 giugno 2015, l'ammontare complessivo delle obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche in risoluzione e detenute dalla clientela retail era pari a 374 milioni di euro.

Secondo l'articolo 1, comma 856, della legge di Stabilità per il 2016, poi, il Fondo di solidarietà deve essere alimentato, sulla base delle esigenze finanziarie connesse alla corresponsione delle prestazioni e sino a un massimo di 100 milioni (tetto di spesa eliminato dal decreto in commento) di euro, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) istituito ai sensi dell'articolo 96 del Tub e operare nei limiti delle risorse disponibili e in conformità al quadro normativo europeo sugli aiuti di Stato.

L'articolo 1, comma 857, della legge di Stabilità 2016 affida a uno o più decreti del Ministro dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della Giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2016, il compito di definire:
a) le modalità di gestione del Fondo di solidarietà;
b) le modalità e le condizioni di accesso al Fondo di solidarietà, ivi inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni;
c) i criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo;
d) le procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale;
e) le ulteriori disposizioni di attuazione.

In caso di ricorso a procedura arbitrale la corresponsione delle prestazioni del Fondo è subordinata all'accertamento della responsabilità per violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (Tuf), di cui al Dlgs 58/1998, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati (articolo 1, comma 858).
In tali casi, è previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'Economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentite le competenti Commissioni parlamentari, fossero nominati gli arbitri, scelti tra persone di comprovata imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità, ovvero possono essere disciplinati i criteri e le modalità di nomina dei medesimi e fossero disciplinate le modalità di funzionamento del collegio arbitrale, nonché quelle per il supporto organizzativo alle procedure arbitrali, che poteva essere prestato anche avvalendosi di organismi o camere arbitrali già esistenti, e per la copertura dei costi delle medesime procedure a carico del Fondo di solidarietà (articolo 1, comma 859).
Il termine di 90 giorni per l'emanazione dei decreti ministeriali attuativi, di cui all'articolo 1, comma 857, della legge di Stabilità 2016, è scaduto il 30 aprile e, com'è noto, a quella data, dei decreti non v'era traccia. Il decreto legge in esame (articolo 10) ha portato il predetto termine da 90 a 180 giorni, sicché i decreti ministeriali in parola dovranno uscire, al più tardi, entro il 30 giugno di quest'anno.
Ma le novità introdotte dal decreto legge in esame non finiscono qui.

Le possibili opzioni - Gli investitori (cioè le persone fisiche, gli imprenditori individuali, anche agricoli, e i coltivatori diretti, o i loro successori mortis causa) che hanno acquistato gli strumenti finanziari subordinati nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con la banca in liquidazione che li ha emessi, entro il 12 giugno 2014, data di pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale europea” della direttiva per il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie (Brrd), possono richiedere indennizzi forfettari o esperire, in via alternativa a tale istanza, la procedura arbitrale di cui all'articolo 1, commi da 857 a 860 della legge di Stabilità 2016. Al riguardo, è interessante sapere che oltre il 70% del totale delle obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche in risoluzione è stato collocato prima del 2008, con ampio anticipo, dunque, rispetto alla pubblicazione della Brrd (il dato è citato nell'intervento di G. Vegas, Presidente della Consob, in «Indagine conoscitiva sulle condizioni del sistema bancario e finanziario italiano e la tutela del risparmio, anche con riferimento alla vigilanza, la risoluzione delle crisi e la garanzia dei depositi europee», Senato della Repubblica, 6ª Commissione permanente - Finanze e Tesoro, Roma, 12 aprile 2016). Anche il comunicato stampa della Presidenza del consiglio dei ministri del 29 aprile 2016 segnala che il burden sharing a carico dei detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche poste in risoluzione ha riguardato titoli di debito emessi prima della pubblicazione delle nuove regole europee sul risanamento e la risoluzione, avvenuta il 12 giugno 2014.

Gli investitori che, invece, hanno investito in obbligazioni subordinate successivamente alla data del 12 giugno 2014 possono accedere esclusivamente alla suddetta procedura arbitrale.
L'avvio della procedura arbitrale preclude la possibilità di esperire la procedura per ottenere l'indennizzo forfettario. Ove questa sia stata già attivata la relativa istanza è improcedibile.
L'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario in relazione a strumenti finanziari acquistati entro la data del 12 giugno 2014 non preclude l'accesso, da parte dei medesimi investitori, alla procedura arbitrale in relazione a strumenti finanziari acquistati oltre la suddetta data.
In ogni caso, le risorse necessarie per l'erogazione degli indennizzi vengono attinte dal Fondo di solidarietà che, come si è visto, è stato istituito con la legge di stabilità per il 2016.
L'articolo 10 del decreto in commento, nel riscrivere l'articolo 1, comma 856, di detta legge, conferma che il Fondo di solidarietà è alimentato, sulla base delle esigenze finanziarie connesse alla corresponsione delle prestazioni, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) istituito ai sensi dell'articolo 96 del Tub, ma, come si è detto, elimina il tetto massimo di spesa, originariamente fissato in 100 milioni di euro, che era stato previsto nella stessa legge di stabilità.

Non si può ignorare, al riguardo, il grido di allarme lanciato da Salvatore Maccarone, presidente del Fitd, all'uscita del decreto in esame.
Il decreto per gli indennizzi - ha osservato Maccarone - attinge alle disponibilità del Fitd, che anche per questo ora ha le casse vuote.
«Le casse sono vuote e contribuiscono a renderle tali questi provvedimenti di ristoro degli obbligazionisti delle quattro banche», ha aggiunto Maccarone, che ha reiterato le sue critiche all'interpretazione della Commissione europea che ha inibito un intervento del Fondo per le quattro banche che avrebbe evitato la risoluzione.
Dal 2015 le contribuzioni obbligatorie delle banche al Fitdi devono essere versate ex-ante e devono raggiungere la consistenza dello 0,8% dei depositi protetti entro il 2024.
«Le banche hanno iniziato a versare dal secondo semestre 2015, poco più di 250 milioni, e la contribuzione annuale sarà di circa 500 milioni», ha spiegato Maccarone. Nel 2016 la contribuzione delle banche potrà anche essere superiore, perché, se i fondi raccolti vengono usati, poi vanno reintegrati, ha aggiunto il presidente del Fitd.

Gli indennizzi forfettari - Il Governo, nel comunicato stampa citato, li chiama indennizzi “automatici”, ma, a parere di chi scrive, l'automatismo, se c'è, soddisfatte certe condizioni che ora esamineremo, si riduce soltanto alla quantificazione dell'indennizzo.
Gli investitori che hanno acquistato entro il 12 giugno 2014 obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche poste in risoluzione nel novembre scorso possono chiedere al Fondo di solidarietà l'erogazione di un indennizzo automatico se ricorre una delle seguenti condizioni:
a) patrimonio mobiliare dell'investitore di valore inferiore a 100.000 euro posseduto al 31 dicembre 2015;
b) ammontare del reddito lordo ai fini Irpef dell'investitore nell'anno 2015 inferiore a 35.000 euro.

Le prime critiche alla determinazione di detti criteri selettivi non si sono fatte attendere a lungo. A pochi giorni dalla pubblicazione del decreto in commento, un membro del Governo, il viceministro dell'Economia e delle finanze Enrico Zanetti, secondo il quale «il decreto può cambiare in Parlamento, perché in effetti occorre tarare meglio il criterio reddituale». Così com'è attualmente formulato, infatti, esso può portare a risultati paradossali - scrive V. Conte («Rimborsi, favorito chi vive solo di rendita», in «La Repubblica» del 10 maggio 2016, pag. 10): «Se ho un patrimonio mobiliare di 12 milioni e vivo con gli interessi annui pari a 300 mila euro, posso stare tranquillo perché sarò rimborsato in modo forfettario» - estremizza Alvise Aguti, consulente delle “Vittime del salva-banche”, l'associazione degli obbligazionisti azzerati».
L'ipotesi, però, non è poi cosi “fuori dal mondo”, visto che le rendite finanziarie sono tassate con una imposta sostitutiva rispetto all'Irpef e quindi non rientrano fra i redditi da dichiarare nel 730.

Con riguardo alla condizione sub a), l'articolo 8, comma 2, del decreto legge precisa che il valore del patrimonio mobiliare dell'investitore risulta dalla somma di:
a) patrimonio mobiliare posseduto al 31 dicembre 2015, esclusi gli strumenti finanziari subordinati acquistati dalle quattro banche, calcolato secondo i criteri e le istruzioni approvati con decreto del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali di concerto con il ministero dell'Economia e delle finanze, dipartimento delle Finanze 29 dicembre 2015, n. 363, recante approvazione del modello tipo di dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), nonché delle relative istruzioni per la compilazione, ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del Dpcm 5 dicembre 2013 n. 159;
b) il corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati detenuti alla data della risoluzione delle banche in liquidazione, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.

L'importo dell'indennizzo forfettario è pari all'80% del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari detenuti alla data di risoluzione delle banche in liquidazione, al netto di oneri e spese connessi alle operazioni di acquisto e della differenza tra rendimenti ottenuti e il rendimento di mercato di un buono del tesoro poliennale in corso di emissione di durata finanziaria equivalente oppure il rendimento ricavato tramite interpolazione lineare di Btp in corso di emissione aventi durata finanziaria più vicina.
Ai fini del calcolo della suddetta differenza, il rendimento degli strumenti finanziari subordinati è rilevato alla data di acquisto o di sottoscrizione, mentre il rendimento del Btp di durata finanziaria equivalente o dei Btp usati per l'interpolazione è determinato sulla base della loro quotazione di chiusura, alla medesima data, nel mercato regolamentato dei titoli di Stato (Mts).

L'importo della differenza tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato di un Btp deve essere calcolata moltiplicando fra loro:
a) la differenza tra i rendimenti degli strumenti finanziari subordinati rilevati alla data dell'acquisto o della sottoscrizione e alla data di acquisto o di sottoscrizione e il rendimento del Btp di durata finanziaria equivalente o dei Btp usati per l'interpolazione al momento della loro quotazione di chiusura, alla medesima data, nel Mts);
b) gli anni e la frazione d'anno trascorsi dalla data di acquisto o di sottoscrizione degli strumenti finanziari subordinati e la data del provvedimento di risoluzione delle banche in liquidazione;
c) il corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati al netto di oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.

L'istanza di erogazione - L'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario è indirizzata al Fondo e deve indicare il nome, e l'indirizzo (anche digitale) dell'investitore, la banca in liquidazione presso la quale sono stati acquistati i titoli, gli strumenti finanziari acquistati, le rispettive quantità, gli oneri connessi all'acquisto. L'investitore deve anche allegare la documentazione relativa al contratto di acquisto delle obbligazioni, i moduli di sottoscrizione o l'ordine di acquisto, le attestazioni degli ordini acquisiti, copia della richiesta di pagamento alla banca in liquidazione del credito relativo agli strumenti finanziari subordinati, una dichiarazione sulla consistenza patrimoniale o sull'ammontare del reddito.

Il Fondo verifica la completezza della documentazione, la sussistenza delle condizioni, calcola l'importo dell'indennizzo e procede alla liquidazione entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta. In caso di ricorso a procedura arbitrale, vale quanto già dispone l'articolo 1, comma 858, della legge di Stabilità 2016, secondo cui la corresponsione delle prestazioni è subordinata all'accertamento della responsabilità per violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al Dlgs n. 58 del 1998 (Tuf), nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati.

A tal riguardo, il Presidente della Consob, Giuseppe Vegas ha precisato che, almeno per quanto riguarda il contenuto informativo dei prospetti di offerta dei titoli subordinati, l'Autorità di vigilanza non ha nulla da rimproverarsi. I prospetti informativi delle quattro banche risolte, infatti, sono «stati redatti nel rispetto delle regole» e «hanno dato massima evidenza a tutti i fattori di rischio», incluso quello di «perdere l'intero capitale» in caso di liquidazione o di procedure concorsuali. Così il presidente della Consob, in occasione delle lettura della sua sesta relazione al mercato, difende l'operato della Commissione dalle accuse di non aver vigilato sulla vendita ai risparmiatori dei titoli subordinati. «Dal punto di vista regolamentare noi abbiamo fatto quello che potevamo fare», ha detto in risposta alle critiche di “autoassoluzione” mosse da Federconsumatori, Adusbef, M5S e Sel. «Questi elementi sono stati inseriti nella parte relativa ai fattori di rischio e, nei casi più significativi, sono stati ripresi e sintetizzati nella prima pagina dei prospetti», ha sottolineato Vegas ricordando che «sono in corso accertamenti» da parte di Consob e magistratura sul «rispetto delle regole di condotta nel collocamento».

Anche se l'investitore in obbligazioni subordinate, in sede arbitrale, si vedesse riconosciuto il diritto all'indennizzo, non è detto, poi, che questo lo possa ristorare pienamente della perdita subita, visto che l'articolo 1, comma 857, della legge di Stabilità 2016, demanda a uno o più decreti del Ministro dell'Economia e delle finanze di concerto con quello della Giustizia, il compito di determinare, tra l'altro, i criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo.
L'ultima stranezza del decreto - come ha notato V. Conte - è la tempistica. «Le richieste di rimborso potranno essere inviate entro quattro mesi dalla pubblicazione della legge (di conversione del decreto), non del decreto. Dunque occorre attendere l'iter parlamentare che lo convertirà entro il 3 luglio. I rimborsi saranno quindi erogati tra novembre e gennaio. «Ma allora perché fare un decreto legge, se non c'era l'urgenza?», lamentano i risparmiatori».

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