Civile

Juventus-Napoli - La Corte d'Appello Sportiva Nazionale: una singolare interpretazione della forza maggiore

Disputa Juventus - Napoli: l'evoluzione della controversia innanzi ai Giudici sportivi non aiuta a fare chiarezza sulle regole che governano il Calcio ai tempi del Coronavirus

di Fabrizio Magrì*, Alessandro Alfieri**

Come ormai noto la Corte d'Appello Sportiva Nazionale, con la decisione della Sez. I, n. 14 del 10 novembre 2020, ha confermato la decisione del Giudice Sportivo n. 65 del 14 ottobre 2020, con la quale sono state comminate alla Società Sportiva Calcio Napoli le sanzioni della sconfitta con il punteggio di 3-0 e della penalizzazione di un punto in classifica, in seguito alla nota vicenda della gara contro la Juventus, valida per il Campionato di Serie A.

Leggendo la decisione, una prima considerazione nasce spontanea, questa volta a discolpa di chi ha dovuto stendere e sottoscrivere il provvedimento.

Il compito di "blindare" la tenuta del Protocollo FIGC, e de relato lo svolgimento del campionato di calcio 2020/2021, non può essere assegnato - come in questo caso avvenuto - agli organi della giustizia sportiva. È innegabile che l'aumento dei contagi abbia messo a dura prova l'organizzazione del campionato, delle squadre (si pensi al caso emblematico del Genoa!), degli incontri e, in ultima istanza, la tenuta del Protocollo stesso.

Ma allora la garanzia di tenuta del "sistema" avrebbe dovuto essere attuata attraverso interventi specifici integrativi da parte della stessa FIGC, di concerto con il Ministero della Salute e con il Comitato Tecnico Scientifico, probabilmente in esecuzione di espressi provvedimenti delega (governativa) extra ordinem. Non affidandosi - come nel caso che ci occupa - alle decisioni della Corte d'Appello Sportiva Nazionale, che nel tentativo di colmare le lacune del Protocollo e forzando una interpretazione - non rinvenibileenel Protocollo - che vorrebbe che le gare siano svolte in ogni condizione e in qualsiasi contesto epidemiologico, ha reso una decisione che lascia fortemente perplessi sotto il profilo giuridico e si presta a facili e scontate critiche.

Nella vicenda in esame vi sono dei profili non controversi, che giova richiamare:

- la società responsabile di aver impedito il regolare svolgimento di una gara o che non si sia presentata in campo nei termini previsti è punita con la sconfitta di 0-3 e con la penalizzazione di un punto in classifica (art. 10 del Codice di Giustizia Sportiva e art. 53 delle Norme Organizzative Interne Federali della FIGC), a meno che dimostri che la mancata partecipazione all'incontro sia dipesa da una causa di forza maggiore (art. 55 delle Norme Organizzative Interne Federali della FIGC);

- Il Protocollo FIGC stabilisce che, in caso di positività di un membro del "gruppo squadra", trovi applicazione la Circolare del Ministero della Salute del 18 giugno 2020, n. 21463, ai sensi della quale il Dipartimento di Prevenzione della ASL è l'Autorità competente per la gestione del "caso positivo" e tra i poteri/doveri ad essa attribuiti vi è quello di fornire "informazioni e indicazioni chiare, anche per iscritto, sulle misure precauzionali da attuare [e sugli] interventi di profilassi necessari (sorveglianza attiva, quarantena, etc)";

- la Lega Serie A (in data 2 ottobre 2020) ha dettato alcune regole basilari per garantire la regolarità delle gare nel contesto pandemico, tra le quali la previsione del numero minimo di calciatori disponibili (ossia non contagiati) necessari per partecipare agli incontri, facendo in ogni caso espressamente salvi gli eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali;

- la ASL ha legittimamente imposto l'isolamento domiciliare a diciassette calciatori e quattro membri dello staff tecnico del Napoli, vietando ad essi di recarsi in trasferta a Torino.

Questi fatti e circostanze sono pacifici anche per il giudicante. In particolare, il Giudice d'appello riconosce che si sia verificata una causa di forza maggiore "ovvero il factum principis, rappresentato dal divieto di recarsi a Torino, opposto alla Società ricorrente dalla competente Autorità sanitaria di Napoli".

La Corte ha ritenuto tuttavia che i provvedimenti impeditivi emanati dalla ASL non potessero essere inquadrati come elementi esimenti da responsabilità, avendo ravvisato in alcuni comportamenti della società Calcio Napoli, tenuti nei giorni antecedenti la gara, indizi di una volontà finalizzata a «precostituirsi una scusa» per non disputare l'incontro, sollecitando la ASL ad emanare il provvedimento impeditivo, mediante reiterate richieste di chiarimenti e di istruzioni circa le misure applicabili in seguito all'emersione della positività di due calciatori.

Quindi l'evento impeditivo conseguente al provvedimento della ASL non sarebbe autonomo, ma dipendente dall'ennesima richiesta di chiarimenti della Società ricorrente. Come tale non sarebbe un evento invocabile come forza maggiore.
L'errore di diritto è evidente.

La giurisprudenza ha esaminato svariati casi di atti dell'autorità legislativa, amministrativa o giudiziaria, che incidendo negativamente sull'attuazione del rapporto obbligatorio, siano stati invocati dal debitore per giustificare l'inadempimento o il ritardo nell'esecuzione della prestazione.

La Corte ha dimenticato, ovvero non ne ha fatto applicazione, il consolidato principio di diritto, secondo il quale, nell'ipotesi di cd. factum principis quale atto della pubblica amministrazione costituente impedimento alla prestazione contrattuale, deve ritenersi sussistente la responsabilità del debitore laddove il medesimo vi abbia colposamente dato causa. Il che vuole significare che il comportamento colposo del soggetto si ponga in un rapporto di causa-effetto con l'evento di forza maggiore (provvedimento dell'autorità): il provvedimento dell'Autorità deve essere l'effetto del comportamento colposo.

In ossequio a tale principio, non possono certamente essere considerate rilevanti, per gli effetti indicati, le interlocuzioni con la ASL o la sollecitazione di chiarimenti. A meno di non mettere anche in discussione l'autonomia del funzionario della ASL, ovvero la veridicità o legittimità del provvedimento emesso. In tale ipotesi il provvedimento sarebbe stato emanato non già nell'interesse pubblico, bensì in risposta alle strumentali sollecitazioni di una società privata; ma qui entriamo in un altro campo, nel quale nemmeno il giudice di appello prova ad avventurarsi.

Il presupposto dell'intervento della ASL è il contagio da Covid-19 di alcuni soggetti dello staff della società Calcio Napoli e il conseguente rischio di contagio scaturente dalla trasferta a Torino. Per escludere l'operatività dell'esimente del factum principis, la società avrebbe dovuto colpevolmente causare l'emanazione del provvedimento impeditivo, rendendosi responsabile della esposizione dei propri dipendenti ad un maggior rischio di contrarre l'infezione, ad esempio tenendo un comportamento negligente nell'attuazione dei protocolli di prevenzione del Covid-19.

Chi scrive, ovviamente, non ha avuto accesso alla documentazione esaminata dal giudicante e non è quindi in condizione di esprimersi sulle singole condotte della società; tuttavia, nella decisione in commento non si rinvengono elementi che depongano nel senso di una responsabilità del Napoli nella generazione dell'evento contagio, evento che costituisce l'unico presupposto di fatto del provvedimento.

Il divieto emesso dalla ASL risulta quindi fondato su un presupposto veritiero, non riconducibile al club: i contagi ci sono e sono avvenuti a prescindere dal numero di comunicazioni e richieste formulate dalla società partenopea.

In conclusione, la Corte d'Appello Sportiva Nazionale, nel confermare la sanzione esemplare comminata dal giudice di primo grado, ha dato un ammonimento ai club di Serie A, affinché le rispettive squadre facciano di tutto per partecipare alle gare di campionato.

Una decisione però distante dai compiti istituzionali dell'ordinamento sportivo, rispetto ai quali la giustizia sportiva è soggetto strumentale: l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive.

Si confida che il Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI, investito dal Napoli della decisione circa la legittimità della decisione della Corte d'Appello Sportiva Nazionale, possa rilevarne gli errori e annullare di conseguenza il provvedimento.

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*Partner Studio CBA

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