Penale

Operativa la riforma intercettazioni, al Pm il giudizio sulla rilevanza

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di Giovanni Negri

Coniugare esigenze di tutela della privacy con la funzionalità delle indagini. È su questa scommessa che si gioca la riforma delle intercettazioni da oggi in vigore dopo una lunga e tormentata sequenza di rinvii. Perché la prima versione dell’intervento era stata messa a terra nello scorcio finale della passata legislatura ed è stata poi perfezionata dall’attuale maggioranza giallorossa alla fine dello scorso anno.

Tra l’altro il passaggio temporale non è affatto neutro, perché, come segnalato dalla stessa Cassazione, potrebbero già emergere problemi di diritto transitorio, per esempio nel caso in cui all’iscrizione di un reato avvenuta prima del 31 agosto, ne facciano seguito altre in epoca successiva con oggetto altri titoli di reato. Ma questioni di diritto intertemporale potrebbero nascere anche nel caso in cui due o più procedimenti con data diversa di iscrizione, per alcuni antecedente e per altri successiva al 31 agosto, venissero riuniti, oppure, viceversa, quando da un procedimento iscritto prima del 31 agosto ne derivi, per separazione, un altro iscritto dopo questa data.

Nella sostanza sono numerose le modifiche alla disciplina degli ascolti sinora prevista. A partire dagli accresciuti compiti dei pm, cui viene affidata, dopo che in un primo tempo la selezione era affidata alla polizia giudiziaria, la competenza sulla valutazione di quanto è attinente alle indagini e quanto invece non ha rilevanza penale.

A non dovere essere trascritte sono le conversazioni relative a dati sensibili, come pure quelle idonee a danneggiare la reputazione dei soggetti intercettati. Sui verbali la vigilanza spetta al pubblico ministero, dove già alcune Procure, come Milano e Bologna, hanno iniziato a fornire con circolari indicazioni sulle modalità di trascrizione in tutti i procedimenti (anche se resta possibile che per alcune e più delicate indagini possano essere previste forme specifiche). Alla polizia giudiziaria, deputata agli ascolti, il compito di segnalare al pm le conversazioni potenzialmente non suscettibili di trascrizione, in maniera da lasciare a lui la decisione finale.

In realtà, ed è la stessa Cassazione a segnalarlo, l’assenza di un espresso divieto e la mancanza di una sanzione processuale e l’ampiezza del criterio di selezione potrebbero rendere la riforma «scarsamente idonea ad evitare l’ingresso nei brogliacci di ascolto di comunicazioni che, in seguito, si possono rivelare di nessuna utilità probatoria, ma che, nello stesso tempo, possono rappresentare una lesione rilevante della privacy delle persone coinvolte».

Tutto il materiale confluirà poi in un archivio informatico sotto la vigilanza del pm, con possibilità di accesso da parte delle difese, evitando in una prima fase che possano trarne copia, ma garantendone l’ascolto, in vista della possibile udienza stralcio, nella quale il giudice dovrà procedere alla selezione del materiale rilevante. Previsto il divieto di pubblicazione di tutte le intercettazioni considerate irrilevanti per le finalità investigative.

Disciplinato poi un altro snodo nevralgico come l’utilizzo dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state originariamente autorizzate. Alla regola generale del divieto vengono così formalizzate due eccezioni, sempre a patto che siano rilevanti e indispensabili: quando il reato è tanto grave da rendere possibile l’arresto in flagranza e quando per il titolo di reato accertato sarebbe stato comunque possibile procedere comunque agli ascolti.

Quanto all’utilizzo del trojan, la riforma estende la possibilità del suo utilizzo in tutti i reati contro la pubblica amministrazione commessi non solo dal pubblico ufficiale, ma anche dall’incaricato di pubblico servizio. In ogni caso, vista la particolare invasività dello strumento, il decreto di autorizzazione al suo impiego dovrà rendere evidenti le ragioni che ne hanno giustificato l’impiego.

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