Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 22 e il 26 marzo 2021

Nel corso di questa settimana il Consiglio di Stato interviene in materia di governo del territorio facendo registrare due interessanti pronunce delle quali, l'una, sulla decadenza del permesso di costruire e, l'altra, sul rapporto tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire.
Quanto poi alle procedure ad evidenza pubblica i Giudici di Palazzo Spada affrontano il tema della tassatività delle cause di esclusione e con riferimento agli atti amministrativi individuano le regole da seguire per la loro corretta interpretazione.
Infine, è tracciata la distinzione tra consulenza tecnica d'ufficio, da un lato, e verificazione, dall'altro lato.
A loro volta i Tribunali Amministrativi precisano la natura giuridica del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dell'opera edilizia abusiva non demolita nei termini di legge, e dell'area di sedime, trattano il tema della ludopatia e della limitazione degli orari di apertura delle sale per il gioco lecito mediante l'utilizzo di apparecchiature elettroniche e, infine, intervengono in tema di sanzioni amministrative (quanto al termine decadenziale per la contestazione dell'infrazione quando non sia possibile farlo immediatamente) in merito ai contesti di particolare complessità.

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - I PRINCIPI IN SINTESI

PERMESSO DI COSTRUIRE Consiglio di Stato, sezione II, 22 marzo 2021, n. 2453
Il Consiglio di Stato si sofferma sulla natura giuridica della decadenza del permesso di costruire che, inscindibilmente connessa all'inutile spirare del termine per l'inizio o per l'ultimazione dei lavori, impedisce all'interessato la realizzazione della parte ancora non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga.
La relativa disciplina normativa va rinvenuta nell'articolo 15 Dpr n. 380/2001 secondo cui, da un lato, il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo e, dall'altro lato, il termine di ultimazione, entro il quale cioè l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori.
Decorsi inutilmente tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga.
Tale proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.
Il tutto fermo restando che i fatti sopravvenuti (quelli cioè che legittimano la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori) non hanno un rilievo automatico, ma possono costituire oggetto di valutazione in sede amministrativa qualora l'interessato proponga un'apposita domanda, il cui accoglimento è indefettibile affinché non sia pronunciata la decadenza del titolo edilizio.
Quanto alla ratio della norma essa va individuata nella necessità di mantenere il controllo sull'attività di edificazione, ovviamente per sua natura non istantanea, non solo al momento del rilascio del titolo abilitativo ma, anche, successivamente al momento della realizzazione, garantendosi così il compimento dell'opera iniziata entro limiti temporali ragionevoli.
Si consideri, ancora, che la decadenza dal titolo edilizio non implica la demolizione delle opere realizzate, ma comporta solo la necessità di chiedere un nuovo permesso per la esecuzione delle ulteriori opere, dovendo considerarsi abusivi soltanto gli interventi realizzati dopo l'intervenuta decadenza.

GARE PUBBLICHE - Consiglio di Stato, sezione V, 23 marzo 2021, n. 2483
Il Consiglio di Stato, intervenuto in materia di gare pubbliche, precisa, con riferimento all'articolo 93, I, Dlgs n. 50/2016 (Codice degli appalti), secondo cui in ipotesi di partecipazione alla gara di un raggruppamento temporaneo di imprese la garanzia fideiussoria deve riguardare tutte le imprese del raggruppamento, sia legittima la disposizione del disciplinare che riprenda pedissequamente tale norma con l'integrazione secondo cui sia disposta l'esclusione dalla procedura nell'ipotesi di inadempimento.
La regola secondo cui, nel caso di partecipazione ad una gara di appalto di un raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, la polizza fideiussoria mediante la quale viene costituita la cauzione provvisoria deve essere necessariamente intestata, a pena di esclusione, non già alla sola capogruppo designata, ma anche alle mandanti, si giustifica in quanto, diversamente opinando, verrebbe a configurarsi una carenza di garanzia per la stazione appaltante, quante volte l'inadempimento non dipenda dalla capogruppo designata, ma dalle mandanti.
Orbene, per assicurare in modo pieno l'operatività della garanzia di fronte ai possibili inadempimenti (coperti dalla cauzione provvisoria) il fideiussore deve richiamare la natura collettiva della partecipazione alla gara di più imprese, identificandole singolarmente e, al contempo, deve dichiarare di garantire con la cauzione provvisoria non solo la mancata sottoscrizione del contratto, ma anche ogni altro obbligo derivante dalla partecipazione alla gara.
L'adempimento imposto dall'articolo 93, I, Codice degli appalti deve poi ritenersi compreso nell'ambito delle prescrizioni il cui rispetto è presidiato dalla conseguenza dell'esclusione dalla gara, in primo luogo, per le espressioni letterali contenute nella disposizione. Tale profilo emerge soprattutto dopo la modifica al comma 1 dell'articolo 93 cit. operata dall'articolo 59 Dlgs n. 56/2017, che, prevedendo la facoltà della stazione appaltante di non richiedere la garanzia provvisoria solo nelle procedure di cui all'articolo 36, II, lett. a), del medesimo Codice, dimostra - argomentando a contrario - che il richiedere la cauzione provvisoria costituisce per l'amministrazione (e, di riflesso, per i partecipanti alla gara) un adempimento doveroso in tutte le altre procedure di affidamento.
In secondo luogo, la prescrizione svolge una funzione essenziale anche sul piano dell'interesse dell'amministrazione procedente a concludere celermente la gara, prevedendo uno strumento attraverso il quale sollecitare l'aggiudicatario a stipulare il contratto e nel contempo assicurare la liquidazione anticipata del danno per il caso di mancata stipula.
Ed allora, l'essenzialità della garanzia provvisoria comporta la legittimità della clausola del disciplinare di gara che abbia espressamente stabilito l'esclusione in caso di sua violazione.

ATTI AMMINISTRATIVI Consiglio di Stato, sezione IV, 25 marzo 2021, n. 2514
Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, delinea le regole da seguire per l'interpretazione degli atti amministrativi individuando, quale via maestra, i criteri che gli articoli 1362 e ss. c.c. dettano per i contratti tra i quali, in primis, quello dell'interpretazione letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo.
Si consideri che l'interpretazione dell'atto amministrativo consiste nell'attività volta ad attribuire un significato al provvedimento, al pari di quanto accade in materia di negozio giuridico tra contraenti privati.
Pur trattandosi di un'attività particolarmente importante, soprattutto ove il contenuto e il significato dell'atto presentino perplessità, non esistono norme che disciplinano organicamente l'interpretazione del provvedimento, ragion per cui – come detto - si applicano (per analogia) le norme dettate dal legislatore in materia contrattuale di cui agli articoli 1362 ss. c.c.
Tuttavia, deve osservarsi che l'azione esegetica del provvedimento si pone in termini diversi rispetto a quella contrattuale.
In quest'ultimo caso, la principale operazione ermeneutica consiste nella ricostruzione della volontà delle parti; diversamente, l'esegesi del provvedimento amministrativo deve mirare alla verifica della rispondenza della volontà oggettivata nell'atto allo scopo cui l'atto è tipicamente finalizzato.
Ne consegue che la regola della reale intenzione delle parti di cui all'articolo 1362, I, c.c. deve essere desunta dall'atto, tenendo conto del suo contenuto complessivo e del comportamento esecutivo dell'Amministrazione. Nel caso in cui sussistano dubbi devono ritenersi applicabili i criteri di interpretazione oggettiva, tra i quali in particolare la scelta del significato utile rispetto a quello inutile che rispetto al provvedimento amministrativo comporta anche la scelta del significato legittimo rispetto a quello illegittimo.
In conclusione può ritenersi che, trattandosi di atti amministrativi, deve essere privilegiato il canone dell'interpretazione letterale, senza attribuirvi significati impliciti o inespressi, che evidentemente sarebbero in contrasto con il principio stesso di legalità.
Accanto all'interpretazione letterale, va tenuta presente quella sistematica. In particolare, si consideri che dall'atto amministrativo, specie quando si tratti di evitare conseguenze sfavorevoli per il privato, devono trarsi regole di comportamento certe e sicure, non ambigue.

VERIFICAZIONE Consiglio di Stato, sezione III, 25 marzo 2021, n. 2530
Il Consiglio di Stato traccia la distinzione tra consulenza tecnica d'ufficio e verificazione. Di quest'ultima si sottolinea la natura di strumento probatorio teso all'effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. Accertamento che consegue non ad un'attività meccanica, del tutto priva di un apporto critico, ma ad un processo nel quale il verificatore non può non fare applicazione dei princìpi dello specifico settore scientifico considerato.
Secondo la disciplina del Codice del Processo Amministrativo (Dlgs n. 104/2010, articolo 66) la verificazione è uno strumento istruttorio che può essere utilizzato al fine di acquisire fatti non desumibili direttamente dai documenti acquisiti al fascicolo di causa, ovvero per coadiuvare il Giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze. In nessun caso la verificazione può essere adoperata quale strumento di valutazione diretta delle doglianze oggetto di ricorso.
Lo strumento probatorio della verificazione può anche prescindere da un formale contraddittorio tecnico tra le parti processuali, purché di fatto le osservazioni e gli apprezzamenti del verificatore siano stati comunque tempestivamente conosciuti dalle parti, e queste abbiano potuto fornire il loro apporto alla decisione del Giudice.
In particolare, quanto alle garanzie di difesa delle parti, nel silenzio dell'articolo 66 citato, che, a differenza del successivo articolo 67 (relativo alla Ctu), non prevede espressamente la facoltà di nomina di consulenti di parte, la partecipazione non risulta preclusa a mezzo dell'assistenza da parte di un perito di fiducia, anche ove nulla disponga in merito l'ordinanza istruttoria.
Ed ancora il contraddittorio processuale è assicurato dall'ordinamento dalla possibilità per le parti di prendere posizione sulla relazione di verificazione, mediante il deposito di apposita memoria difensiva, con cui formulare le pertinenti osservazioni.
Ancora sul rapporto tra gli articoli 66 e 67 cit., si consideri come tali norme, pur distinguendo tra la verificazione, da un lato, e la consulenza tecnica, dall'altro lato, non precisano in che cosa consista la differenza, e in quali casi il Giudice debba servirsi dell'una piuttosto che dell'altra.
Il senso proprio delle parole lascia intendere tuttavia che la "verificazione" consiste nella oggettiva ricognizione, constatazione e descrizione di stati di fatto, mentre la "consulenza tecnica" consiste nella formulazione di un parere tecnico il quale, pur necessariamente basato su dati oggettivi, riflette il convincimento soggettivo e in qualche misura opinabile del suo autore. Sicché è logicamente accettabile che lo stesso quesito rivolto a due consulenti diversi riceva risposte altrettanto diverse, mentre lo stesso non si può dire della verificazione.

AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA Consiglio di Stato, sezione II, 26 marzo 2021, n. 2553
Secondo il Consiglio di Stato il rapporto tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire è di presupposizione necessitato e strumentale. I due atti di assenso sono riferiti allo stesso oggetto, per quanto l'uno in termini di compatibilità paesaggistica dell'intervento edilizio proposto e, l'altro, in termini di sua conformità urbanistico-edilizia così che il rilascio dell'uno non comporta il necessario rilascio anche dell'altro.
La tutela del paesaggio, avente valore costituzionale e funzione di preminente interesse pubblico, è nettamente distinta da quella dell'urbanistica ed in tale ottica, la funzione dell'autorizzazione paesaggistica è quella di verificare la compatibilità dell'opera edilizia che si intende realizzare con l'esigenza di conservazione dei valori paesistici protetti dal vincolo, dovendo l'autorità preposta unicamente operare un giudizio in concreto circa il rispetto da parte dell'intervento progettato delle esigenze connesse alla tutela del paesaggio stesso.
Un ruolo centrale è occupato, in materia, dal disposto dell'articolo 9 Cost. nella parte in cui prevede che la Repubblica «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».
In attuazione di tale fondamentale principio costituzionale – tra l'altro - i piani territoriali paesistici (strumenti di disciplina di uso e valorizzazione dei territori assoggettati a vincoli paesaggistici) prevalgono sui piani regolatori generali e sugli altri strumenti urbanistici e possono imporre limitazioni di carattere generale, ovvero puntuali prescrizioni, con efficacia immediatamente precettiva a carico dei proprietari, quando siano ravvisate ragioni di tutela dei valori paesaggistici, di cui i piani stessi debbono articolare la disciplina.
Affinché poi il provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica possa considerarsi legittimo sotto il profilo dell'adeguatezza della motivazione, nel rispetto del principio scolpito nell'articolo 3 L. n. 241/1990, che costituisce il precipitato normativo di fonte legislativa al principio costituzionale di cui all'articolo 97 Cost., deve contenere una puntuale manifestazione delle ragioni tecnico-giuridiche che costituiscono il complesso impeditivo alla realizzazione dell'opera con riferimento alla quale l'autorizzazione è richiesta, dovendo la motivazione doverosamente corrispondere ad un modello che contempli la descrizione dell'edificio e del progetto, del contesto paesaggistico in cui esso si colloca e del rapporto tra edificio e contesto, teso a stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio.
In tema di determinazioni paesaggistiche, dunque, l'amministrazione è tenuta ad esternare adeguatamente l'avvenuto apprezzamento comparativo, da un lato, del contenuto del vincolo e, dall'altro, di tutte le rilevanti circostanze di fatto relative al manufatto ed al suo inserimento nel contesto protetto.

ABUSIVISMO EDILIZIO Tar Lazio, Roma, sezione II quater, 23 marzo 2021, n. 3529
Il Tar Lazio-Roma, adito in materia di abusivismo edilizio, focalizza il suo argomentare sulla fattispecie acquisitiva al patrimonio comunale avuto riguardo alla ratio di tale provvedimento che è ravvisata non già nel sanzionare l'abuso edilizio in sé considerato bensì l'inottemperanza all'ordine demolitorio entro il termine di legge.
Il quadro normativo di riferimento si rinviene nell'articolo 31 Dpr n. 380/2001, avente ad oggetto non solo il bene e la relativa area di sedime, ma anche l'area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, che rappresenta un'automatica e doverosa conseguenza dell'inottemperanza all'ordine demolitorio dell'opera abusiva.
L'amministrazione procedente è tenuta ad indicare puntualmente, nell'atto di acquisizione, la classificazione urbanistica ed il relativo regime per l'area oggetto dell'abuso edilizio e quindi sviluppare (in base agli indici di fabbricabilità, territoriale o fondiaria, conseguentemente applicabili) il calcolo della superficie occorrente per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, disponendone comunque l'acquisizione - laddove dovesse risultare una superficie superiore - nel limite massimo del decuplo dell'area di sedime.
Quella in esame è una vera e propria sanzione avente ad oggetto la perdita della proprietà per inottemperanza all'ordine di remissione in pristino che, pur se definita come una conseguenza di diritto dall'articolo 31, comma 3, cit., richiede comunque un provvedimento amministrativo che definisca l'oggetto dell'acquisizione al patrimonio comunale attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell'area sottratta al privato.
Il titolo per l'immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei registri immobiliari è costituito dall'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire, ma per tale atto deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il suo carattere endoprocedimentale e dichiarativo delle operazioni effettuate durante l'accesso ai luoghi, ma solo il formale accertamento, che faccia proprio l'esito del verbale e che costituisca, quindi, il titolo ricognitivo idoneo all'acquisizione gratuita dell'immobile al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate.
Tale provvedimento necessita che in esso siano esattamente individuate -ed elencate- le opere e le relative pertinenze urbanistiche dal momento che costituisce titolo per l'immissione in possesso dell'opera e per la trascrizione nei registri immobiliari.

LUDOPATIA Tar Lombardia, Milano, sezione IV, 25 marzo 2021, n. 778
Il Tar Milano affronta il tema della ludopatia e reputa le ragioni della tutela della salute pubblica da tale fenomeno socio-patologico quali legittime condizioni per la limitazione degli orari di apertura delle sale per il gioco lecito mediante l'utilizzo di apparecchiature elettroniche.
Il riferimento a tali esigenze soddisfa l'onere di motivazione e giustifica la parziale compromissione delle libertà economiche.
Nell'attuale momento storico la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio, o comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale
La giurisprudenza, al riguardo, ha chiarito che gli apparecchi con vincite in denaro, per la loro ubicazione, modalità, tempistica, danno luogo a manifestazioni di accesso al gioco irrefrenabili e compulsive, non comparabili, per contenuti ed effetti, ad altre forme di scommessa che possono anch'esse dare dipendenza, ma in grado ritenuto (ragionevolmente) dal legislatore di gravità ed allarme sociale assai minore e, perciò, non necessitante di apposita e più stringente tutela preventiva mirata.
Gli apparecchi quali le slot machine e le videolottery paiono i più insidiosi nell'ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l'utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l'ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica.
In tale prospettiva si sono ritenuti adeguati, ovvero idonei, allo scopo, i provvedimenti di disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco trattandosi di misure che, incidendo sull'offerta del gioco d'azzardo, ne limitano la fruibilità sul piano temporale, mediante uno strumento di portata generale che, al fine, pone le condizioni per la sua riduzione.
Né in senso contrario può darsi rilievo all'argomento secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco trattandosi di affermazione che prova troppo, poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (quali le slot machines) se altre ve ne sono a disposizione, e in ogni caso resta una affermazione non dimostrata.

SANZIONI AMMINISTRATIVE Tar Piemonte, Torino, sezione II, 26 marzo 2021, n. 343
In tema di sanzioni amministrative precisa il Tar Piemonte che dall'art. 14 L. n. 689/1981 (che impone alla Pa di contestare l'infrazione, se non è possibile farlo immediatamente, entro un termine decadenziale decorrente dall'accertamento) non consegue che la rilevazione dei fatti nella loro materialità coincida necessariamente con l'accertamento degli estremi della violazione in quanto, nei contesti di particolare complessità, l'osservanza del termine decadenziale va valutata tenendo conto delle particolarità dei singoli casi ed indipendentemente dalla data di compilazione dei verbali.
Il dato testuale della norma in esame non lascia dunque adito a dubbi: esso differenzia, per ragioni di ragionevolezza e di proporzionalità nell'esercizio del potere sanzionatorio, il caso della contestazione immediata da quello dell'avvenuto e ben compiuto accertamento dell'illecito.
Il primo caso presuppone la piena evidenza, immediata ed in sé non controvertibile, dell'illecito nei suoi elementi; il secondo si verifica quando si ha la mera notizia di tale illecito, ma i suoi elementi vanno riscontrati nella loro dimensione fattuale e poi valutati nella loro giuridica rilevanza.
È principio consolidato sul punto quello per cui l'articolo 14 , proprio perché si riferisce all'accertamento e non alla data di commissione della violazione, va interpretato nel senso che il termine di 90 giorni ivi previsto comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie da valutare, l'attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi della infrazione.
Sicché l'accertamento non coincide con la generica e approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dal precedente articolo 13, l'esistenza di tutti gli elementi della infrazione. Esso richiede la valutazione dei fatti acquisiti ed afferenti agli elementi dell'infrazione, mentre la fase finale di deliberazione è a sua volta correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrarne l'accadimento, ad acquisire piena conoscenza della condotta illecita ed a valutarne la consistenza, ai fini d'una corretta ed efficace formulazione della contestazione.
Spetta dunque alla Pa il compito di raccogliere e di ordinare i dati istruttori nel più breve tempo possibile, ma senza che ciò, anche nell'interesse del soggetto incolpato, vada a scapito dell'esattezza della ricostruzione di tali vicende.
Rileva la tempestività, o meno, della data in cui s'è concluso l'accertamento istruttorio, tenendosi conto altresì del complesso degli accertamenti compiuti dalla P.A. procedente e della congruità del tempo impiegato a tal fine. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – IL MASSIMARIO  

Permesso di costruire – Decadenza - Avvio del procedimento (Dpr 6 giugno 2001, n. 380, articolo 15)
La decadenza del permesso di costruire è un atto meramente ricognitivo degli effetti prodotti dalla legge, ai sensi dell'articolo 15 Dpr 380 del 2001, per cui, decorsi i termini di inizio e di fine dei lavori, il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, con la conseguenza che la dichiarazione di decadenza non necessita di una previa comunicazione di avvio del procedimento.
Consiglio di Stato, sezione II, 22 marzo 2021, n. 2453

Gare pubbliche – Garanzia provvisoria (Dlgs 18 aprile 2016, n. 50, articolo 93)
La specifica norma di rango legislativo ex articolo 93 Dlgs n. 50/2016, in tema di garanzia provvisoria, detta una prescrizione la quale, sebbene il suo inadempimento non sia testualmente presidiato dalla sanzione espulsiva, rientra tra le norme che contemplano cause di esclusione.
Consiglio di Stato, sezione V, 23 marzo 2021, n. 2483

Atti amministrativi – Interpretazione (Cc articoli 1362, 1366)
L'interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle regole dettate ex articoli 1362 e ss. c.c. per l'interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in ogni caso il Giudice ricostruire l'intento dell'Amministrazione, ed il potere che essa ha inteso esercitare, in base al contenuto complessivo dell'atto (cd. interpretazione sistematica), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo e del fatto che, secondo il criterio di interpretazione di buona fede ex articolo 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla Pa di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative.
Consiglio di Stato, sezione IV, 25 marzo 2021, n. 2514

Giudizio amministrativo – Prove – Verificazione (Dlgs 2 luglio 2010, n. 104, articolo 66)
La verificazione è uno strumento probatorio che mira all'effettuazione di un mero accertamento tecnico di natura non valutativa. Essa comporta l'intervento, in funzione consultiva del Giudice, di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l'apporto di competenze tecniche essenziali ai fini della definizione della questione ed ha una finalità di accertamento, di fatti complessi, e dunque sulla base di competenze che implicano l'espressione di un sapere specifico.
Consiglio di Stato, sezione III, 25 marzo 2021, n. 2530

Autorizzazione paesaggistica - Permesso di costruire - Rapporto (Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 146)
Tra autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire vi è un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale. I due atti di assenso si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma l'uno in termini di compatibilità paesaggistica dell'intervento edilizio proposto, l'altro in termini di sua conformità urbanistico-edilizia. Operando su piani diversi, il rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell'altro e, di conseguenza, la mancanza del necessario titolo edilizio non consente la realizzazione di un'opera anche se per la stessa sia stato rilasciato l'atto di assenso a fini paesaggistici.
Consiglio di Stato, sezione II, 26 marzo 2021, n. 2553

Abusivismo edilizio – Demolizione – Inottemperanza (Dpr 6 giugno 2001, n. 380, articolo 31)
La ratio sottesa alla fattispecie acquisitiva al patrimonio comunale ex articoli 31, III, Dpr n. 380/2001 è quella di sanzionare non già l'abuso edilizio in sé considerato (esigenza soddisfatta, in forma specifica, mediante l'ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, con conseguente ricostituzione dell'assetto urbanistico-edilizio violato) bensì l'inottemperanza all'ordine demolitorio entro il termine all'uopo previsto dallo stesso comma 3 di tale norma, pari a 90 giorni.
Tar Lazio, Roma, sezione II quater, 23 marzo 2021, n. 3529

Sala giochi – Orario – Limitazioni (Dlgs 18 agosto 2000, articolo 50)
Il contenimento dell'orario di apertura di una sala giochi entro il limite di otto ore giornaliere, effettuato anche con apposite ordinanze del Sindaco del luogo, è rispettoso in concreto del principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici e per il tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge.
Tar Lombardia, Milano, sezione IV, 25 marzo 2021, n. 778

Sanzioni amministrative - Contestazione – Notificazione (Legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo 14)
In materia di sanzioni amministrative il termine di novanta giorni previsto dal comma 2 dell'articolo 14 della legge n. 689 del 1981 (per l'ipotesi in cui non sia possibile contestare immediatamente l'infrazione) inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta - oppure si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie - l'attività amministrativa tesa a verificare la esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell'infrazione stessa.
Tar Piemonte, Torino, sezione II, 26 marzo 2021, n. 343

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