Amministrativo

Per lo studente ammesso a medicina con riserva laurea salva se la giustizia è lenta

Il test di ammissione secondo il Tar Lazio, una volta terminati gli studi , perde il carattere originario di confronto selettivo

di Pietro Alessio Palumbo

Con riguardo al cosiddetto "effetto di consolidamento" della posizione acquisita a seguito di provvedimento cautelare vanno distinte procedure idoneative o abilitative che consentono tale speciale effetto stabilizzante e procedure competitive o concorsuali che in quanto tali non lo tollerano per connaturali esigenze meritocratiche d'interesse pubblico e di par condicio d'interesse più propriamente dei singoli antagonisti. Invero con la sentenza n.2724/2021 depositata il 4 marzo scorso, il Tar del Lazio affrontando il caso di uno (ex) studente di medicina fa ancora un passo avanti evidenziando che per quanto la prova di ammissione a un corso di studi a numero chiuso si configuri nell'immediato come avente i caratteri di procedura concorrenziale tra più candidati, una volta che un contendente (ancorché ammesso con riserva) abbia addirittura terminato il corso di studi (tanto da mutare il suo status da mero candidato a laureato) perde siffatto carattere originario di confronto selettivo. Del resto diversamente opinando - accenta pragmaticamente il Giudice capitolino - il risultato sarebbe oggettivamente paradossale: revocare il titolo allo studente ammesso con riserva, poi laureato, comporterebbe un danno per tutta la Collettività che a ben vedere ha finanziato i suoi studi con relativi corsi ed esami, fino a renderlo "dottore" della disciplina in questione.

Il generale effetto interinale dei provvedimenti cautelari
Orbene nel nostro Ordinamento non è individuabile la presenza di un principio generale di "stabilizzazione" o consolidamento di una posizione giuridica precaria determinatasi a seguito di un provvedimento giurisdizionale interinale. Quest'ultima è una tipologia di decisione pretoria destinata per sua stessa natura, ad avere effetti "a scadenza". Di tal guisa e a rigore, con riferimento a tale situazione non può legittimamente configurarsi alcun affidamento del destinatario sulla stabilità degli effetti (interinali) conseguiti. Tanto meno un siffatto affidamento sulla stabilità degli effetti di una pronuncia interinale può in generale ravvisarsi in un processo come quello amministrativo che si configura come processo ad impulso di parte. Neppure, sempre in generale, può legittimamente aspirarsi o comunque nutrirsi affidamento nell'esercizio generale di un "potere conformativo" del giudice amministrativo il quale, tenendo conto delle vicende processuali e dei complessivi comportamenti delle parti, possa modulare l'effetto della propria pronuncia rispetto al tempo. E ciò nella fattispecie in parola scaturisce in tutta evidenza dalla considerazione che l'immatricolazione non rappresenta altro se non un doveroso adempimento della misura cautelare concessa in sede giudiziale, da parte della Amministrazione.

Il caso speciale delle "abilitazioni professionali"
Per altro verso va preso in considerazione che nel 2005 è stata introdotta nel nostro Ordinamento una disciplina del tutto speciale che permette, in presenza di talune eccezionali condizioni, l'irreversibilità degli effetti derivanti da una pronuncia cautelare giurisdizionale. Segnatamente la normativa in parola prevede che conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale i candidati che abbiano superato le prove d'esame scritte e orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela. A ben vedere la disposizione in parola ha lo scopo di evitare che il superamento delle prove di un esame di abilitazione venga reso "inutile" dalle vicende processuali successive al provvedimento con il quale un giudice o la stessa amministrazione in via di autotutela, abbiano disposto l'ammissione alle prove di esame o la ripetizione della valutazione del candidato coinvolto. E per raggiungere questo scopo la disposizione rende "irreversibili" gli effetti del superamento delle prove scritte e orali previste dal bando. Si tratta di una scelta operata dal legislatore in sede di bilanciamento di interessi contrapposti. Il diritto di difesa dell'amministrazione è sì compresso, ma non eliminato, in quanto esso può comunque esplicarsi fino all'eventuale superamento delle prove. Vi è, quindi, comunque un accertamento della "idoneità" del candidato, affidato alla stessa Amministrazione. Ed è questo accertamento, e non il provvedimento del giudice, a produrre l'effetto di conseguimento dell'abilitazione, che la citata disposizione rende irreversibile. Deriva che – si badi - affinché la disposizione possa trovare applicazione occorre che la procedura non presenti caratteri concorsuali ma sia di tipo idoneativo, e che sia intervenuto da parte dell'Amministrazione un accertamento nuovo delle competenze del candidato.

.… eccezione inapplicabile a concorsi e selezioni per il pubblico impiego
La disciplina eccezionale, pertanto, non si applica ai concorsi pubblici, ma solo agli esami di abilitazione. Questi ultimi sono volti ad accertare l'idoneità dei candidati a svolgere una determinata attività professionale. Accertata questa idoneità, l'attività deve liberamente potersi esplicare. L'accertamento deve essere compiuto da un organo imparziale e dotato di adeguate competenze: è necessario che l'accertamento vi sia, mentre non è decisivo che esso abbia luogo nel corso dell'ordinario procedimento di esame o a seguito di un provvedimento giurisdizionale o di autotutela amministrativa. In altre parole la disposizione evita che gli effetti di un accertamento già compiuto, vengano "rovesciati" dal risultato finale del processo giurisdizionale.

La differenza abilitazione/concorso e il caso particolare dello studente laureato
Ebbene la ragione della applicabilità del cosiddetto principio del consolidamento alle sole procedure idoneative riposa nel fatto che in esse non esiste alcun confronto competitivo tra i candidati, potendo in teoria ognuno di essi conseguire il bene della vita al quale aspira. Ciò al contrario delle procedure concorsuali, con rifermento alle quali il bene della vita è "scarso", nel senso che sono attribuibili un numero di beni inferiore al numero degli aspiranti; con la conseguente necessità di non alterare la par condicio tra i concorrenti. Orbene nel caso di specie il superamento del test di ammissione al corso di laurea non è finalizzato a verificare la preparazione dei candidati ai fini del conseguimento del titolo di studi, tanto è vero che l'esito di tale prova non ha alcuna incidenza sulla successiva valutazione degli esami del corso di studi, né tantomeno dell'esame finale per il conseguimento della laurea. Esso è unicamente finalizzato a consentire l'accesso di un numero limitato di studenti ai relativi corsi di laurea per assicurare i necessari livelli di istruzione. E ciò implica e presuppone che tra la disponibilità di strutture e il numero di studenti vi sia un rapporto di congruità, in relazione alle specifiche modalità dell'apprendimento.

Il numero chiuso a garanzia di "predisposizione" dei candidati e qualità degli studi universitari
Per tutto ciò - secondo il Tar capitolo - per quanto la prova di ammissione al corso di studi sia evidentemente di carattere "antagonistico" tra i candidati intenti a essere collocati nel "numero chiuso" di ammessi; a corso di studi ultimato il titolo di laurea acquisisce per il "vecchio" candidato ormai "dottore", natura più propriamente abilitativa facilmente assimilabile ad una idoneità professionale. In altre parole i test di ammissione ai corsi di laurea a numero chiuso sono finalizzati a garantire un'elevata qualità dell'istruzione universitaria nazionale, ma anche evidentemente a verificare la "predisposizione" del candidato per le discipline oggetto dei corsi a numero programmato. Se la garanzia del primo aspetto può acclararsi attraverso la mancanza di eventuali disfunzioni o difficoltà per l'Amministrazione erogante il corso, causate dall'ammissione agli studi dello studente in "soprannumero"; la garanzia della "predisposizione" al tipo di studi, il candidato ammesso con riserva ma poi laureato lo ha - a questo punto - dimostrato "sul campo".

…. e infine non va sottovalutato il "paradossale" danno alla Collettività
Concludendo, una ipotizzabile pronuncia di "travolgimento" della piena validità degli esami sostenuti dallo studente (ormai) laureato, comporterebbe, paradossalmente, un danno per la Collettività tutta, risultandone gravemente mortificato l'investimento pubblico che sorregge il sistema di formazione universitaria e che ha consentito allo studente ammesso con riserva, di sostenere tutti gli esami e persino di conseguire, alla fine, l'ambito titolo di "dottore".

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