Civile

La falcidia della cessione del quinto dello stipendio nelle procedure da sovraindebitamento

I contratti di cessione di crediti futuri (stipendio, pensione, TFR) possono esser risolti con l'omologazione dell'accordo o del piano del consumatore, e le relative somme possono così entrare a far parte della massa attiva della procedura.; inoltre il debito già oggetto di un soddisfacimento attraverso la cessione, può esser falcidiato nell'ambito del piano o dell'accordo

di Monica Mandico *


L'emendamento inserito nel testo D.L. 28.10.2020, n. 137 in sede di conversione, di cui poi alla legge 18.12.2020, n. 176, ha modificato in modo significativo il testo della Legge n. 3 del 2012 sul sovraindebitamento, introducendo una serie di novità di sicura rilevanza, che se da un lato hanno anticipato l'entrata in vigore del nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza previsto per settembre 2021, dall'altro hanno dato nuova luce alla legge cosiddetta "salva suicidi".

Si premette che nella disciplina approntata dalla l. n. 3 del 2012 mancava una norma ad hoc in tema di falcidia di cessione del quinto o di delegazione dello stipendio attivate prima della presentazione dei piani di sovraindebitamento; così come mancava un' esplicito riferimento agli artt. 44 e 55 l.f., che sostanzialmente sanciscono l'inefficacia degli atti che incidono sul patrimonio del debitore e la scadenza immediata dei debiti rateizzati. Questo vuoto normativo ha comportato e alimentato dibatti dottrinali e decisioni giurisprudenziali dei giudici di merito, talvolta in contrasto tra loro, divenendo un tema caldo soprattutto quando trattato nell'ambito di procedure di sovraindebitamento.

Nell'ambito di queste procedure il problema che si è posto, fino all'entrata in vigore della miniriforma ex Legge 176/2020, è se il finanziamento assistito da "cessione di quote di stipendio/pensione" doveva essere rimborsato secondo il piano di ammortamento originariamente concordato o poteva essere falcidiato.

Capita di continuo che il soggetto sovraindebitato proponga di mettere a disposizione della massa dei propri creditori, le retribuzioni già cedute in forza di contratto di cessione del quinto, ma che a tale proposta incontri la resistenza del creditore cessionario.

Sta nei fatti che la "falcidia" di questa tipologia di debiti consente la liberazione di risorse a vantaggio di tutti i creditori, favorendo la ristrutturazione della situazione debitoria.

Il contratto di cessione del quinto dello stipendio è un mutuo chirografario in favore dei lavoratori subordinati, il cui rimborso avviene mediante il versamento di una quota della retribuzione mensile dal datore di lavoro al creditore. Si concretizza in un'operazione di cessione di un credito futuro, che sorge solo nel momento in cui matura il diritto a percepire il relativo rateo mensile del lavoratore dipendente; sino a quando il credito non viene ad esistenza, la cessione ha efficacia meramente obbligatoria e la titolarità di quanto ceduto resta in capo al cedente. Questa situazione che si viene a creare consente al debitore di disporne e di pagare, non direttamente, ma tramite una detrazione sulla busta paga e il trasferimento si verifica solo nel momento in cui il credito viene ad esistenza, per l'effetto trattasi di cessione di un credito futuro ( lo stipendio).

Per tale motivo, si è venuto a creare e a consolidare, in questi anni, un doppio orientamento giurisprudenziale:
-il primo è in linea con il principio che opera anche in ambito fallimentare – secondo cui la cessione di un credito futuro non è opponibile al fallimento e dunque alle procedure da sovraindebitamento ( si veda Trib. S. Maria Capua Vetere 2.12.2020) – qualora al momento dell'apertura della procedura concorsuale il credito non era ancora sorto e non si era verificato l'effetto traslativo della cessione (Cass. Civ., sez. I, 27 gennaio 2006, n. 1759; Cass. Civ., sez. I, 31 agosto 2005, n. 17590);
-l'altro e secondo orientamento, invece, ritiene che il contratto di cessione del quinto dello stipendio sia opponibile alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, tuttavia ciò si porrebbe in contraddizione con il potere di sospendere le procedure esecutive in corso attribuito dalla legge alla presentazione del ricorso; infatti, se la procedura produce l'effetto di sospendere i procedimenti espropriativi, lo stesso vale anche per le cessioni di credito futuro a garanzia della restituzione di prestiti (cfr. Trib. Livorno, 20 febbraio 2017, cit.; si veda anche Trib. Ancona 15.3.2018).

Invero se la cessione producesse efficacia nelle procedure di sovraindebitamento, ciò comporterebbe quale inevitabile conseguenza quella per cui il debito contratto dovrebbe essere adempiuto mensilmente, sottraendo, di conseguenza, risorse alla procedura ed impedendone così l'accesso; tale circostanza determinerebbe una disparità di trattamento tra i creditori.

La questione è oggi superata grazie alla Legge 176/2020 che ha modificato l'art.8 della L.3/12 che dopo il comma 1 ha inserito il "1-bis. : la proposta di piano del consumatore puo' prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 1, secondo periodo".

Viene così consentita la falcidia o la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione nonché di quelli derivanti da operazioni di prestito su pegno.

Dunque i contratti di cessione di crediti futuri (stipendio, pensione, TFR) possono esser risolti con l'omologazione dell'accordo o del piano del consumatore, e le relative somme possono così entrare a far parte della massa attiva della procedura.; inoltre il debito già oggetto di un soddisfacimento attraverso la cessione, può esser falcidiato nell'ambito del piano o dell'accordo.

Invero ciò che è interessante è anche il fatto, sopra accennato, che la miniriforma prevede che possano esser oggetto di falcidia e ristrutturazione anche i debiti derivanti da operazioni di prestito su pegno. Sul punto vale la pena richiamare quanto previsto dall'art. 7 che prevede che la falcidia di questo tipo di debiti, come di tutti i debiti assistiti da privilegio, possa esser operata solo allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni gravati da prelazione.

In tal modo si facilita la liberazione di risorse a vantaggio di tutti i creditori, con conseguente possibilità di soddisfare i crediti derivanti dai crediti, nell'ambito della complessiva sistemazione dei debiti. I casi riguarderanno quelle situazioni in cui la messa a disposizione di utilità, da parte del debitore, comprenda la retribuzione da lavoro e la stessa sia stata addirittura vincolata nelle limitazioni citate. Lo stesso potrà riguardare la fattispecie in cui il quinto dello stipendio sia stato oggetto da un pignoramento. Sta nei fatti che in queste ipotesi esposte, si concretizza una modificazione soggettiva del destinatario finale (o assegnatario) della somma attraverso una cessione pro solvendo di una parte del credito (Cass. 8 febbraio 2007, n. 2745; Cass 14 febbraio 2000, n. 1611).

La nuova norma chiarisce, espressamente, che la cessione "preventiva" non è opponibile alla procedura da sovraindebitamento, nel rispetto della par codicio creditorum. Anteriormente alla maturazione del diritto alla retribuzione, la titolarità della somma rimane in capo al dipendente, che la può mettere a disposizione della procedura concorsuale di ristrutturazione del debito attivata.

La cessione del quinto e l'accordo con i creditori
Segnatamente, tranne alcuni tribunali, sono molti i fori che si sono orientati per l'inopponibilità alla procedura del contratto di cessione del quinto dello stipendio. Va da sé che se la cessione del credito futuro produce conseguenze meramente obbligatorie ed opera con efficacia pro solvendo (quindi solo nel momento in cui questo viene ad esistenza) e non pro soluto, ne discende che il debitore ne conserva la titolarità fino a quando esso non viene ad esistenza. La suddetta circostanza non solo consente all'indebitato di disporne, destinandolo al soddisfacimento degli altri creditori concorsuali, ma determina altresì l'inefficacia della cessione medesima alla procedura di composizione della crisi.

In definitiva il contratto di cessione di un quinto dello stipendio e la delegazione del pagamento divengono inopponibili alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento per effetto del decreto di fissazione dell'udienza di omologazione dell'accordo, in quanto equiparato all'atto di pignoramento per espressa previsione dell'art 10 co5 L. 3/2012. Ne deriva l'inopponibilità per l'effetto di spossessamento prodotto dal pignoramento (e dal decreto di fissazione di udienza), che impedisce al cessionario di far valere l'acquisto di crediti sorti successivamente, poiché l'effetto traslativo dovrebbe prodursi in relazione a un diritto di cui il cedente ha perso la disponibilità.

Trattandosi di un'equiparazione al pignoramento, per cui gli effetti di spossessamento sono in linea con la il carattere concorsuale dell'accordo di composizione della crisi; così come avviene per i fallimenti (in cui non può dubitarsi che anche i crediti da lavoro siano acquisiti all'attivo fallimentare) anche nell'accordo di composizione della crisi e nel piano del consumatore si crea un vincolo di destinazione sul patrimonio del debitore opponibile ai terzi, con spossessamento attenuato già prima dell'omologa nel caso di accordo di composizione.

Considerato quanto statuito dall'articolo 7 della L 3/2012, ossia che è possibile la non integrale soddisfazione dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ne deriva che deve affermarsi la falcidiabilità dei crediti chirografari e tra questi quelli relativi a prestiti da estinguersi con quote di stipendio.

Tuttavia l'ipotetica e possibile contestazione che potrà esser formulata dal creditore in merito alla convenienza della proposta, deve avere elementi di paragone con la procedura liquidatoria degli artt 14-ter ss L.3/2012, per effetto della quale il credito da stipendio è utilizzabile solo nella misura eccedente a quanto occorre per il mantenimento. Tale limite opera pure in presenza di atti di disposizione di tale credito.

Ciò detto, il debito assunto nei confronti della finanziaria è un debito chirografario, il cui pagamento deve soggiacere alle regole della par condicio e dei criteri sistemici dei piani. Per cui dal momento dell'ammissione del debitore alla procedura di sovraindebitamento non si verifica più l'effetto traslativo della cessione per i ratei non ancora maturati (cfr. Trib. Busto Arsizio, 24 gennaio 2018).

La cessione del quinto e il piano del consumatore.
In caso di finanziamento il cui rimborso avviene con cessione del quinto dello stipendio, il debitore rimane nella titolarità del quinto non ancora maturato (quindi non ancora ceduto) con la conseguenza che potrà disporre di tale quota al fine di organizzare il piano del consumatore verso i creditori.

Art. 10, comma 3, legge 27 gennaio 2012, n. 3 .
Il sovraindebitato può mettere a disposizione dei creditori, attraverso la procedura ex l. 3 n. 2012 del piano del consumatore, tutta la sua retribuzione, ancorchè ne abbia già ceduto il c.d. "quinto" ad una finanziaria; questione analoga a quella che si prospetta nelle liquidazioni del patrimonio allorchè il "quinto" non sia "vincolato" attraverso la cessione del credito, ma in forza del pignoramento anteriore rispetto al piano.

Si puntualizza che la cessione "preventiva" del credito, notificata in anticipo rispetto alla proposizione del piano, e come tale opponibile a terzi (art. 1264, comma 1, c.c.), non esclude dall'ambito del trattamento concorsuale la porzione di retribuzione già "vincolata" fino al soddisfacimento integrale del credito del cessionario, essendo esclusi solo i pagamenti già eseguiti in forza della cessione in parola.

Come già sopra esposto, si discute del finanziamento effettuato da una finanziaria "garantito" dalla cessione di crediti futuri in quanto il finanziato /dipendente ha ceduto una parte di reddito che maturerà soltanto nelle mensilità future, ed è di queste che si parla perché i pagamenti già effettuati dal datore di lavoro ceduto anteriormente alla presentazione del piano sono intangibili, non potendosi applicare analogicamente le norme sulla revocatoria fallimentare ex artt. 67 e ss. l.fall., istituto proprio del fallimento.
Sul punto, partendo dal presupposto che il contratto di cessione di crediti, ha ad oggetto crediti futuri e si perfeziona per effetto del solo consenso dei contraenti, cedente e cessionario, non determina il trasferimento del credito dal cedente al cessionario, in quanto, in questi casi, il trasferimento si verifica soltanto nel momento in cui il credito viene ad esistenza e, anteriormente, il contratto, pur essendo perfetto, esplica efficacia meramente obbligatoria; pertanto, come espresso dalla giurisprudenza di legittimità, "(..) nel caso di cessione di crediti futuri e di sopravvenuto fallimento del cedente, la cessione, anche se sia stata tempestivamente notificata o accettata ex art. 2914, n. 2, c.c., non è opponibile al fallimento se, alla data della dichiarazione di fallimento, il credito non era ancora sorto e non si era verificato l'effetto traslativo della cessione" (cfr. per tutte (Cass. 17 gennaio 2012, n. 551).

Non va trascurato, inoltre un aspetto rilevante in argomento, ossia che le procedure da sovraindebitamento, seppur non equiparabili al fallimento, vanno poste nell'ambito e/o nella natura concorsuale in quanto aprono, compreso il piano del consumatore, il concorso tra i creditori sui beni del debitore, sicchè, per quanto possibile, ad esse vanno applicati (non le singole norme o istituti, ma) i principi enucleati nel quadro della legge fallimentare a salvaguardia della concorsualità e, quindi della par condicio. Ne consegue che se da un lato il contratto di cessione dei crediti non può essere travolto e venir meno da un provvedimento che a posteriori apra il concorso, è altresì vero che gli effetti che si producono dall'apertura di questo non possono che proseguire secondo i principi della par condicio.

Sul punto, la legge fallimentare al secondo comma dell'art. 55 prevede che "i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento" e precisa all'art. 44 che i pagamenti eseguiti dopo l'apertura del concorso "sono inefficaci rispetto ai creditori"; inefficacia che colpisce anche i pagamenti effettuati in forza di un pregresso ordine del giudice emesso con ordinanza di assegnazione (Cass. 22 gennaio 2016, n. 1227).

Orbene, se si muove dalla premessa fatta della natura concorsuale anche delle procedure da sovraindebitamento, ne discende inevitabilmente che gli stessi principi vanno affermati anche in queste procedure, per cui il credito del finanziatore deve ritenersi scaduto e ristrutturabile e pagamenti dello stesso non possono essere più eseguiti, anche se il debitore aveva ceduto parte dei suoi crediti futuri, giacchè nel momento in cui questi vengono ad esistenza vige il principio del divieto del pagamento dei creditori anteriori in ossequio alla par condicio (cfr. gli artt. 12 bis e ter l. n. 3 del 2012 da cui si ricava che fin dall'inizio, il giudice può disporre la sospensione delle azioni esecutive il cui divieto scatta poi con l'omologa, da cui si deduce che se il creditore non può soddisfarsi esecutivamente non può neanche essere pagato spontaneamente).

La L. 3/2012 nasce con una precipua finalità sociale e punta ad offrire una seconda opportunità a coloro i quali hanno contratto debiti allorquando potevano ragionevolmente assolverli e si sono poi trovati, per eventi imprevedibili (di varia natura), a non potere regolarmente adempiere. La norma deve pertanto essere sempre letta ed interpretata con quel favor debitoris cui il legislatore si è ispirato, al fine di evitare che il piccolo imprenditore, il professionista, l'artigiano o il consumatore in gravi difficoltà economiche si rivolgano ad usurai senza scrupoli ovvero siano portati a pensare a gesti estremi.

Nel concreto si verifica, che una volta scaduto il debito e proposta la ristrutturazione del debito con il pagamento del mutuo residuo con termini e modalità diverse da quelle originarie, il cessionario non può più beneficiare della cessione che, a garanzia del credito prevedeva una modalità di riscossione direttamente dal datore di lavoro, in quanto il mantenimento di quella originaria cessione richiederebbe successivi pagamenti periodici, che sarebbero però incompatibili, sia con la nuova situazione del debito, sia con la par condicio. Ne discende che gli impegni volontariamente assunti dal debitore, ante piano, non possono più avere effetti dal momento dell'attivazione di una procedura da sovraindebitamento, che, in virtù della universalità che la caratterizza, travolge tutte le obbligazioni precedenti, incanalandole entro l'unica procedura con cui viene dato ordine ai pagamenti sulle basi nuove della parità di trattamento e della graduazione delle cause di prelazione.

Con la riforma natalizia viene dunque concorsualizzata definitivamente la cessione del quinto (e le altre forme assimilate come la cessione del TFR o della pensione): il debito così garantito verrà gestito ed immesso nella massa dei chirografi.

La cessione del quinto e la procedura di liquidazione.
In tema di liquidazione del patrimonio, l'art. 14-undecies L. n. 3/2012 prevede che i beni sopravvenuti sono oggetti della procedura che si svolge per il resto nel rispetto della par condicio creditorum ai sensi dell'art. 14-octies, per cui la cessione del quinto a favore del cessionario cessa con l'apertura della procedura. L'art. 14-quinquies, comma 2, lett. b, L. n. 3/2012, il quale prevede che non possono sotto pena di nullità essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive sul patrimonio oggetto di liquidazione, si applica anche ai casi di pignoramento del quinto della retribuzione.

La cessione del quinto nel nuovo CCII.
La falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto, della delegazione di pagamento e della pensione, troverà una soluzione legislativa in quanto il comma 3 dell'art. 67 CCII, - che si ricorda entrerà in vigore a settembre del 2021, salvo imprevisti- in attuazione di uno specifico principio della legge delega, consente al debitore di prevedere, con il piano, anche la falcidia o la ristrutturazione dei debiti derivanti dai rapporti sopra indicati, nonché di quelli derivanti da operazioni di prestito su pegno; per cui il contrasto fra il debitore che accede ad procedura concorsuale ristrutturatoria di sovraindebitamento e il creditore cessionario del quinto è risolto in via normativa espressa a vantaggio del primo, in conformità alla soluzione dell'inopponibilità alla procedura, ancorché anteriore a quest'ultima (art. 67, comma 3, CCII).

In definitiva, con questa operazione proposta nelle procedure, si cerca di agevolare la liberazione di risorse a vantaggio di tutti i creditori, con conseguente possibilità di soddisfare i crediti derivanti dai crediti di cui sopra nell'ambito della complessiva sistemazione dei debiti, mettendo a disposizione la retribuzione eventualmente gravata da cessione del quinto, da delegazione di pagamento o da pignoramento dello stipendio. In tal modo si realizza una modificazione soggettiva del destinatario finale (o assegnatario) della somma attraverso una cessione pro solvendo di una parte del credito (Cass. 8 febbraio 2007, n. 2745; Cass 14 febbraio 2000, n. 1611).

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*Avvocato – Founder di Mandico&Partners

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