Penale

Alla guida dopo aver fumato una "canna", sanzioni solo in presenza di alterazione psico-fisica

La Cassazione, sentenza n. 3900/2021, ha accolto il ricorso di un trentenne che non presentava sintomi particolari

di Francesco Machina Grifeo

Per contestare la guida sotto effetto di sostanze stupefacenti (articolo 187 del Cds) “non è sufficiente solo la positività alla sostanza, come nel caso di guida in stato di ebbrezza, essendo necessario che lo stato di alterazione psico-fisica sia conclamato e derivi dall’uso di droga”. La Corte di cassazione, sentenza n. 3900/2021, ha così accolto il ricorso di un trentenne di Ivrea condannato in primo e secondo grado per essersi messo alla guida dopo aver assunto cannabinoidi.

Detto altrimenti, non è sufficiente che "l'agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione". “La distinzione fra lo stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacente (articolo 187 Cds) e la guida sotto l'influenza dell'alcool (186 Cds) - prosegue la IV Sezione penale -, risiede tanto nell'indifferenza alla quantità di sostanza assunta, (che invece determina la diversa sanzione nell’ipotesi dell'alcool) quanto nella rilevanza dell'alterazione psicofisica causata dall'assunzione di droga”.

La scelta legislativa di ancorare la punibilità a presupposti diversi da quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza (“per configurare la quale è sufficiente porsi alla guida dopo aver assunto alcool oltre una determinata soglia”), secondo la Cassazione “trova la sua ratio nell’apprezzamento della ritenuta maggior pericolosità dell’azione rispetto al bene giuridico tutelato della sicurezza stradale, che implica l'assenza di ogni gradazione punitiva a fronte dell'accertata alterazione psicofisica causata dall'assunzione di stupefacenti”. Un ragionamento limpido che però sembra poter giocare anche a favore dell’assuntore qualora “regga” senza alterazioni manifeste l’uso delle droghe. Un elemento che, come detto, invece, non rileva per l’alcool, dove la punibilità scatta comunque al superamento di una determinata quantità a prescindere dalla alterazione riscontrata.

“Nondimeno - prosegue la decisione rilevando una almeno potenziale contraddizione - il legislatore, condiziona la punibilità all'effettivo accertamento non della mera assunzione della sostanza, madi uno stato di alterazione da quella derivante, con ciò intendendo la compromissione dei rapporti fra processi psichici ed i fenomeni fisici che riguardano l'individuo in sé ed suoi rapporti con l'esterno”. Alla sintomatologia dell'alterazione, deve, dunque, accompagnarsi l'accertamento della sua origine e cioè dell'assunzione di una sostanza drogante o psicotropa, “non essendo la mera alterazione di per sé punibile, se non derivante dall'uso di sostanza, né essendo tale il semplice uso non accompagnato da alterazione”.

Diversamente dall'ipotesi di guida sotto l'effetto di alcool, l'accertamento non può dunque limitarsi né alla sola sintomatologia, né al solo accertamento dell'assunzione, ma deve compendiare i due profili. “Laddove però – prosegue la sentenza - siffatto accertamento, senza dubbio più complesso di quello previsto per la guida in stato di ebbrezza alcolica, dia esito positivo”, e qui si rinviene la considerazione del maggior 'disvalore', “l’assenza di soglie implica di per sé l'integrazione del reato”. Un reato che coerentemente il legislatore ha agganciato nel trattamento sanzionatorio “alla più grave sanzione prevista dall'art. 186, comma 2, lett. c)".

In definitiva, la constatazione della sintomatologia determina l'avvio di un procedimento finalizzato a verificare se essa è correlata all'assunzione di sostanze droganti. E le modalità di accertamento, non implicano necessariamente l'accertamento ematico (da ritenersi - ove positivo - risolutivo sulla causa scatenante l'alterazione), ma consentono di far risalire l’origine dell'alterazione psicofisica all'uso di droghe “anche attraverso accertamenti biologici diversi come l’esame delle urine, che seppure di per sé non esaustivi, sono certamente indicativi della pregressa assunzione”.

Tornando al caso concreto, la Corte territoriale invece ha omesso “ogni approfondimento sullo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti, limitandosi alla constatazione, da parte degli operanti, del sintomo del rossore degli occhi, senza affrontare, nondimeno, il riscontro di quegli elementi di elisione dell'equivocità del quadro risultante dagli accertamenti svolti, né ricordare che l’alterazione psico-fisica implica una modifica comportamentale che renda pericolosa la guida di un veicolo, diminuendo l'attenzione e la velocità di reazione dell'assuntore”.

 

 

 

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