Civile

La valenza della Carta di Noto, nelle procedure di audizione del minore vittime di abuso sessuale

di Giorgio Vaccaro

Il tema dell'ascolto del minore e quindi del “coinvolgimento” dello stesso nel mondo della giurisdizione, è un tema al quale non ci si può avvicinare mancando di rilevare come la diversa “capacità” dello stesso, di impostare il suo pensiero sia, il più delle volte, determinante nelle scelte che un magistrato dovrà poi compiere.

Il fatto che la neuropsichiatria e la psicologia giuridica abbiano unanimemente affermato come, sia proprio l'interazione fra un adulto ed un minore, l'elemento chiave per valutare il “detto” del minore, costituisce un principio di comune conoscenza che ben può assurgere, ormai, alla dignità del fatto di “comune esperienza”.

Al contrario osserviamo come, nella giurisprudenza del Supremo Collegio, per rinforzare il diverso ragionamento della “preclusione in sede di legittimità” della possibilità di valutazioni sui fatti, si torni, con ciclica temporalità, a discutere della “valenza” della Carta di Noto come di un documento “non avente valore tassativo”.

Un esempio in tal senso è dato dalla pronuncia della Quarta Sezione Penale (Pres. Bianchi, Rel. Cons. Dovere) che con la Sentenza nr. 33584 pubblicata il 1 agosto 2016 ha inteso rigettare un ricorso avverso la pronuncia di condanna della Corte di appello di Milano, ricorso nel quale si lamentava, tra l'altro “l'attendibilità” delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, minore, in quanto asseritamente assunte con modalità difformi da quelle prescritte dalla legislazione convenzionale e lamentando il sospetto della esistenza di “domande suggestive”.

La Corte con la sentenza in nota si limita a rigettare il motivo su riassunto richiamandosi ai precedenti arresti (ex multis la sentenza nr. 5754 /14 della terza sez.) che avevano escluso la nullità o l'inutilizzabilità delle dichiarazioni raccolte per “inosservanza dei protocolli previsti” richiamandosi al più generale principio della corretta e doverosa possibilità per il giudice del merito di tener conto di tutte le dichiarazioni le circostanze e gli elementi acquisiti al processo.

Ora premesso che tale facoltà ermeneutica resta indiscutibile proprio nell'ottica della garanzia del giusto processo e della libertà del convincimento del giudicante, non v'è chi non veda come il ridimensionare un protocollo scientifico, ribadendo espressioni stereotipate dai precedenti, sia operazione diversa assolutamente rischiosa proprio per la tutela del diritto del minore a non rimanere “incastrato” nelle dinamiche dell'assunzione di un suo pensiero che venga “congelato processualmente” per il mancato rispetto dei criteri scientifici di raccolta.

Vero è, infatti che sul tema, altre più illuminate Sentenze (si veda fra tutte la nr. 17339 depositata nell'aprile del 2013 - Pres. Squassoni, Rel. Rosi) abbiano, al contrario, riconosciuto alla Carta di Noto lo specifico valore dell'esser questa - un formidabile strumento di verifica dei dati probatori acquisiti nel processo – c'è da considerare come, fermo restando il fatto che il giudice - sempre a garanzia della giusto processo - dovrà comunque e sempre “tener conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo” non di meno, quanto indicato, sin dagli anni '90 e raccolto nel documento chiamato “Carta di Noto” non può esser sottovalutato e sminuito a mero “così detto protocollo” tecnico.

Questo proprio perché regola, al meglio delle conoscenze dalla comunità scientifica, un lavoro, un'attività para-processuale che è di squisita fattura psicogiudica che non può né deve esser ignorata, senza il rischio di far entrare nel “materiale probatorio processuale” degli elementi che “avvelenino” la bontà della ricostruzione in fatto, quella che poi deciderà sulla colpevolezza o meno di un imputato, ma sopratutto senza raccogliere quanto dichiarato dal minore nel pieno rispetto delle garanzie scientifiche previste per lo stesso.
La Carta di Noto, come ogni documento scientifico e come riconosciuto dalla appena citata Sentenza Squassoni della Suprema Corte, costituisce un “formidabile strumento di verifica dei dati probatori acquisiti nel processo” perché consente di comprendere come, in quel processo, l'elemento più delicato ed incerto nella sua formazione - il detto, il ricordato di un soggetto minore - sia stato raccolto.

Certamente nessun giudice - sempre nel rispetto dell'attenzione a tutti gli “elementi altri che collaborano a formare il convincimento finale” - si sognerebbe mai di discutere dell'efficacia dei protocolli medici riconosciuti dalla comunità dei cardiologi o degli ecografisti, nel valutare la “responsabilità medica”: questo proprio perché le metodologie indicate nei Protocolli, costituiscono pacificamente le esplicitazioni delle miglior “routine” richieste agli operatori del settore.

Tant'è che vengono universalmente richiamate con il termine riassuntivo di “best practices”.
Per l'area scientifica della neuro psichiatria infantile e della psicologia giuridica, la Carta di Noto ed i suoi successivi aggiornamenti (l'ultimo dei quali è del 2002) costituisce, ormai da oltre un ventennio, il protocollo di regole condivise che “l'esperto deve mettere in atto per esaminare un minore in caso di abuso sessuale”.

Nella Carta di Noto sono quindi riportate tutta una serie di “attenzioni” che, lungi dal voler rendere più complicata la “assunzione” di un “ricordo”, consentono all'esperto di poter versare nel processo un prodotto scientificamente utilizzabile e credibile, diversamente opinando si manterrà aperta la strada per la replica ad errori “giudiziari” che potranno reiterare, ad esempio, le vicende tristemente note - per l'incredibile danno causato dall'atecnica interazione tra la giurisdizione ed il mondo dei minori - come è stato per il caso dell'esito del processo della Scuola di Rignano Flaminio.

In buona sostanza, nell'assoluto rispetto dell'opera ermeneutica del giudice del processo, che deve rimanere libero di attingere anche ad “elementi altri che collaborano a formare il convincimento finale”, la valenza della Carta di Noto, nel superiore interesse del Minore deve essere riconosciuta, senza se ne ma, come tutti gli altri Protocolli scientifici come elemento insuperabile nella verifica di quel particolare dato probatorio, al quale si sia dato ingresso nell'istruttoria processuale, il “detto di un minore”.

Il ricordo, il dichiarato, di un minore, è cosa diversa assolutamente da qualunque altra forma di esplicitazione di un “accadimento”, potendo il minore rimanere potentemente influenzato da elementi, interni ed esterni, a lui stesso; l'ambito dell'ascolto è quindi un ambito che “processualmente” non dovrebbe essere praticabile da chi non abbia una solida conoscenza psicogiuridica e non rispetti le “best practies” di quella specifica comunità scientifica.

Ogni valutazione che sia anche astrattamente riduttiva della Carta di Noto, lungi dall'indebolire il portato scientifico di questa, riduce la nettezza e la correttezza di un elemento della struttura probatoria processuale e, certamente, non è valutazione conforme al senso del principio cardine del nostro ordinamento, quello del superiore interesse del minore.

Corte di cassazione - Sentenza 33584 del 1° agosto 2016

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