Civile

Consulta, su elezioni politiche e contenzioso preelettorale non è esclusa la giurisdizione ordinaria

L'articolo 66 della Costituzione non sottrae al giudice ordinario la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni


In materia di elezioni politiche e contenzioso preelettorale non è esclusa la giurisdizione ordinaria sull'ammissione di liste o di candidati . La Costituzione infatti non esonera il giudice ordinario – quale giudice "naturale" dei diritti – sul contenzioso che nasce nel cosiddetto procedimento preparatorio alle elezioni politiche nazionali, comprese quindi le controversie relative all'ammissione di liste o di candidati, coinvolgendo il diritto di elettorato passivo garantito dall'articolo 51 della Costituzione. Sono alcune delle affermazioni contenute nella sentenza n.48 (relatore Nicolò Zanon) depositata oggi, con cui la Corte costituzionale ha deciso le questioni sollevate dal Tribunale di Roma sul Testo unico delle norme per l'elezione della Camera dei deputati (articolo 18-bis Dpr n. 361 del 1957). La Consulta ricorda che, nonostante la garanzia di indipendenza delle Camere attraverso la riserva alle Giunte parlamentari del compito di giudicare i titoli di ammissione dei proclamati eletti, l'articolo 66 della Costituzione, sia nella formulazione testuale sia alla luce dei lavori dell'Assemblea costituente, «non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un'assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione».

La vicenda che ha dato origine all'intervento del giudice delle leggi ha al centro un ricorso dell'associazione politica + Europa e di un candidato della medesima lista, il Tribunale dubitava della legittimità dell'articolo 18-bis là dove stabilisce, da un lato, il numero minimo di sottoscrizioni che ciascuna lista deve raccogliere per presentarsi alle elezioni per la Camera dei deputati e, dall'altro, l'ambito dei soggetti esonerati dal relativo onere. Secondo il Tribunale, in particolare, doveva considerarsi eccessivo il numero di firme da raccogliere in ciascun collegio plurinominale (almeno 1500), e troppo ristretto il novero dei soggetti politici esonerati dall'onere di raccogliere le sottoscrizioni (limitato ai soggetti costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere).

Per la Corte - dopo aver preso atto dell'assenza di un rito processuale che, in relazione alle elezioni politiche nazionali, consenta la tutela giurisdizionale tempestiva del diritto di elettorato passivo - sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, soprattutto al fine di evitare il permanere di un ambito dell'ordinamento giuridico immune dal controllo di costituzionalità. Si legge infatti nella sentenza: «In un quadro in cui è la stessa Costituzione a disporre termini stringenti (in base all'articolo 61 della Costituzione le elezioni delle nuove Camere devono svolgersi entro 70 giorni dalla fine delle precedenti), ne deriva la necessità, anche per le elezioni politiche, della previsione di un rito ad hoc, che assicuri una giustizia pre-elettorale tempestiva.
In attesa del necessario intervento del legislatore, allo stato attuale della normativa e delle interpretazioni su di essa prevalenti, l'azione di accertamento di fronte al giudice ordinario – sempre che sussista l'interesse ad agire (articolo 100 del Codice di procedura civile) – risulta l'unico rimedio possibile per consentire la verifica della pienezza del diritto di elettorato passivo e la sua conformità alla Costituzione».

Per quanto riguarda le censure sollevate nel ricorso, quella relativa al numero minimo di sottoscrizioni necessario per presentare liste nei collegi plurinominali è stata comunque ritenuta non fondata: vista l'ampia discrezionalità che il legislatore ha in materia e l'interesse costituzionalmente rilevante alla serietà delle candidature, la quantità di firme richieste non è stata giudicata manifestamente irragionevole.
Il secondo motivo, volto a estendere l'ambito dei soggetti esonerati dall'onere di raccolta delle sottoscrizioni, è stato invece ritenuto inammissibile, perché scarsamente motivato, sia sull'interesse ad agire dei ricorrenti nel giudizio a quo, sia, di riflesso, sulla rilevanza.

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