Penale

D. Lgs n. 231/01: il punto sulle responsabilità delle aziende all'estero

Sulla questione si è recentemente espressa la Suprema Corte di Cassazione penale, Sezione VI, con la sentenza n. 11626/2020 statuendo che anche le società estere, operanti in Italia, sono soggette alle prescrizioni e alla responsabilità previste dal decreto legislativo 231/2001

di Elena Imi*


In tema di responsabilità degli enti, negli ultimi anni, si è assistito a una sempre maggiore sensibilità sia livello europeo che internazionale tanto che sono previste forme di responsabilità penale o comunque sanzioni direttamente applicabili agli enti collettivi, in quasi tutti gli ordinamenti giuridici europei naturalmente con le dovute differenze e peculiarità.

La cd. «internazionalizzazione» della responsabilità da reato degli enti, pertanto, interessa sotto un duplice profilo, da un lato, rileva, infatti, la responsabilità dell'ente straniero a vantaggio o nell'interesse del quale viene commesso un reato in Italia e, dall'altro, la responsabilità dell'ente (nazionale o straniero) con sede principale in Italia che commette un reato all'estero.

Per quanto attiene al secondo aspetto, la disciplina è specificamente indicata nell'art, 4, d.lgs. 231/2001, a mente del quale, nei casi e secondo le condizioni previste dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all'estero, purché nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto.

Con riferimento, invece, al primo profilo, il d.lgs. 231/2001 non contiene disposizioni specifiche per gli enti stranieri che non hanno la sede principale nel nostro territorio nel caso in cui i soggetti indicati dall'art. 5, d.lgs. 231/2001 commettano uno dei reati presupposto previsti dalla nostra normativa.

Ebbene sul punto si è recentemente espressa la Suprema Corte di Cassazione penale, Sezione VI, con la sentenza n. 11626/2020 statuendo che anche le società estere, operanti in Italia, sono soggette alle prescrizioni e alla responsabilità previste dal decreto legislativo 231/2001.

La norma, infatti, secondo i giudici di legittimità, non prevede alcuna distinzione fra società aventi sede in Italia e quelli avente sede all'estero.

Si tratta, infatti, di una responsabilità che seppur autonoma è comunque "derivata" dal reato e quindi la giurisdizione dev'essere apprezzata rispetto al reato presupposto, a nulla rilevando che la colpa in organizzazione e dunque la predisposizione di modelli non adeguati, sia avvenuta all'estero.

Nel caso in cui la società pertanto operi in Italia è soggetta all'obbligo di osservare la legge italiana e, in particolare, quella penale, a prescindere dalla sua nazionalità o dal luogo ove esso abbia la propria sede legale ed indipendentemente dall'esistenza o meno nel Paese di appartenenza di norme che disciplinino in modo analogo la medesima materia, anche con riguardo alla predisposizione e all'efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione atti ad impedire la commissione di reati fonte di responsabilità amministrativa dell'ente stesso.

La Suprema Corte di Cassazione ha specificato poi che, in caso contrario, l'inapplicabilità alle imprese straniere delle regole e degli obblighi previsti dal Decreto 231 ed il conseguente esonero da responsabilità amministrativa realizzerebbe un'indebita alterazione della libera concorrenza rispetto agli enti nazionali, consentendo alle prime di operare sul territorio italiano senza dover sostenere i costi necessari per la predisposizione e l'implementazione di idonei modelli organizzativi.

____

*A cura di Elena Imi, associate di Marazzi & Associati

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

Correlati

Avv. Fabrizio Ventimiglia

Riviste