Civile

Derivati di Stato e danno erariale, giurisdizione contabile per i dirigenti del Mef

Per le S.U., sentenza n. 2157/21, invece, la banca advisor non è soggetta al giudizio della Corte dei conti

di Francesco Machina Grifeo

Le Sezioni Unite della Cassazione rimandano davanti al giudice contabile, per un presunto danno erariale da 4miliardi di euro, gli ex vertici del Ministero del Tesoro per aver sottoscritto, a copertura del debito italiano, derivati ad alto rischio avendo come controparte e advisor la banca d'affari Morgan Stanley. Giudizio da rifare dunque per gli ex direttori generali del Mef Vittorio Grilli e Domenico Siniscalco (diventati poi entrambi Ministri) e gli ex Direttori del Dipartimento debito pubblico Maria Cannata e Vincenzo La Via. In particolare nel mirino era finita la chiusura anticipata dei contratti, tra dicembre 2011 e gennaio 2012, grazie ad una clausola sbilanciata a favore della banca (che ne limitativa l'esposizione debitoria) e che sarebbe stata subita passivamente dai manager.
Nel marzo del 2019, invece, la Sezione centrale della Corte dei conti (in appello) aveva chiuso il caso per difetto di giurisdizione.

Con la sentenza n. 2157 depositata il 1 febbraio , la Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso del Procuratore generale delle Corte dei conti. Parzialmente perché ha escluso dall'azione per danno erariale la banca. Neppure il duplice ruolo svolto da Morgan Stanley, controparte e advisor delle operazioni, consente di far rientrare l'istituto nella giurisdizione contabile. Secondo la Corte infatti il rapporto non si è mai connotato "come relazione di servizio comportante l'assunzione di potestà pubblicistiche ed il suo inserimento, anche temporaneo, nell'organizzazione del Ministero quale agente di questo in ordine alle scelte di negoziazione in strumenti finanziari derivati e di gestione del debito pubblico sovrano". L'uscita di scena della banca rende a questo punto comunque non recuperabile la somma monstre richiesta dalla Procura.

Per quanto concerne i vertici del Mef, la Cassazione, con un principio di diritto, ha invece affermato che "ferma restando l'insindacabilità giurisdizionale delle scelte di gestione del debito pubblico, da parte degli organi governativi, mediante ricorso a contratti in strumenti finanziari derivati, rientra nella giurisdizione contabile, in quanto attinente al vaglio dei parametri di legittimità e non di mera opportunità o convenienza dell'agire amministrativo, l'azione di responsabilità per danno erariale con la quale si faccia valere, quale petitum sostanziale, la mala gestio alla quale i dirigenti del Ministero del Tesoro (oggi MEF) avrebbero dato corso, in concreto, nell'adozione di determinate modalità operative e nella pattuizione di specifiche condizioni negoziali relative a particolari contratti in tali strumenti". Gli ex manager pubblici torneranno dunque davanti alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Lazio (in diversa composizione), per la celebrazione del primo grado di giudizio.

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