Famiglia

Il minore è parte del processo in senso sostanziale e non formale

L'audizione può essere omessa solo nel caso in cui sussistano particolari ragioni che devono essere indicate dal giudice, in modo puntuale e specifico

di Valeria Cianciolo

In generale i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, perché la legittimazione processuale non risulta attribuita loro da alcuna disposizione di legge; essi sono, tuttavia, parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori. La tutela del minore, in questi giudizi, si realizza mediante la previsione che deve essere ascoltato, e costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore il suo mancato ascolto, quando non sia sorretto da un'espressa motivazione sull'assenza di discernimento, tale da giustificarne l'omissione. Questo il principio ribadito dalla Cassazione con l'ordinanza 3159/2021.

Il caso
Nel caso in esame, la Corte d'appello aveva disposto il collocamento della minore presso la madre, disponendone altresì, l'affidamento ai servizi sociali che avevano il compito di favorire gli incontri tra padre e figlia. Fra le varie motivazioni addotte dal padre nel suo ricorso dinanzi alla corte di cassazione, vi era quello relativo alla violazione e falsa applicazione della normativa internazionale in materia di audizione dei minori: infatti, la corte d'appello aveva collocato la minore presso la madre, tenendo conto della sola relazione dei servizi sociali depositata dal difensore della donna, non provvedendo ad ascoltare la figlia, adempimento questo, necessario a pena di nullità ai sensi dell'articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, con conseguente violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo.
La cassazione ha ritenuto tale motivo fondato e cassato la sentenza, con rinvio alla corte d'appello, ribadendo un principio già espresso negli ultimi anni più volte, in forza del quale "i minori nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, ma sono, tuttavia, parti sostanziali, in quanto portatori di interessi, comunque, diversi, quando non contrapposti rispetto ai loro genitori... La tutela del minore in questi giudizi si realizza mediante la previsione che il minore stesso deve essere ascoltato e costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorii Il suo mancato ascolto quando non sia sorretto da una espressa motivazione sull'assenza di discernimento tale da giustificarne l'omissione…"

La questione dell'ascolto del minore
Il tema dell'ascolto del minore, del suo inquadramento giuridico e dei suoi presupposti legittimanti approda ancora una volta al vaglio della Cassazione.
Certamente, quello dell'ascolto del minore è un tema molto delicato che solleva dubbi alimentati dalle peculiarità dell'istituto, impregnato di valori psico-pedagogica.
Occorre partire, per l'operatore giuridico, dal dato normativo.
L'articolo 12 della Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo è una norma fondamentale: secondo il Comitato, il diritto del minore ad essere ascoltato si pone sullo stesso piano dei principi generali relativi alla non discriminazione e all'interesse superiore del minore e del diritto alla vita (General Comment n. 12, CRC/C/GC/12).
La norma prevede che il minore, capace di discernimento, ha il diritto di esprimere la sua opinione su qualunque questione lo riguardi. L'opinione del fanciullo è poi presa in considerazione in ragione dell'età e del grado di maturità raggiunto. In particolare, in pendenza di procedure giudiziarie o amministrative che lo riguardano al fanciullo va riconosciuto il diritto di essere ascoltato.
Il secondo comma dell'articolo 12 verte sull'opinione del minore nell'ambito dei procedimenti che lo riguardano ("A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale"), come testimoniato dalla disciplina della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli (25 gennaio 1996), resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77, e dal Reg. CE 27.11.2003, n. 2201/2003 sulla competenza giurisdizionale e il riconoscimento delle decisioni in materia di scioglimento del matrimonio e di responsabilità genitoriale. La prima prevede una disciplina organica dei diritti del minore nell'ambito dei procedimenti giudiziari; il secondo annovera il mancato ascolto del minore tra le cause che ostano al riconoscimento di una decisione in materia di responsabilità genitoriale.
Con la riforma della filiazione del 2012 e del 2013, negli ultimi due lustri si è passati nel nostro paese, da una normativa scarna che prevedeva l'audizione del minore solo in alcune ipotesi, ad una disciplina più garantista ed attenta, che vede l'istituto dell'ascolto perno di tutti i procedimenti che riguardano il minore (Acierno, Ascolto del minore: cosa è cambiato con il D.Lgs. n. 154/2013?, in Giur. it., 2014, 1274 ss.).

Assistenza di un difensore o nomina di un curatore
Nel caso di specie, la Cassazione ha sostanzialmente affermato che la posizione di "parte" del minore non può essere pretermessa nel procedimento che lo riguarda. Si aggiunga poi che l'articolo 336, commi 2 e 4, cod. civ., afferma che il minore non solo va sentito se ultradodicenne, ovvero anche se infradodicenne ove capace di discernimento, ma deve essere altresì assistito da un difensore.
Sull'estensione della norma codicistica, si registrano posizioni differenti: un primo si colloca in posizione più cauta e un altro, invece, sposa una posizione di più largo respiro, facendo leva su una sentenza della Corte Costituzionale (C. Cost. 30 gennaio 2002 n. 1) che per prima riconosce la grande importanza dell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
L'indirizzo più prudente sottolinea che il procedimento di cui all'articolo 336 cod. civ. non prevede, a differenza del dall'articolo 10 della legge n. 183 del 1984, l'invito ai genitori o, in loro assenza, ai parenti a nominare un difensore, né l'informazione che, qualora non vi provvedano, si procederà alla nomina di un difensore d'ufficio, perché, nel modello procedimentale codicistico, la difesa tecnica è solo eventuale ed è rimessa alla libera scelta delle parti.
Viceversa, il secondo indirizzo afferma che nei giudizi riguardanti l'adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale, l'articolo 336, 4 comma, cod. civ., richiede la nomina di un curatore speciale (articolo 78 cod. proc. civ.), ove non sia stato nominato un tutore provvisorio.
Quello della presenza dell'avvocato del minore è un tema molto dibattuto, sul quale solo incidentalmente la Cassazione in oggetto, si sofferma.
Rimane comunque, il principio di fondo ribadito dall'ordinanza in esame, ossia, che rappresenta una violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore il mancato ascolto che non sia sorretto da un'espressa motivazione sull'assenza di discernimento, che sia tale da giustificarne l'omissione. Tutte le ultime pronunce della Suprema Corte sul tema, insistono sulla configurazione dell'ascolto del minore ultradodicenne (o anche di età inferiore laddove capace di discernimento) come adempimento necessario del processo e con esso sulla derivata conseguenza della nullità nell'ipotesi di mancato ascolto. (Cfr. Cass. Civ. ord. 11 giugno 2019, n. 15728; Cass. Civ. ord. 17 aprile 2019, n. 10874).
La relativa audizione può essere omessa, ma solo nel caso in cui, tenuto conto del grado di maturità del minore medesimo, sussistano particolari ragioni che devono essere indicate dal giudice, in modo puntuale e specifico. Ragioni che la Corte d'Appello nel caso di specie non ha in alcun modo espresso.

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