Società

Società in house: controllo analogo e operazioni societarie aggregative

Deferita alla Corte di giustizia la questione dell'eurocompatibilità dell'affidamento diretto di un servizio pubblico a una società (divenuta) priva del requisito del controllo analogo a seguito di una (legittima) operazione societaria di aggregazione.

di Rossana Mininno

Consiglio di Stato, sez. IV, Ordinanza del 18 novembre 2020 n. 7161

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato è stata chiamata a pronunciarsi, in sede giurisdizionale, in ordine alla (perdurante) legittimità dell'affidamento diretto del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani in ambito provinciale a una società per azioni che abbia perso, a seguito di un'operazione societaria di aggregazione, i requisiti del controllo analogo pluripartecipato rispetto a taluno degli originari enti locali che avevano affidato il servizio.

Nella fattispecie scrutinata la società in questione, inizialmente a totale partecipazione pubblica e a capitale ripartito tra i Comuni della Provincia interessata, ha dovuto, versando in stato di crisi, ricercare, tra le altre società a partecipazione pubblica di gestione di servizi pubblici attive sul mercato italiano, un soggetto adatto a concludere un'operazione aggregativa ai sensi dell'articolo 1, comma 611, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).

Norma - quest'ultima - relativa all'avvio, da parte degli enti locali, «al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell'azione amministrativa e la tutela della concorrenza», di un «processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute», attuabile anche attraverso la «aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica» (lettera d).

Per l'ipotesi di successione, «a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni», di un operatore economico al concessionario iniziale l'articolo 3-bis, comma 2-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dispone che il nuovo operatore economico «prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste».

Il punctum dolens - come rilevato dai Giudici amministrativi - ha riguardato l'eurocompatibilità del modello di subentro riveniente dal combinato disposto delle citate disposizioni, in virtù del quale la pubblica gara espletata per la selezione dell'operatore economico con cui effettuare l'aggregazione non ha ad oggetto l'affidamento del servizio, ma l'attribuzione del pacchetto azionario della società deputata allo svolgimento del servizio.

La genesi dell'in house providing.

Un esempio emblematico della relatività e storicità dell'antinomia tra affidamento diretto e tutela della concorrenza è l'in house providing, costituente, ontologicamente, un modello organizzativo di gestione diretta del servizio pubblico opposto a quello dell'esternalizzazione (outsourcing), tramite cui la Pubblica Amministrazione reperisce prestazioni rivolgendosi a un ente distinto sul piano formale, ma assimilabile, sul piano sostanziale, a un prolungamento organizzativo della medesima Amministrazione.

L'utilizzabilità di tale modello gestorio è possibile in primis in ragione della facoltà di auto-produzione riconosciuta in capo alle Pubbliche Amministrazioni e che consente alle medesime di organizzare e svolgere compiti di interesse pubblico attraverso proprie risorse amministrative, tecniche ed economiche senza alcun obbligo di rivolgersi all'esterno (Corte di giustizia dell'Unione europea, 13 novembre 2008, causa C-324/07, Coditel Brabant; 10 settembre 2009, causa C-573/2009, Sea; 8 dicembre 2016, causa C-553/15, Undis).

Nell'ordinamento eurounitario detta facoltà si è tradotta nel principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche (c.d. principio di auto-organizzazione), comportante una sostanziale equivalenza tra le diverse modalità di affidamento e di gestione dei servizi di interesse delle Pubbliche Amministrazioni, le quali «possono liberamente organizzare l'esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell'Unione» (articolo 2, comma 1, della direttiva 2014/23/UE - c.d. Direttiva concessioni).

L'istituto dell'i n house providing è stato coniato a livello pretorio con l'intento di coniugare il principio di auto-organizzazione con la tutela della concorrenza nelle ipotesi in cui beneficiario dell'affidamento sia un soggetto societario formalmente distinto dall'ente pubblico affidante. La declinazione dell'istituto si è avuta nel 1999 nel noto caso Teckal (cfr. 18 novembre 1999, causa C-107/98), in occasione del quale i Giudici europei - chiamati a pronunciarsi sull'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/50/CEE - hanno individuato le condizioni legittimanti l'affidamento diretto del servizio pubblico in deroga alle regole generali imperniate sul modello di selezione del contraente tramite procedura competitiva a evidenza pubblica: alla Pubblica Amministrazione è stata riconosciuta la possibilità di procedere ad affidamenti diretti di appalti o concessioni a società dotate di personalità giuridica nei casi in cui l'Amministrazione affidante eserciti sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (elemento strutturale) e il soggetto affidatario svolga, prevalentemente, attività intra moenia a favore dell'ente pubblico affidante (elemento funzionale).

In presenza di tali condizioni il mancato ricorso alla procedura competitiva non comporta una violazione del principio della concorrenza, essendo la relazione di alterità intercorrente tra i due soggetti soltanto formale e non anche sostanziale.

Le condizioni legittimanti l'affidamento in house hanno costituito ‘diritto vivente' di creazione giurisprudenziale fino al 2014, anno in cui il legislatore eurounitario ha proceduto alla positivizzazione dell'istituto. In coerenza con il principio di auto-organizzazione l'articolo 12 della direttiva 2014/24/UE (c.d. Direttiva appalti), nel perimetrare l'area applicativa della direttiva stessa, ha testualmente escluso l'appalto aggiudicato da un'Amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o privato al ricorrere - congiunto - delle seguenti condizioni: «a) l'amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; b) oltre l'80% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; e c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata».

La trasposizione - dal piano giurisprudenziale a quello normativo - dell'istituto dell'in house providing è avvenuta, nel nostro ordinamento, in sede di recepimento delle direttive del 2014 da parte del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il "Codice dei contratti pubblici" (cfr. articoli 5 e 192). Con il successivo decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il "Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica" (c.d. TUSP), il legislatore nazionale è intervenuto in chiave tipologica, introducendo l'archetipo normativo della società in house, frutto della positivizzazione di alcuni principi già enunciati a livello giurisprudenziale (cfr. articoli 2 e 16).

Il controllo analogo nella società in house.

Il TUSP fornisce la definizione sia di controllo analogo che di controllo analogo congiunto.
Per controllo analogo si intende «la situazione in cui l'amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui proprie servizi, esercitando un'influenza determinane sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata» (articolo 2, comma 1, lettera c). Per controllo analogo congiunto si intende «la situazione in cui l'amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi» (articolo 2, comma 1, lettera d).

Al fine della configurabilità del controllo analogo congiunto, tuttavia, il legislatore del TUSP ha prescritto il ricorrere delle condizioni di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, le quali attengono, precipuamente, alla composizione degli organi decisionali della persona giuridica controllata (i quali devono essere composti da rappresentanti di tutte le Amministrazioni aggiudicatrici), all'oggetto dell'influenza determinante esercitata congiuntamente dalle Amministrazioni aggiudicatrici (la quale deve essere esercitata sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata) e agli interessi perseguiti dalla persona giuridica controllata (i quali non devono essere contrari a quelli delle Amministrazioni aggiudicatrici controllanti). Le citate disposizioni si appalesano come meramente ricognitive di indirizzi giurisprudenziali consolidatisi a livello sia eurounitario che nazionale.

I Giudici eurounitari, nel dettagliare i contorni dell'istituto dell'in house providing, hanno chiarito che al fine della ricorrenza del requisito del controllo analogo la partecipazione dell'ente pubblico di riferimento deve essere totalitaria, attesi i rischi di elusione della normativa sulla concorrenza che potrebbero discendere dall'affidamento diretto a favore di una società a capitale misto (11 gennaio 2005, causa C-26/03, Stadt Halle). Analogamente, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha statuito che «la sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalitaria» (3 marzo 2008, n. 1).

I Giudici eurounitari hanno, in seguito, ulteriormente precisato che la partecipazione totalitaria, benché in astratto idonea a configurare il controllo analogo, potrebbe, nel caso concreto, non essere sufficiente ove il Consiglio di amministrazione disponga di «amplissimi poteri di gestione che può esercitare autonomamente» (13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen): per ovviare a ciò la partecipazione pubblica totalitaria deve essere accompagnata da strumenti di controllo tali da consentire all'ente pubblico socio l'esercizio di poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza sociale ovvero di poter influire sugli obiettivi strategici e sulle decisioni importanti della società (11 maggio 2006, causa C-340/04, Carbotermo).

In caso di società pluripartecipata (in house c.d. plurifrazionato) non è stata ritenuta necessaria, per la configurabilità del controllo analogo congiunto, la detenzione di un potere di controllo individuale da parte di ciascuna Amministrazione partecipante: per l'esercizio, in maniera congiunta, del controllo è stata reputata sufficiente la partecipazione di ciascuno dei soci pubblici sia al capitale sociale che agli organi direttivi (29 novembre 2012, cause C-182/11 e C-183/11, Econord; Cons. Stato, Sez. V, 30 aprile 2018, n. 2599).

Il requisito dell'in house providing è soddisfatto nell'ipotesi in cui al singolo ente pubblico detentore di una partecipazione c.d. pulviscolare (ovvero pari allo 0,1% del capitale sociale) sia consentito di influire sulla gestione della società partecipata attraverso un meccanismo di elezione dell'organo amministrativo che permetta al medesimo ente la designazione di un suo rappresentante sia in via individuale che tramite la partecipazione «a "cordate" di soci» (Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2017, n. 3554).

Il quesito oggetto di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia eurounitaria.

Con l'ordinanza n. 7161 del 18 novembre 2020 i Giudici della Quarta Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, dopo aver osservato che «lo scopo ultimo delle norme di diritto europeo […] è quello di promuovere la concorrenza» e che «questo risultato nell'affidamento dei servizi pubblici si raggiunge, in termini sostanziali, quando più operatori competono, o possono competere, per assicurarsi il relativo mercato nel periodo di riferimento, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dello strumento con il quale ciò avviene», hanno sollevato «questione di pregiudizialità» ai sensi dell'articolo 267 del TFUE e formulato il seguente quesito: «se l'art. 12 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 osti ad una normativa nazionale la quale imponga un'aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l'operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste, nel caso in cui: (a) il concessionario iniziale sia una società affidataria in house sulla base di un controllo analogo pluripartecipato; (b) l'operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara; (c) a seguito dell'operazione societaria di aggregazione i requisiti del controllo analogo pluripartecipato più non sussistano rispetto a taluno degli enti locali che hanno in origine affidato il servizio di cui si tratta».

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