Amministrativo

Accordi tra pubbliche amministrazioni: in caso di recesso nessun indennizzo tra Enti o a "terzi"

Lo precisa il Tar Abruzzo con la sentenza n. 89/2021 sottolineando la necesittà di un atto adeguatamente motivato

di Pietro Alessio Palumbo

La pubblica amministrazione che abbia stipulato un accordo o una convenzione con altro ente pubblico conserva il potere di recederne unilateralmente con atto motivato senza che sia dovuto indennizzo. E si badi: non è dovuto alcun indennizzo neppure al terzo aggiudicatario di una gara indetta a seguito della suddetta (ex) convenzione. Del resto sono in gioco poteri pubblici "inestinguibili" – ha evidenziato il Tar Abruzzo con la recente sentenza 89/2021 - ed infatti è esattamente la natura pubblicistica degli accordi in questione a giustificare, sotto il profilo processuale, l'attribuzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutte le controversie nascenti dai medesimi.

La valenza discrezionale della "volontà" della Pubblica amministrazione
Orbene gli accordi tra amministrazioni costituiscono strumenti di semplificazione e di razionale coordinamento dell'assetto degli interessi pubblici in attuazione del principio di buon andamento di cui all'articolo 97 Cost. La predetta qualificazione trova puntuale riscontro sotto il profilo sistematico-normativo, nell'inserimento degli accordi in argomento all'interno del capo IV della Legge 241/1990, relativo alla "semplificazione amministrativa". Invero gli accordi ex articolo 15 della citata legge del 1990 si caratterizzano per una "accentuata" valenza pubblicistica atteso che la volontà delle Amministrazioni non è mai assimilabile ad una "volontà negoziale" fondata sull'autonomia privata, bensì è una "volontà discrezionale" espressamente, ed imprescindibilmente rivolta alla tutela degli interessi pubblici. A ben vedere si tratta dunque di "moduli consensuali ed organizzativi" dell'azione amministrativa che si contrappongono al tradizionale modulo unilaterale provvedimentale, ma che condividono, con quest'ultimo, il perseguimento dell'interesse pubblico. Una azione amministrativa rivolta all'esercizio della potestà pubblica attraverso "schemi" che sostituiscono la pluralità di procedimenti condotti in modo autonomo dalle diverse Amministrazioni coinvolte, con una sequenza procedimentale destinata a sfociare in un unico accordo. Pertanto attraverso il modello convenzionale l'Amministrazione esercita una funzione pubblica ed in tal modo viene assicurata l'azione integrata e coordinata dell'esercizio di funzioni proprie delle amministrazioni, in vista del conseguimento di un risultato comune.

La "inesauribilità" del potere pubblico
Una volta riconosciuta la connotazione pubblicistica agli accordi tra pubbliche amministrazioni, deriva che l'Ente coinvolto possa sempre recedere dall'accordo. Ciò in quanto tale potere è espressione del principio di "inesauribilità" del potere pubblico, che caratterizza l'esercizio delle funzioni pubbliche. Invero la facoltà di recedere nel pubblico interesse dagli accordi amministrativi, non rappresenta altro se non la speciale configurazione che la potestà di revoca assume quando il potere amministrativo sia stato esercitato mediante un accordo iniziale, anziché in forma unilaterale. E a ben guardare neppure a diversa conclusione può pervenirsi ragionando sul mancato rinvio al comma 4 dell'articolo 11 (a rigore del quale per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo "salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo") ad opera dell'articolo 15 della legge 241/1990, che bensì richiama le sole disposizioni previste dai commi 2 e 3. Ebbene secondo il Tar abruzzese la ragione del mancato richiamo del suddetto comma 4, va rinvenuta non tanto nella volontà del Legislatore di imporre un divieto di recesso implicito, quanto nella scelta di escludere la tutela indennitaria per le amministrazioni che abbiano sottoscritto l'accordo e che abbiano subìto il recesso di un'altra amministrazione. Nondimeno – si badi - il provvedimento che sia espressione di un tale potere di recesso va adeguatamente motivato, tenendo conto delle circostanze avvenute e delle esigenze di spesa, mediante l'indicazione del processo valutativo degli interessi su cui si va ad incidere.

Nessun indennizzo per il "terzo"
Può quindi affermarsi che il potere di recesso dagli accordi tra amministrazioni pubbliche non discende dall'articolo 11, comma 4 della legge n. 241/1990, che prevede l'indennizzo in caso di recesso legittimo dell'amministrazione dall'accordo, bensì direttamente dal principio generale della "perennità" del potere pubblico. Di talché nel caso di accordo stipulato tra più pubbliche amministrazioni, non spetta agli altri Enti alcun indennizzo per eventuali danni subìti a seguito del recesso con conseguente inapplicabilità anche dell'ultimo periodo dell'articolo 21 quinquies, comma 1 della legge n. 241/1990 laddove è normato che se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. E tanto meno, detto indennizzo, che di norma spetta ai soli soggetti "direttamente" interessati ovvero ai "diretti" destinatari del provvedimento, può essere preteso da soggetti che vanno qualificati indubitabilmente "terzi" rispetto all'accordo, in quanto a ben vedere solo "indirettamente" interessati alla sua attuazione.

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