Penale

La continuazione tra reati della stessa indole non esclude automaticamente la tenuità del fatto

Le Sezioni Unite penali della Cassazione bocciano l'orientamento che riteneva sempre integrata la causa ostativa dell'abitualità

di Paola Rossi

Il reato continuato non costituisce in sé ostacolo al riconoscimento della causa di non punibilità per tenuità del fatto. Con la sentenza n. 18891/2022 le sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno risolto un contrasto di giurisprudenza sorto in relazione all'applicazione dell'articolo 131 bis del Codice penale nel caso in cui la pluralità dei reati commessi sia avvinta dal vincolo della continuazione. Il punto è accertare la sussistenza o meno dell'abitualità della condotta, condizione ostativa al riconoscimento del beneficio della non punibilità.

La Cassazione spiega che non scatta l'abitualità del reato che impedisce il riconoscimento della tenuità del fatto solo perché si è presenza di una pluralità di reati realizzati in continuazione, cioè avvinti dal medesimo disegno criminoso dell'agente. Come indica la Cassazione entrambi gli istituti (continuazione e non punibilità) sono di favore per l'imputato e come tali vanno valorizzati al massimo. Ciò vuol dire che non basta la pluralità di condotte illecite per far venir meno l'applicabilità della tenuità del fatto se gli episodi della medesima indole sono numericamente contenuti nella cifra di due. Quindi il giudice dovrà scinderli nella loro singola valutazione e considerare come abituale il segmento di condotta che venga ripetuto oltre il limite numerico. I singoli reati posti incontinuazione possono essere tra l'altro non tutti sotto la soglia di minor offensività e in applicazione del favor rei spetterà al giudice di sciogliere il vincolo unificante al fine di applicare il beneficio dell'articolo 131 bis del Codipenale alle condotte connotate datenuità del fatto.

Il giudice in sintesi al pari di come deve valutare i precedenti penali dell'imputato - al fine di ammettere o di escludere la causa di non punibilità - per verificare la ricorrenza della preclusione dell'abitualità nel reato della medesima indole, deve ugualmente valutare le diverse condotte con cui si è commesso un reato continuato scindendole tra loro. E semmai sciogliere il vincolo della continuazione per i segmenti della condotta caratterizzati da particolare tenuità delle conseguenze del singolo reato commesso.

In conclusione, in caso di reato continuato, il giudice è chiamato a valutare al di là della condotta ripetuta altri elementi indicatori della tenuità del fatto tra cui il lasso di tempo intercorrente tra una condotta e un'altra, le modalità di esecuzione del disegno criminoso, il bene giuridico attinto dalla condotta e il comportamento precedente e susseguente tenuto dall'imputato.

Nel caso concreto la vicenda origina dal comportamento di un disabile che ripetutamente -seppur in un arco di tempo contenuto - aveva parcheggiato la propria auto all'imbocco della stazione di servizio di carburante di proprietà del fratello. Di fatto aveva, in più occasioni, impedito o reso difficoltoso l'ingresso dei clienti nell'area di distribuzione del carburante. Ma soprattutto, a fronte delle rimostranze del fratello, impedito nello svolgimento della propria attività lavorativa, l'imputato aveva mostrato un atteggiamento di pervicace insistenza a reiterare le modalità di parcheggio che integravano il reato di violenza privata. Atteggiamento psicologico che anch'esso, al di là del numero degli episodi, induce a escludere la mera occasionalità della condotta essendo al contrario indicativo della sua abitualità. Causa ostativa al riconoscimento della non punibilità.

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