Società

I paletti per l’accesso agli strumenti giudiziali agevolativi

Senza l’intervento giudiziale, la composizione negoziata della crisi rimane una procedura stragiudiziale regolata dalle trattative tra creditori e debitore ed eventuali terzi, sotto la supervisione dell’esperto

di Filippo D'Aquino

Uno dei temi cruciali che si sta delineando nella prassi è il presupposto in base al quale l’imprenditore può accedere agli strumenti giudiziali “agevolativi” della composizione negoziata della crisi e, soprattutto, alla protezione dalle azioni dei creditori.

Senza l’intervento giudiziale, la composizione negoziata della crisi rimane una procedura stragiudiziale regolata dalle trattative tra creditori e debitore ed eventuali terzi, sotto la supervisione dell’esperto.

Con il ricorso agli strumenti giudiziali il debitore può, invece, “forzare” delle situazioni di stallo, ottenendo protezione dalle azioni esecutive dei creditori, rimuovendo ostacoli di carattere negoziale e invogliando terzi a finanziare l’impresa con migliori aspettative di rimborso, stante la collocazione in anteclasse dei finanziamenti autorizzati dal tribunale. Ed è in questo caso che diviene rilevante chiedersi se l’impresa ne abbia titolo, ovvero se la crisi sia in fase iniziale o si sia evoluta sino a uno stato di insolvenza, benché reversibile.

Su questo punto il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ha colmato una lacuna della legge di conversione del Dl 118/2021, prevedendo come ostativa alla presentazione della domanda di Cnc («non può essere presentata») la pendenza di un «procedimento introdotto con ricorso depositato ai sensi dell’art. 40» (articolo 25-quinquies) e, in particolare al riguardo, il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale.

Fa pendant a tale disposizione l’articolo 17, comma 3, lettera d), che impone all’imprenditore di depositare, unitamente alla richiesta di accesso alla Cnc, una autocertificazione sulla «pendenza nei suoi confronti di ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale» e una dichiarazione «di non avere depositato ricorsi ai sensi dell’art. 40».

La questione che si è posta nella prassi è, da un lato, quali ricorsi per la liquidazione giudiziale siano ostativi alla Cnc e agli strumenti giudiziali (ossia, se i soli ricorsi proposti dai debitori in proprio o anche quelli di creditori, pubblico ministero e organi di controllo) e, dall’altro, se il giudice adito possa rilevare incidenter tantum lo stato di insolvenza dell’imprenditore indipendentemente dalla presentazione di una domanda di liquidazione giudiziale, sull’assunto che presupposto oggettivo della Cnc sia il solo stato di crisi, distinto dallo stato di insolvenza.

Presso alcuni tribunali, in conformità ad alcuni contributi apparsi in dottrina, sta prevalendo la tesi restrittiva, secondo cui solo i ricorsi proposti dal debitore sono ostativi alla Cnc. Questa interpretazione, fondata sulla lettera dell’articolo 17, comma 3, lettera d), parrebbe risolversi in una falsa applicazione dell’articolo 25-quinquies, che non distingue tra ricorsi per la liquidazione giudiziale proposti in proprio o da terzi. Del resto, appare poco verosimile che un debitore proponga un ricorso “preliquidatorio” e, successivamente (prima che il tribunale abbia provveduto), chieda l’accesso alla Cnc.

Più problematica appare, invero, l’altra questione, ossia se ostativa alla presentazione dell’istanza sia la sussistenza formale (e dichiarata) di una domanda di preliquidazione (quale che sia) ovvero se, in ogni caso, il tribunale possa accertare incidentalmente la sussistenza sostanziale di uno stato di insolvenza, ostativo alla concessione delle misure giudiziali.

Alle prime pronunce che hanno rigettato la richiesta di misure giudiziali in caso di stato di insolvenza del debitore accertato incidentalmente dal tribunale (Tribunale di Siracusa, 14 settembre 2022), rigetto al quale dovrebbe seguire la segnalazione al pubblico ministero (articolo 38, comma 2), si sta contrapponendo un orientamento più favorevole, capeggiato da Tribunale di Bologna, 8 novembre 2022.

Quest’ultimo orientamento, oltre a evidenziare la “scivolosità” di una rigida distinzione dello stato di crisi da quello di insolvenza, valorizza una interpretazione dell’articolo 21 – nella parte in cui distingue tra gestione dell’impresa «in stato di crisi» e gestione in stato di insolvenza «nel prevalente interesse dei creditori» (articolo 21, comma 1) – secondo la quale lo stato di insolvenza rilevante nella Cnc non è solo quello successivo all’adozione della procedura ma anche quello preesistente, così da non esserne ostativo.

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