Penale

Immigrazione clandestina sì al Gps senza rogatoria

Come per i trojan non occorre la richiesta ad altro Stato.Dati sulle rotte utilizzabili anche se la nave intercettata si sposta all’estero

di Patrizia Maciocchi

Sono utilizzabili, anche senza rogatoria internazionale, gli elementi di prova, ottenuti grazie all’installazione di un Gps sulla barca, nell’ambito di un’inchiesta sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche se la nave si sposta all’estero. I dati acquisiti con il sistema del Global positioning, se collocato sul natante in Italia, sono, infatti, spendibili in giudizio, anche se relativi alla posizione dell’imbarcazione fuori dal territorio nazionale, senza che sia necessaria una richiesta allo Stato interessato per compiere l’atto investigativo. La Corte di cassazione, con la sentenza 20859 depositata ieri, ha respinto il ricorso di due indagati, contro la custodia in carcere disposta per il fumus del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.

L’ordinanza del Tribunale del riesame aveva affermato l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base di alcuni elementi. I ricorrenti erano stati trovati di notte, al largo delle coste della Calabria, su un’imbarcazione «di cui non è contestato che costituissero l’equipaggio» insieme a dei cittadini iracheni, senza un titolo per entrare in Italia. A pesare a carico dei ricorrenti anche le «copiose disponibilità finanziarie» trovate a bordo.

Infondate per i giudici le eccezioni di inutilizzabilità dei dati acquisiti da un tablet e un cellulare in uso ad uno degli indagati, perché sequestrati senza le prescritte formalità. Allo stesso modo, per i difensori, non potevano essere usati come prova gli elementi raccolti - fuori Italia - grazie al Gps installato “surrettiziamente” .

Quanto al tablet e al cellulare la Suprema corte ricorda che la polizia giudiziaria, anche in assenza del Pm, ha un potere autonomo di sequestro del corpo del reato o di cose pertinenti. Nel caso in esame comunque i dispositivi erano stati consegnati spontaneamente. Rispetto ai dati del Gps - precisa la Cassazione - al pari di quanto avviene anche per il captatore informatico Trojan, non è sempre necessario passare attraverso una rogatoria internazionale, quando si fa un’indagine all’estero. «Proprio perché la rogatoria è tecnicamente una richiesta di assistenza giudiziaria rivolta alle autorità giudiziarie di un altro Stato, tale strumento non deve essere usato - si legge nella sentenza - quando tale assistenza non è necessaria perchè l’attività di indagine può essere effettuata in autonomia direttamente dal territorio dello Stato». Un principio che vale per le intercettazioni - eseguite senza rogatoria internazionale - di utenze che si trovano all’estero quando la captazione avviene in Italia.

Accade lo stesso per le intercettazioni all’interno di autovetture che escono dai confini nazionali. E per l’intercettazione ambientale attraverso il “captatore informatico” installato in Italia su un telefono collegato ad un gestore nazionale. Ulteriore ipotesi in cui non serve l’attivazione della rogatoria, per il solo fatto che le conversazioni siano eseguite in parte all’estero, e temporaneamente registrate tramite un wifi locale, «a causa dello spostamento dell’apparecchio sul quale è inoculato il “malware”, atteso che la captazione ha avuto origine e si è comunque realizzata in Italia, attraverso le centrali di ricezione presso la procura della Repubblica».

Principi estensibili al caso del Gps, utilizzato per il controllo delle rotte. Uno strumento meno invasivo del captatore, collocato quando la barca, era nel territorio dello Stato.

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