Penale

Omicidio stradale non aggravato e patteggiamento: la revoca della patente di guida va sempre motivata

La Quarta sezione ha annullato l’impugnata sentenza di patteggiamento limitatamente alla statuizione concernente la sanzione amministrativa accessoria

di Aldo Natalini

In tema di omicidio stradale, nelle ipotesi non aggravate della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti di cui all’articolo 589-bis, commi 2 e 3, del Codice penale, qualora il giudice applichi, in sede di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, meno afflittiva, della sospensione della patente, deve dar conto puntualmente delle ragioni della scelta operata, avuto riguardo agli specifici parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Codice della strada, facendo quindi riferimento all’entità del danno, alla gravità della violazione e alla tutela della collettività, in relazione al pericolo che il perdurare della circolazione possa arrecare, in termini prognostici, alla sicurezza della stessa.

Così la Quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 32888/2022, depositata il 7 settembre scorso, con cui la Suprema corte in accoglimento del ricorso della difesa dell’imputato ha annullato l’impugnata sentenza di patteggiamento pronunciata per il reato di omicidio stradale non aggravato, limitatamente alla statuizione concernente la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, con rinvio al locale Gip perché adempia all’onere di giustificazione, motivando in ordine alle ragioni della scelta della sanzione amministrativa accessoria applicata.

La sentenza costituzionale n. 88/2019 sugli automatismi revocatori

La sentenza in rassegna – conformandosi ad un indirizzo sezionale ormai pacifico (vedi ad es. le coeve Cassazione penale, Sezione IV, n. 32891/2022 e Id., n. 32876/2022) – dà attuazione alla sentenza costituzionale n. 88/2019 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dei principi di ragionevolezza, eguaglianza e proporzionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione, dell’articolo 222, comma 2, quarto periodo, del Codice della strada, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del Cpp, per i reati di cui agli articoli 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa, ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’articolo 222 del Cds, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi 2 e 3 degli articoli 589-bis e 590-bis del Cp.

Secondo il giudice delle leggi “nell’articolo 222 Cds l’automatismo della risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, può giustificarsi solo per le più gravi violazioni contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste, come ipotesi aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente più gravi, dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis, sia dell’articolo 590-bis del Cp alla guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis, sia dell’articolo 590-bis del Cp) o sotto l’effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e, pertanto, si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell’ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime. Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice”. Sicché “l’ esercizio del potere discrezionale ovvero la necessità in ogni caso per il giudice di avvalersi dei criteri e dei parametri fissati in via generale dalla specifica normativa per l'autorità amministrativa comporta poi l’assolvimento di un obbligo motivazionale, non riconducibile a quello demandato al giudice del ‘patteggiamento’ in merito alle statuizioni costituenti oggetto dell’accordo sulla pena, e, similmente, non può essere sottratta a ogni pertinente censura, in sede di legittimità, la omessa o erronea motivazione circa l'entità della sanzione o il tipo adottato” (ibidem, in motivazione).

Il caso di specie

Il caso al vaglio della Cassazione rientrava proprio nelle ipotesi previste dall’intervento correttivo della Corte costituzionale, poiché non risultavano contestate all’imputato ricorrente le aggravanti del reato di omicidio stradale della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

La difesa – che aveva interposto ricorso per cassazione averso la sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 589-bis, comma 1, del Cp, recante altresì la revoca della patente di guida – aveva dedotto, ai sensi dell’articolo 606 Cpp, la violazione dell’articolo 222 del Cds, per essersi il Gip determinato in ordine alla determinazione della sanzione amministrativa accessoria massima compiuta senza tener conto del portato della sentenza costituzionale n. 88/2019, quindi in difetto di alcun giudizio prognostico in ordine alla concreta pericolosità di una perdurante circolazione dell’imputato, essa non potendo giustificarsi alla stregua della macroscopica gravità dell'infrazione.

Il dictum: revoca della patente, obbligo di motivazione e criteri di riferimento

La Suprema corte con la sentenza in commento, premessa la ritenuta ammissibilità del ricorso per cassazione ex articolo 606 Cpp contro la sentenza di patteggiamento che abbia omesso di applicare (ovvero erroneamente applicato) una sanzione amministrativa, data l’impossibilità di ritenere immuni da controllo di legittimità, secondo gli ordinari criteri previsti dall’articolo 606 Cpp, i profili riservati alle statuizioni non ricomprese nell’accordo delle parti o, comunque, da queste non negoziabili, in forza dell’articolo 111, commi 6 e 7, della Costituzione  (Cassazione, Sezioni unite penali, n. 21369/2020, Ced 279349; nello stesso senso, in tema di misure di sicurezza, Id., n. 21368/2020, Ced 279348), ha accolto il ricorso della difesa in conformità al proprio indirizzo di legittimità conseguente alla surrichiamata sentenza costituzionale n. 88/2019, secondo cui “in tema di omicidio stradale, il giudice che, in assenza delle circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, deve dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Cds” (ex plurimis Cassazione penale, Sezione IV, n. 13882/2020, Ced 279139; Id., n. 13747/2022, Ced 283022).

Il richiesto obbligo di motivazione deve essere assolto, non già in base ai criteri generali di cui all’articolo 133 del Cp, bensì in base ai diversi parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Cds, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento, vedi Cassazione penale, Sezione IV, n. 4740/2021, Ced 280393; Id., n. 55130/2017, Ced 2761661, ove si evidenzia l’ulteriore conseguenza che le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento).

In ogni caso – secondo recenti puntualizzazioni, ribadite anche da ultimo – gli specifici criteri di cui all’articolo 218 del Cds costituiscono meri parametri di riferimento per orientare la decisione giudiziale, sottraendola all’arbitrio e consentendo il relativo controllo giudiziale su di essa; ne deriva che la loro valutazione può anche essere operata complessivamente (così Cassazione penale, Sezione IV, n. 13747/2022, Ced 283022), sicché pur nella riconosciuta diversità dei parametri di riferimento – articolo 218, comma 2, del Cds, come detto, in luogo dell’articolo 133 del Cp – per assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione è sufficiente che il giudice enunci, anche in maniera sintetica, l’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri applicati, essendo sufficiente anche il richiamo alle “circostanze del fatto” e/o alla “gravità della condotta” (Cassazione penale, Sezione IV, n. 11479/2021, Ced 280832; Id., n. 32891/2022). Tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Cassazione penale, Sezione IV, n. 13747/2022, Ced 283022; Id., Sezione II, n. 12749/2008, Ced 239754; Sezione III, n. 48304/2016, Ced 268575; vedi già Id., n. 15811/1990, Ced 185876).

Per contro, qualora il giudice applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria (meno afflittiva) della sospensione della patente di guida deve fornire una motivazione sul punto solo allorché la misura si allontani dal minimo edittale e non già quando sia pari a questo o se ne discosti di poco o sia molto più vicina al minimo che al massimo edittale, casi questi ultimi in cui è sufficiente la motivazione implicita (in termini Cassazione penale, n. 32891/2022; Id., Sezione feriale, n. 24023/2020, Ced 279653; Id., Sezione IV, n. 21194/2012, Ced 252738; in precedenza, id., n. 35670/2007, Ced 237470).

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