Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 13 e il 17 giugno 2022

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) titolarità attiva o passiva del rapporto controverso e contestazioni del convenuto; (ii) giudizio di appello e termine dell'impugnazione incidentale; (iii) sentenza e nullità per motivazione apparente; (iv) impugnazione per cassazione, giudizio di rinvio e regime delle spese di lite; (v) spese processuali, liquidazione tabella di riferimento e motivazione del giudice; (vi) impugnazioni, termine breve e decorrenza; (vii) difensore di più parti vittoriose e liquidazione onorario; (viii) sentenza, decisione in rito, improprie argomentazioni sul merito ed interesse all'impugnazione.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

DOMANDA GIUDIZIALE – Cassazione n. 18974/2022
Cassando con rinvio la sentenza impugnata l'ordinanza riafferma che le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte dall'attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l'eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, poiché, al contempo, la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile d'ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 19026/2022
La decisione ribadisce che l'avvenuta impugnazione della sentenza comporta la necessità che tutte le altre impugnazioni avverso la medesima decisione siano proposte in via incidentale nello stesso giudizio entro il termine di cui all'art. 343 c.p.c. sicché l'impugnazione incidentale proposta oltre tale termine è inammissibile, ancorché non siano ancora decorsi i termini generali di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., che conservano rilevanza solo per l'operatività delle conseguenze previste dal secondo comma dell'art. 334 c.p.c.

SENTENZA – Cassazione n. 19032/2022
La sentenza riafferma che la motivazione apparente, che rende nulla sentenza, ricorre allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture; parimenti, apparente è poi la motivazione che non risulti dotata dell'ineludibile attitudine a rendere palese, sia pure in via mediata o indiretta, la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard, ovvero un modello argomentativo a priori, che prescinda dall'effettivo e specifico sindacato sul fatto.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 19163/2022
L'ordinanza rimarca che la parte vittoriosa nel giudizio di rinvio non può ottenere l'attribuzione delle spese non erogate nella fase del giudizio di cassazione in cui non abbia svolto attività difensiva, né il può giudice provvedere alla liquidazione delle stesse senza incorrere nella violazione dell'art. 91 c.p.c.

SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 19358/2022
Nel cassare con rinvio la decisione gravata, l'ordinanza riafferma che, in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo ed il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo.

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 19463/2022
La decisione, cassando con rinvio la sentenza gravata, riafferma che la mera lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni della pronuncia di primo grado non è suscettibile di determinare la decorrenza del termine breve di impugnazione essendo a tal fine sempre necessaria la notificazione della sentenza al "procuratore costituito".

DIFENSORI – Cassazione n. 19581/2022
L'ordinanza ribadisce che, ove in una causa l'avvocato assista e difenda più persone, aventi la stessa posizione processuale, l'onorario dovuto a quest'ultimo, salvi gli aumenti consentiti dalle norme tariffarie, è unico e che tale criterio deve presiedere anche alla liquidazione, a carico del soccombente, del compenso spettante al difensore di più parti vittoriose con identica situazione processuale.

SENTENZA – Cassazione n. 19661/2022
La decisione ribadisce che qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della "potestas iudicandi" in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l'impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta "ad abundantiam" nella sentenza gravata.

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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Domanda giudiziale – Titolarità attiva o passiva del rapporto controverso – Allegazione e prova dell'attore – Necessità – Contestazioni del convenuto – Natura di mere difese – Conseguenze – Proponibilità in ogni fase del giudizio – Eventuale contumacia o tardiva costituzione – Valore di non contestazione o alterazione degli oneri probatori – Esclusione – Rilevabilità officiosa – Sussistenza. (Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 99, 100, 113, 115, 166 e 167)
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio, è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto, sicché, in coerenza, le contestazioni, da parte di quest'ultimo, della titolarità del rapporto controverso dedotta, hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l'eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, poiché, al contempo, la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile d'ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (Nel caso di specie, relativo ad una azione risarcitoria intentata dalla controricorrente nei confronti di una amministrazione comunale per danni arrecati ad un locale seminterrato causati da infiltrazioni di acqua piovana provenienti dalla soprastante sede stradale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di quest'ultima, ha cassato con rinvio la decisione gravata per avere il giudice d'appello ritenuto tardiva l'eccezione di abusività del manufatto (in quanto ricavato dalla roccia sottostante la strada pubblica, e dunque da sottosuolo demaniale) sollevata in prime cure dalla ricorrente, che, afferendo alla denunziata carenza di legittimazione attorea dominicale per demanialità del terreno su cui insisteva il bene sotteso alla pretesa, doveva ritenersi mera difesa, e, quindi, in quanto tale, sempre sollevabile nonché rilevabile anche officiosamente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 febbraio 2016, n. 2951).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 13 giugno 2022 n. 18974 – Presidente Spirito; Relatore Porreca

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Impugnazione incidentale proposta oltre il termine di cui all'art. 343 c.p.c. – Inammissibilità – Mancato decorso dei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. – Rilevanza – Esclusione – Limiti – Conseguenze previste dall'art. 334 c.p.c. (Cpc, articoli 325, 327, 334 e 343)
L'avvenuta impugnazione della sentenza comporta la necessità che tutte le altre impugnazioni avverso la medesima decisione siano proposte in via incidentale nello stesso giudizio entro il termine di cui all'art. 343 cod. proc. civ., sicché l'impugnazione incidentale proposta oltre tale termine è inammissibile, ancorché non siano ancora decorsi i termini generali di cui agli artt. 325 e 327 cod. proc. civ., che conservano rilevanza solo per l'operatività delle conseguenze previste dal secondo comma dell'art. 334 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata avendo la corte territoriale ritenuto ammissibile l'appello incidentale del controricorrente, concernente la statuizione di compensazione delle spese effettuata dal giudice di prime cure, ancorché lo stesso fosse stato proposto oltre i termini perentori di cui agli artt. 343 e 166 cod. proc. civ.; nella circostanza, solo quattro giorni prima dell'udienza fissata in citazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 giugno 2015, n. 12724).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 13 giugno 2022 n. 19026 – Presidente Di Virgilio; Relatore Cosentino

Procedimento civile – Sentenza – Motivazione apparente – Configurabilità – Presupposti. (Costituzione, articolo 111; Cpc, articoli 132 e 360)
La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. A tale ipotesi, deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell'ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard: cioè un modello argomentativo a priori, che prescinda dall'effettivo e specifico sindacato sul fatto (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di appalto lavori pubblici in cui parte ricorrente aveva denunciato la nullità della sentenza, ex art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. in quanto affetta da motivazione apparente per avere la decisione di primo grado, rigettato la domanda di condanna della società controricorrente al pagamento della penale per la ritardata ultimazione dei lavori, la Suprema Corte, in applicazione degli enunciati principi ha cassato, in quanto nulla, la pronuncia impugnata in quanto sorretta da un costrutto motivazionale di pura ed evidente apparenza; in particolare, osserva la sentenza in epigrafe, il giudice si è illegittimamente sottratto al dovere di spiegare le ragioni della propria decisione, la quale s'impone e giustifica proprio attraverso la piena visibilità del percorso argomentativo, che non può ridursi al nudo atto di libera, anzi arbitraria, manifestazione del volere, avendo egli il dovere di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, non essendo bastevole una sommaria evocazione priva di un'approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 30 giugno 2020, n. 13248; Cassazione, sezione civile L, ordinanza 5 agosto 2019, n. 20921; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 23 maggio 2019, n. 13977; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 aprile 2017, n. 9105; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 3 novembre 2016, n. 22232).
Cassazione, sezione II civile, sentenza 13 giugno 2022 n. 19032 – Presidente Di Virgilio; Relatore Grasso

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Giudizio di rinvio – Liquidazione delle spese del giudizio di cassazione da parte del giudice di rinvio – Condizioni – Mancato svolgimento di attività difensiva – Esclusione. (Cpc, articoli 91 e 385 e 394)
Il collegamento strutturale ravvisabile tra il giudizio di cassazione e quello di rinvio, se consente di rimettere al giudice del secondo la liquidazione delle spese del primo, non consente, tuttavia, di contravvenire al principio secondo cui la condanna alle spese di lite presuppone indefettibilmente che la parte, a favore della quale le spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell'attività difensiva correlata alla sua partecipazione al giudizio. Pertanto, la parte vittoriosa nel giudizio di rinvio non può ottenere l'attribuzione delle spese non erogate nella fase del giudizio di cassazione in cui non abbia svolto attività difensiva, né il può giudice provvedere alla liquidazione delle stesse senza incorrere nella violazione dell'art. 91 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di impugnazione di un licenziamento, accogliendo il motivo di ricorso con cui il datore di lavoro ricorrente aveva lamentato l'erronea liquidazione nel giudizio di rinvio delle spese del giudizio di cassazione in favore del lavoratore, nonostante la sua mancata attività difensiva, essendo lo stesso rimasto intimato, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato non dovute al lavoratore tali spese). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 19 giugno 2018, n. 16174; Cassazione, sezione civile II, sentenza 19 agosto 2011, n. 17432; Cassazione, sezione civile III, sentenza 28 luglio 2005, n. 15797).
Cassazione, sezione L civile, ordinanza 14 giugno 2022 n. 19163 – Presidente Doronzo; Virgilio; Relatore Patti

Procedimento civile – Spese processuali – Liquidazione – D.M. n. 55/2014 – Esercizio del potere discrezionale del giudice entro i valori minimi e massimi – Sindacato di legittimità – Esclusione – Scostamento rispetto ai valori minimi o massimi – Specifica motivazione – Necessità. (Cpc, articolo 91; Dm 55/2014, articolo 5)
In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo ed il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in quanto la corte d'appello, pur evidenziando l'erroneità della sentenza di primo grado che aveva ritenuto la causa di valore indeterminato anziché fare applicazione dell'art. 15 cod. proc. civ., aveva poi confermato la liquidazione delle spese di lite per il primo grado nella misura complessiva di € 7.254,00, e condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di appello per complessivi € 3.307,50, ritenendo siffatta liquidazione dei compensi operata del tutto congruente rispetto all'effettivo valore degli interessi perseguiti dalle parti, nonché dell'impegno professionale profuso e dalla connessa attività istruttoria, manifestamente superiori al valore catastale del fondo servente; siffatta motivazione, tuttavia, osserva l'ordinanza in esame, è del tutto sfornita di ogni collegamento concreto con l'effettiva vicenda in esame che, al contrario, non rivela alcuna particolare complessità e che certamente non giustifica un così rilevante scostamento dai valori tabellari con il riconoscimento di compensi che risultano, rispetto ai valori medi della tabella di riferimento, quasi decuplicati, quanto al primo grado, e quasi quintuplicati quanto al grado di appello). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 13 luglio 2021, n. 19989).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 16 giugno 2022 n. 19358 – Presidente Orilia Virgilio; Relatore Varrone

Procedimento civile – Impugnazioni – Termini – Termine breve – Decorrenza – Lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni della pronuncia impugnata – Configurabilità – Esclusione – Notificazione della sentenza al "procuratore costituito" – Necessità – Fondamento – Fattispecie concernente giudizio d'opposizione avverso ordinanza ingiunzione relativa a sanzioni stradali. (Cpc, articoli 170, 285, 325, 326 e 327)
La mera lettura in udienza del dispositivo e delle motivazioni della pronuncia di primo grado non può determinare la decorrenza del termine breve di impugnazione. Infatti, accanto alla previsione di un termine lungo di impugnazione o, in talune ipotesi, di termini brevi decorrenti officiosamente, permane – nel sistema processuale – il tradizionale istituto, di natura privatistica, della notificazione della sentenza a cura della parte interessata, ai fini della decorrenza di un termine "breve" (artt. 325 e 326 cod. proc. civ.), che attribuisce alla parte un vero e proprio "diritto potestativo" di natura processuale, cui corrisponde una soggezione dell'altra parte. La decorrenza del termine breve non è infatti correlata alla conoscenza legale della sentenza, già esistente per il mero fatto della sua pubblicazione, né alla conoscenza effettiva della stessa, quale può essere derivata dalla comunicazione della sentenza da parte della cancelleria o dalla richiesta di copia effettuata dalla parte o dalla notificazione della sentenza ai fini esecutivi nei modi stabiliti dall'art. 479 cod. proc. civ., ma è, invece, è ricondotta dalla legge al sollecito indirizzato da una parte all'altra per una decisione rapida – cioè entro il termine breve previsto dalla legge – in ordine all'eventuale esercizio del potere di impugnare; sollecito veicolabile solo mediante il paradigma procedimentale tipico previsto dalla legge, quale unico modulo in grado di garantire il diritto di difesa ai fini impugnatori: la notificazione della sentenza al "procuratore costituito", ai sensi degli artt. 285, 326, 170 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale il giudice d'appello, nel dichiarare tardivo il gravame, aveva ritenuto che, avendo il giudice di prime cure dato lettura in udienza anche della motivazione della sentenza, era da tale udienza che decorreva il termine breve di impugnazione, ormai spirato al momento della notifica dell'appello). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 4 marzo 2019, n. 6278; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 giugno 2011, n. 12898; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 9 giugno 2006, n. 13431; Cassazione, sezione civile I, sentenza 2 febbraio 1990, n. 732; Cassazione, sezione civile L, sentenza 20 marzo 1987, n. 2799; Cassazione, sezione civile L, sentenza 4 dicembre 1985, n. 6092; Cassazione, sezione civile L, sentenza 5 giugno 1984, n. 3389).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 16 giugno 2022 n. 19463 – Presidente Lombardo; Relatore Fortunato

Procedimento civile – Difensori – Onorario – Difensore di più parti vittoriose – Liquidazione del compenso a carico del soccombente – Criterio dell'onorario unico – Applicabilità. (Cpc, articoli 91 e 92; Dm 140/2012, articolo 4)
In tema di onorari di avvocato, ove in una causa l'avvocato assista e difenda più persone, aventi la stessa posizione processuale, l'onorario dovuto a quest'ultimo (salvi gli aumenti consentiti dalle norme tariffarie) è unico e che tale criterio deve presiedere anche alla liquidazione, a carico del soccombente, del compenso spettante al difensore di più parti vittoriose con identica situazione processuale, in base al principio generale secondo cui il soccombente non può essere tenuto a rimborsare alla parte vittoriosa più di quanto questa debba a sua volta versare al suo difensore (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte d'appello condannato la società ricorrente al pagamento delle spese processuali del secondo grado in favore tanto di un soggetto, quanto di un altro, liquidandone l'ammontare nella somma di € 9.515,00, oltre accessori, per ciascuno di essi, senza, tuttavia, verificare, in fatto, se tali parti, assistite dallo stesso difensore, avessero o meno, pur a fronte della distinta costituzione in giudizio, la stessa situazione processuale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 12 agosto 2010, n. 18624).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 giugno 2022 n. 19581 – Presidente Orilia; Relatore Dongiacomo

Procedimento civile – Sentenza – Contenuto – Motivazione – Decisione di rito definitoria del giudizio – Motivazione anche sul merito – "Potestas iudicandi" – Insussistenza – Onere e interesse all'impugnazione – Insussistenza – Conseguenze. (Cpc, articoli 100, 132 e 360)
Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della "potestas iudicandi" in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l'onere né l'interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l'impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l'impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta "ad abundantiam" nella sentenza gravata (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza del giudice del gravame che aveva rigettato l'appello avverso sentenza del giudice di prime cure che aveva disatteso la domanda di risarcimento dei danni derivanti da sinistro stradale proposta dal ricorrente; il tribunale, specifica la decisione in esame, una volta ritenuta la tardività dell'allegazione in appello dell'imputabilità dell'infortunio alla caduta dal motociclo, si è spogliato del potere di decidere la controversia (cd. "potestas iudicandi"), e non poteva, pertanto, decidere nel merito la controversia, sicché, per un verso, doveva essere impugnata dal ricorrente la ragione del decidere di tardività dell'allegazione delle modalità dell'incidente, il che non risulta essere stato fatto, e dall'altro, vi è carenza di interesse ad impugnare la statuizione sul merito in applicazione dell'enunciato principio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 20 febbraio 2007, n. 3840).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 giugno 2022 n. 19661 – Presidente Scoditti; Relatore Valle

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