Lavoro

Caso Bellomo, Nalin non abusò della qualifica di magistrato

Nuovo rinvio al Csm per rideterminare al ribasso la sanzione disciplinare per aver svolto attività incompatibili. Lo hanno deciso le Sezioni unite con la sentenza n. 36994 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Nuovo rinvio alla sezione disciplinare del Csm da parte delle Sezioni unite per la "coda" disciplinare legata alla infinita vicenda giurisdizionale che ha coinvolto l'ex Pm Nalin quale ‘coordinatore' della scuola per aspiranti magistrati e collaboratore scientifico della rivista 'Diritto e scienza' entrambe dirette dall'ex consigliere di Stato Bellomo, nel frattempo radiato dalla magistratura. Nalin e Bellomo sono stati scagionati inoltre rispetto alle più gravi accuse di stalking e violenza privata nei confronti di alcune allieve, a cui nell'ipotesi accusatoria avrebbero, tra l'altro, imposto uno specifico "dress code".

La Cassazione, riunita nuovamente a S.U., con la sentenza n. 36994 depositata oggi, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore generale contro l'assoluzione disposta nuovamente dal Csm (siamo al secondo rinvio) rispetto all'accusa di aver usato, o meglio abusato, della sua qualità di magistrato per conseguire vantaggi ingiusti. Secondo il Csm, e le S.U. confermano, il "timore reverenziale" delle allieve piuttosto che alla sua qualifica di magistrato era riconducibile al ruolo svolto all'interno della scuola e ai suoi rapporti con Bellomo.

È stato invece accolto, con rinvio al Csm appunto, il contestuale ricorso dell'ex Pm, poi trasferito come giudice a Bologna, contro la misura, già riqualificata rispetto ai due anni iniziali, della sospensione dalle funzioni per sei mesi, per la diversa colpa di aver svolto attività incompatibili con la funzione Giudiziaria. La responsabilità questa volta rimane confermata ma per il Collegio la sanzione disposta dal Csm non torna. Da una parte infatti la condotta viene qualificata come "non particolarmente grave", dall'altra gli viene comminato mezzo anno di sospensione dalle funzioni e il trasferimento d'ufficio.
Per la Suprema corte si tratta di una motivazione "intrinsecamente contraddittoria e obiettivamente carente in punto del dovuto accertamento in ordine all'effettiva proporzionalità della sanzione inflitta". Da qui l'ulteriore rinvio alla sezione disciplinare del Csm in diversa composizione.

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