Professione e Mercato

Legittimo impedimento negato alla mamma avvocato, il Cnf chiede provvedimenti al Consiglio giudiziario

Per il presidente Francesco Greco la decisione è ingiusta e in contrasto con i principi fondamentali della giustizia

di Francesco Machina Grifeo

È unanime come non mai la sollevazione dell'Avvocatura contro il diniego, il 14 aprile scorso, del legittimo impedimento a partecipare ad una udienza chiesto da una mamma avvocato di Roma il giorno dell'intervento del figlio. "È stata una vicenda traumatica – racconta l'avvocato Ilaria Salamadra, 39 anni - quando mi hanno comunicato la decisione del tribunale che ha negato il legittimo impedimento ad essere presente in aula ero in ospedale con mio figlio, sono svenuta".

Il figlio doveva essere sottoposto ad un esame in day hospital al Bambino Gesù, nella sede distaccata di Palidoro al trentesimo chilometro dell'Aurelia. "L'istanza - aggiunge la penalista che sulla vicenda ha anche pubblicato un video sui social diventato virale in poche ore - l'ho presentata il 12 aprile ed era dettagliatissima e circostanziata. Per scrupolo e anche un po' umiliandomi ho anche allegato il referto dell'ultimo intervento svolto, sempre in day hospital, da mio figlio che ha appena due anni. Non ho voluto tralasciare nulla proprio perché volevo dimostrare che quel giorno il mio obiettivo era stare accanto al mio bambino".

I magistrati invece hanno respinto l'istanza affermando che il bambino avrebbe potuto essere accompagnato in ospedale dal padre e hanno proseguito regolarmente con l'udienza.

"È un episodio intollerabile, siamo pronti ad agire in tutte le sedi opportune - afferma il Presidente del Consiglio dell'ordine, Paolo Nesta -. Non è la prima volta che capita un episodio del genere nel Tribunale di Roma: ricordiamo il caso di una collega cui venne negato il legittimo impedimento nel giorno della data presunta del parto. Ora questo nuovo caso, che lede non solo la dignità e il decoro della professione forense, ma la dignità stessa della donna: assurdo, in un'epoca in cui si parla di parità di genere e di cosa fare per eliminare le disparità".

Per la Camera penale di Roma si tratta "dell'ennesima manifestazione di un'idea proprietaria del processo da parte di alcuni magistrati. E questa idea non è tollerabile, né la sopporteremo oltre". "Se i fatti risulteranno confermati – conclude - , non ci resterà che trarne le debite conclusioni e denunciarli in ogni sede utile affinché siano assunti gli opportuni provvedimenti".

Anche il Movimento Forense "chiede il rispetto della normativa sul legittimo impedimento e il rispetto del diritto alla genitorialità". Per Giampaolo Di Marco, segretario generale dell'Associazione Nazionale Forense si deve dire "basta con l'arbitrio dei magistrati, che rinviano i processi senza ostacoli, con qualunque motivazione, mentre non si tutelano le avvocate e gli avvocati anche in casi gravi come questo".

Scendono in campo anche i Presidenti dei Comitati pari opportunità degli Ordini forensi italiani e, con un comunicato congiunto, esprimono "sostegno alle iniziative già intraprese dal CPO e dal Coa di Roma e massima solidarietà alla collega". I comitati poi "auspicano anche un intervento legislativo urgente volto a garantire i diritti dei difensori di tutte le parti processuali in simili frangenti della vita".

Ma la voce più pesante è quella del Consiglio Nazionale Forense che oltre alla solidarietà chiede provvedimenti. «Riteniamo - afferma il presidente Francesco Greco - che la decisione della giudice sia stata ingiusta e in contrasto con i principi fondamentali della giustizia». «Il Cnf – prosegue - chiederà al consiglio giudiziario di Roma di prendere provvedimenti per garantire che situazioni come questa non si ripetano in futuro».

Solidarietà anche dall'Associazione Italiana Giovani Avvocati che rilancia ancora una volta la necessità di intervenire sulle norme che regolano il legittimo impedimento, ampliandone la portata. "La vicenda è ancora più grave - osserva Aiga - se si fa il confronto con quanto accaduto nella stessa settimana in cui un giudice ha abbandonato l'udienza perché la moglie stava partorendo il suo secondo genito".

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