Penale

Competenza, PVC, amministratore di fatto, frodi carosello e profitto, la Cassazione torna sui reati tributari

Nota a Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 22 ottobre 2021, n. 37933

di Paolo Comuzzi

Con la decisione 37933/2021 la Corte di Cassazione prende in considerazione numerosi elementi di interesse che cerchiamo di riassumere in questa sede premesso che la situazione di fatto è la seguente: due persone fisiche sono condannate in sede di Corte di Appello (a Trento) per essere state alla guida di due società (una estera e una italiana) che hanno proceduto alla emissione di fatture per operazioni soggettivamente false (articolo 8 del decreto legislativo 74/2000).

Entrambe le persone condannate chiedono la riforma della sentenza con una serie articolata di motivi ed in particolare:

1) il primo imputato (ovvero A) chiede che la sentenza sia annullata per due motivi specifici: a) errata applicazione dell'articolo 12 bis del DLGS 74/2000 considerato che il debito fiscale era stato annullato in sede di Commissione Tributaria (in sostanza la sentenza della CTP di Roma che annulla il debito deve portare alla revoca della misura di sicurezza patrimoniale disposta a garanzia dello stesso); b) errore nella identificazione dei beni che costituiscono il profitto del reato tributario.

2) il secondo imputato (ovvero B) articola motivi di ricorso in numero superiore e nel dettaglio contesta: a) il problema della competenza territoriale; b) utilizzo del PVC a fondamento della sentenza di 1° grado; c) errore circa la qualifica allo stesso attribuita di amministratore di fatto; d) erronea applicazione dell'articolo 8 della legge penale tributaria in merito al tema della frode carosello.

La Corte di Cassazione risponde in modo preciso alle doglianze dei ricorrenti e nello specifico conferma (partendo dalle specifiche doglianze dell'imputato B) quanto segue:

1. Per quanto concerne la competenza territoriale si conferma che "… la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni ribadito che la competenza territoriale per il reato avente ad oggetto la emissione di fatture per operazioni inesistenti, nell'ipotesi di documenti emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, si determina a norma della disposizione di cui all'art. 18, comma 3, del d.lgs. n. 74 del 2000 [….] solo se le condotte sono state poste in essere nel corso del medesimo periodo di imposta, mentre, se l'emissione o il rilascio siano avvenuti nel corso di periodi di imposta diversi, trovano applicazione l'art. 8 cod. proc. pen., o, in subordine, il primo comma del predetto art. 18, per effetto del quale è competente il giudice del luogo di accertamento del reato (Sez. 3, n. 29519 del 10/05/2019, Rv. 276592-02; Sez. 3, n. 20505 del 19/02/2014, Rv. 259680)…".

2. Per quanto concerne l'utilizzo del PVC si conferma che "…il Pm ha prodotto, senza opposizione delle parti, i documenti relativi ad allegati al PVC, da cui il Tribunale ha potuto trarre legittimamente fonte di prova …" e si evidenzia anche con chiarezza che "…il Maresciallo B. della Guardia di Finanza, sentito come testimone in contraddittorio con la difesa, ha fatto espresso e continuo riferimento al PVC, richiamandone il contenuto con indicazione specifica delle pagine dello stesso dal quale ha attinto le informazioni riferite in sede di esame testimoniale …".

3. Per quanto concerne la qualifica di Amministratore di fatto si conferma che "…la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'art. 2639 cod. civ., richiede l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno si osserva che significatività e continuità dell'esercizio di tali poteri non sono nozioni che comportino necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, essendo sufficiente l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale; ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento dell'esistenza di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto nella struttura amministrata con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società; fasi che possono essere riscontrate laddove si tratti di rapporti con i dipendenti, con i fornitori o con i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale e disciplinare …".

Stabilito questo si evidenzia che la Corte di Appello ha agito in modo corretto in quanto "…ha desunto l'assunzione della qualifica di amministratore di fatto dalla circostanza che G. avesse stipulato con la S. T. un contratto di incarico per la gestione di clienti e fornitori; che il pagamento dei fornitori della S.T. avvenisse mediante home banking anche su ordine di G., oltre che di A., i quali sostanzialmente davano, in forma disgiuntiva ancorchè evidentemente coordinata, le direttive gestionali; che G. fosse intestatario di un telefono aziendale della S.T.; che il ricorrente, insieme ad A., avesse effettuato diversi viaggi e soggiorni all'estero a spese della S.T.; che, come è risultato dalle dichiarazioni testimoniali acquisite in dibattimento, il G. si fosse anche occupato dei rapporti con i dipendenti presso la N., essendo emerso in quella occasione un'assoluta commistione di ruoli gestori tra A. e lo stesso G. all'interno di entrambe le società …".

4. In merito alla frode carosello ed in particolare con riferimento all'elemento soggettivo la Corte di Cassazione afferma che "…merita dare continuità a quell'orientamento giurisprudenziale - che si attaglia perfettamente al caso di specie - secondo cui, in tema di evasione dell'Iva mediante il meccanismo delle cosiddette "frodi carosello" (il quale si realizza allorchè, nelle operazioni di importazione di beni, si sfrutta la neutralizzazione dell'IVA all'acquisto mediante l'interposizione di società cartiere, aventi il solo scopo di emettere fatture - con l'esposizione di un'imposta in realtà destinata programmaticamente a non essere versata - destinate ad essere utilizzate nella catena delle cessioni per creare crediti d'imposta inesistenti), una volta appurata l'oggettiva sussistenza della frode attraverso la ricostruzione dei passaggi in cui, in concreto, detto meccanismo si estrinseca, è insita nella stessa gestione di fatto delle società coinvolte, e conseguentemente nella regia e supervisione delle operazioni commerciali dalle stesse poste in essere, la sussistenza di elementi rivelatori della piena consapevolezza in capo ai soggetti agenti del complessivo sistema fraudolento, la cui prova principe è costituita dalla estrema, ed altrimenti non giustificata, esiguità del prezzo di acquisto della merce rispetto a quello corrente (Sez. 3, n. 18924 del 20/01/2017, Rv. 269903) …".

5. In merito al profitto del reato (e quindi con riferimento al sequestro per poi procedere con la confisca questione questa che viene sollevata dall'imputato A) la Corte di Cassazione procede ad affermare che il ricorso è fondato e per farlo svolge alcune considerazioni che meritano di essere riportate.

In primo luogo "…deve, a questo punto, considerarsi che, mentre l'utilizzatore consegue un profitto pari all'indebito risparmio di imposta risultante dall'utilizzo delle fatture per operazioni inesistenti, l'emittente consegue, abitualmente, un utile dalla commissione del reato, da qualificare dogmaticamente quale "prezzo del reato", da tenersi distinto dal ricordato profitto conseguito dall'utilizzatore, pari al compenso versatogli da questo per l'emissione delle fatture; si tratta di regola di un importo inferiore, anche in maniera macroscopica, al profitto realizzato dell'utilizzatore. Non potendosi configurare il concorso, come sopra precisato, non appare conforme al diritto prevedere per l'emittente un sequestro preventivo e una successiva confisca per un importo finanziario avente un valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture …".

Dopo questa affermazione la Corte prosegue stabilendo che "…giova tener presente il principio di diritto secondo cui, in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 del d.lgs. n. 74 del 2000 escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. (In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che il vincolo nei confronti dell'emittente può essere imposto in relazione al solo prezzo del delitto di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, da individuare - in sede di sequestro - con riferimento a qualsiasi utilità economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato) (Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016, Rv. 267925; Sez. 3, n. 15458 del 04/02/2016, Rv. 266832; Sez. 3, n. 42641 del 26/09/2013, Rv. 257419) …".

Quindi la Cassazione conclude dicendo che "…ai fini della legittima adozione di un sequestro preventivo e della successiva sua conversione in confisca deve, in fatto e senza automatismi, accertarsi per l'emittente delle fatture il conseguimento di un utile dalla commissione del reato (condizione, si ribadisce, non invece, necessaria ai fini della integrazione del reato e, pertanto, della pronunzia di una sentenza di condanna), che non può ritenersi pari a quello dell'utilizzatore, e neanche pari all'importo delle fatture emesse, per la sopra vista assenza di concorso reciproco (art. 9 del d.lgs. n. 74 del 2000)…".

Un riporto merita anche la affermazione secondo cui "… inoltre, in tema di reati tributari, la confisca per equivalente del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, astrattamente consentita dall'art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, non può essere disposta qualora dalla commissione della condotta non sia derivato un effettivo risparmio di imposta né per l'emittente, né per il destinatario dei documenti fittizi (Sez. 3, n. 48104 del 06/11/2013, Rv. 258052) …".

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