Penale

Sottrazione di minori e maltrattamento, il punto della Cassazione

Per la VI Sezione penale, sentenza n. 21634 depositata oggi, il vulnus sul minore sottratto o trattenuto all'estero non costituisce di per sé un'ulteriore offesa rilevante ai fini dell'articolo 572 del Cp

di Francesco Machina Grifeo

La sottrazione di minore all'estero – in questo caso da parte della madre che aveva perso la potestà genitoriale - non costituisce di per sé un ulteriore offesa rilevante ai fini del reato di maltrattamenti in famiglia. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 21634 depositata oggi, accogliendo sotto questo profilo il ricorso di una donna condannata dalla Corte di appello di Brescia a cinque anni di reclusione per i reati di maltrattamenti in famiglia, di calunnia e di sottrazione all'estero di figli minorenni.

In particolare, alla imputata era stato contestato il reato di cui agli artt. 572, 61-quinquies cod. pen. per aver maltrattato dall'agosto 2017 la figlia minore, nata nel 2011, costringendola a disegnare se stessa ed il padre in atteggiamenti sessuali, ripetendole ossessivamente che il padre e la nonna paterna compivano su di lei atti sessuali, conducendola in Romania, così da cagionarle una sindrome da alienazione parentale e alterando il suo normale sviluppo della sfera emotiva e sessuale (capo A). Del reato di cui agli artt. 81 e 368 cod. pen. per aver incolpato falsamente il padre della bambina (capo B). Nonché del reato di cui all'art. 574-bis cod. pen. per aver sottratto dall'ottobre 2018 con condotta perdurante le due figlie minori al padre, unico esercente la responsabilità genitoriale, conducendole contro la volontà di quest'ultimo in Romania (capo C).

Proposto ricorso, l'imputata lamentava l'erronea applicazione della nuova e più grave disciplina sanzionatoria dell'art. 572 cod. pen. introdotta dalla novella della L. n. 69 del 2019, "perché si è qualificata come condotta maltrattante anche il trattenimento della bambina all'estero". Tale condotta, secondo la ricorrente, era già sanzionata ai sensi dell'art. 574-bis cod. pen., e non poteva essere ritenuta di per sé una condotta di maltrattamento, senza accertare le conseguenze che la stessa ha avuto sulla minore.

Motivo accolto dalla Suprema corte secondo cui erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che la sottrazione della minore e il suo trattenimento all'estero costituisse "una ulteriore condotta maltrattante di cui al capo A), protrattasi sino al 16 ottobre 2019, data dell'arresto dell'imputata in Romania". Il giudice di secondo grado ha così ritenuto che andasse applicata la cornice sanzionatoria più severa prevista per il reato di maltrattamenti dalla legge n. 69 del 2019. Ed è partita da una pena base di tre anni e mesi sei di reclusione.

"La decisione della Corte di appello – si legge nella decisione -, quanto alla protrazione del reato di maltrattamenti, non appare corretta". Il reato di maltrattamenti in famiglia, spiega la Cassazione, "può concorrere con quello di cui all'art. 574-bis cod.pen., in quanto quest'ultimo reato, quandanche riguardi il medesimo minore, viene ad incriminare le specifiche condotte tipizzate di "abductio" e di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, che determinino un impedimento all'esercizio della responsabilità genitoriale e costituiscano al contempo una preclusione per il figlio di mantenere la comunanza di vita con i genitori".

Il reato di cui all'art. 574-bis cod. pen. ha infatti natura plurioffensiva, in quanto offende le prerogative di colui che esercita sul minore la responsabilità genitoriale (il genitore o il tutore) e anche, attraverso l'impedimento delle relazioni con quest'ultimo e il suo allontanamento dall'ambiente di abituale dimora, il diritto del minore a vivere nel suo habitat naturale.

"Quindi, il vulnus che la condotta descritta nel reato di cui all'art. 574-bis cod. pen. determina sul minore sottratto o trattenuto all'estero - come sopra indicato - di per sé, non può costituire, per il principio del ne bis in idem sostanziale, un'ulteriore offesa rilevante ai fini dell'art. 572 cod. pen.".

Ne consegue, conclude la Corte, che la sentenza impugnata deve essere annullata sul punto della determinazione del trattamento sanzionatorio, che dovrà essere oggetto di nuovo giudizio.

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