Penale

Non è illegittima l'aggravante "unica" dei maltrattamenti in famiglia se commessi in presenza o in danno dei figli

I giudici di legittimità hanno escluso che vi sia una violazione del principio costituzionale di proporzionalità

di Paola Rossi

La Cassazione non individua alcun profilo di incostituzionalità della norma penale che prevedendo il reato di maltrattamenti in famiglia lo appesantisce se commesso "in presenza" o "in danno" di un minore. Aggravante che comporta un aumento di pena fino alla metà senza fare distinguo tra le due ipotesi ai fini della dosimetria della pena.

Con la sentenza n. 21024/2022 la Cassazione respinge il motivo di ricorso che sosteneva la presenza di profili di illegittimità costituzionale del secondo comma dell'articolo 572 del Codice penale. Secondo il ricorrente proprio la mancanza di differenziazione delle due ipotesi aggravanti costituisce una violazione del principio costituzionale di proporzionalità. In particolare, sosteneva che non si potessero mettere sullo stesso piano i maltrattamenti commessi in presenza o in danno di un minore. A suo avviso la prima ipotesi, dove il minore sarebbe "solo" spettatore del reato commesso in ambito familiare, è sicuramente meno grave della seconda, dove il minore sarebbe invece la vittima diretta dei soprusi o della violenza fisica.

Il caso deciso
Nel caso concreto il ricorso è stato comunque respinto dai giudici di Cassazione in quanto era emerso il dolo eventuale del ricorrente di commettere il maltrattamento "direttamente in danno del figlio piccolo" che di fatto colpiva anche se le botte erano indirizzate alla madre, che però teneva il piccolo in braccio. Il figlio del ricorrente non era stato quindi solo spettatore della violenza agita dal padre contro la madre, ma ne era stato anche vittima diretta in quanto il padre aveva accettato il rischio di coinvolgerlo nel malmenare la propria compagna.

L'esame dell'aggravante
Ma al di là della pretesa del ricorrente di vedersi riconosciuta l'aggravante sotto il profilo della sola presenza del minore, la Cassazione nel rigettare la richiesta di rinvio alla Corte costituzionale coglie l'occasione per affermare la legittimità della previsione dell'articolo 572 del Codice penale sulla doppia ipotesi di aggravamento del reato commesso in danno del familiare.

Gli ermellini ritengono, infatti, che volutamente il Legislatore le ha accorpate in un'unica disposizione posta a tutela dei figli minori in quanto soggetti deboli. L'indiscutibile annoveramento dei figli minori nella categoria dei soggetti deboli ha comunque la sua specificità che - a detta della Cassazione - consente di emettere un giudizio di pari gravità tra l'essere il minore presente al reato o esserne la vittima diretta. Infatti, non si può valutare con minor gravità la condotta maltrattante che seppure non attinge il bambino inserito nell'ambiente familiare lo rende spettatore di violenza dentro il luogo che dovrebbe garantirgli serenità e protezione: la casa dove egli abita. Le ripercussioni della rottura del legame di fiducia che il figlio ha verso i genitori costituisce una danno alla sua integrità di imprevedibile gravità e durevolezza nel tempo. Conclude la Cassazione facendo rilevare che ormai la psicologia dell'età evolutiva individua l'esistenza di danni alla psiche anche per bambini che percepiscono la violenza domestica magari dalla loro culla senza assistervi direttamente.

Infine, per sgombrare il campo da residui dubbi di incostituzionalità la Cassazione fa rilevare che il Legislatore - proprio per garantire aumenti di pena proporzionali al reale aggravamento del reato - non ha fissato criteri aritmetici fissi e uguali, ma ha stabilito solo il tetto massimo dell'aumento lasciando di fatto alla valutazione del giudice della cognizione il calcolo della pena da comminare nel caso concreto.

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