Professione e Mercato

Sanzionato l'avvocato che non paga le spettanze al collega domiciliatario

Lo ha stabilito il Cnf, con la sentenza n. 129 del 13 settembre 2022, sanzionando con la censura un legale che aveva tenuto un "comportamento puramente dilatorio"

di Francesco Machina Grifeo

L'avvocato che ometta di dare riscontro alle ripetute richieste di informativa del collega domiciliatario e che non si adoperi, tenendo un comportamento puramente dilatorio, affinché quest'ultimo ottenga il soddisfacimento delle proprie spettanze professionali, commette un illecito disciplinare. Lo ha stabilito il Consiglio nazionale forense, con la sentenza n. 129 del 13 settembre 2022, confermando la sanzione della censura per la violazione degli artt. 19 e 43 Ncdf come indicato dal Consiglio di disciplina di Bologna.

La questione partiva dalla necessità del professionista incolpato di esperire un'azione esecutiva presso il Tribunale di Pistoia, per cui aveva nominato quale proprio domiciliatario un legale del Foro locale a cui aveva poi trasmesso l'atto di pignoramento presso terzi, titolo esecutivo e precetto. L'atto venne ritualmente notificato e l'udienza per la dichiarazione di terzo fissata. Poiché tuttavia il debitore aveva interrotto il rapporto lavorativo con il terzo pignorato, l'Avvocato ricorrente comunicava al domiciliatario di sospendere ogni attività, e di non procedere alla iscrizione a ruolo della causa. A questo punto, ritenuta ultimata la propria attività, il legale di Pistoia, inviava nota spese all'incolpato chiedendone il pagamento, tuttavia, la missiva, così come le successive, rimanevano senza riscontro.

Secondo il Cdd, il legale, oggi ricorrente, doveva essere ritenuto responsabile per non aver sollecitato la cliente né tantomeno provveduto egli stesso al pagamento dell'onorario della propria domiciliataria. Il rapporto che interviene tra i due avvocati, spiegava, prende la forma del contratto di mandato e non quella del contratto a favore di terzi, con la conseguenza per cui l'onorario del domiciliatario debba essere versato dall'avvocato mandante e non dal cliente.

Una lettura confermata dal Cnf secondo cui è ormai consolidato il principio per cui l'avvocato che abbia scelto o incaricato direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza, ha l'obbligo di provvedere a retribuirlo, ove non adempia il cliente.

E se è vero che tale principio non opera quando l'incarico di co-difesa o mera domiciliazione non sia pervenuto dall'avvocato dominus ma direttamente dal cliente, tuttavia nel caso di specie "è pacifico che l'incarico di domiciliazione (così come l'inserimento in procura) sia avvenuto su indicazione e per scelta dell'Avv. ricorr ente, il quale è stato l'interlocutore unico dell'avv. domiciliatario, da cui questa ha ricevuto le direttive e le indicazioni concernenti la procedura esecutiva che li ha visti coinvolti".

Ciò, peraltro, prosegue la sentenza del Cnf, è comprovato dall'assenza di documentazione attestante contatti e rapporti diretti tra l'avv. domiciliatario e la comune cliente.

Un assunto, prosegue il Consiglio nazionale forense, che vale ancora di più "considerando il maggiormente stringente orientamento di legittimità – a cui questo Giudice intende aderire – per il quale "La domiciliazione dell'avvocato presso un altro collega non determina l'insorgenza della qualifica di co-difensore in capo al domiciliatario, a nulla rilevando che il cliente sottoscriva la procura ad litem anche nei confronti di quest'ultimo. Il rapporto che interviene tra i due avvocati, infatti, prende la forma del contratto di mandato e non quella del contratto a favore di terzi. Conseguentemente, l'onorario del domiciliatario deve essere versato dall'avvocato mandante e non dal cliente". (Cass. 25816/2011).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©