Penale

Legittima la consulenza lavoristica prestata da centro servizi di associazione di Pmi

La prestazione non costituisce abusivo esercizio della professione se rivolta ai soli associati

di Paola Rossi

Il Centro terziario di servizi che fa capo aun'associazione di piccole imprese non commette il reato di esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro se presta attività a favore dei soli associati. La Cassazione con la sentenza n. 26294/2021 ha così assolto il titolare del Cst perchè il fatto non sussiste come reato.

All'imputato, infatti, era stata contestata la condotta di aver abusivamente svolto attività riservata ai consulenti del lavoro in assenza dei requisiti professionali richiesti. Ma la Corte di cassazione dà ragione al ricorrente riconoscendo che il centro territoriale di servizi di un'associazione od organizzazione di categoria che svolga anche attività di assistenza fiscale, attraverso la costituzione di un Caf, è legittimato proprio dalla legge ordinamentale dei consulenti del lavoro a curare gli adempimenti lavoristici a favore dei propri associati o appartenti. In tal caso la presenza di consulenti iscritti all'albo è possibile, ma non necessaria.

La prima norma che viene in rilievo è l'articolo 11 del regolamento Finanze n. 164/1999 sull'attività dei Caf e in particolare sulla possibilità che le relative attività siano affidate a società di servizi con capitale sociale posseduto a maggioranza assoluta dalle associazioni od organizzazioni di categoria che hanno costituito il Centro di assistenza fiscale.

A tale disposizione va collegato il comma 4 dell'articolo 1 della legge 12/1979 che regola la professione di consulenza del lavoro la quale espressamente prevede che le imprese artigiane e le piccole imprese, anche in forma cooperativa, possano affidare ai Caf istituiti dalle rispettive associazioni di categoria l'esecuzione degli adempimenti riservati agli iscritti all'albo dei consulenti del lavoro, se non svolti direttamente dai datori o da loro dipendenti, in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori.

Nel caso concreto era stato messo al centro della condanna - ora definitivamente annullata dalla Cassazione - il rilevo che il ricorrente, legale rappresentante del centro servizi territoriale, fosse titolare del 99% per cento degli utili. Ma ciò che rileva è la proprietà della società di servizi in capo all'ente legittimato a istituire il Caf. Avrebbe dovuto perciò il giudice di merito tener conto del fatto che il 70% delle quote sociali fosse invece intestato all'associazione di categoria e che le prestazioni di assistenza fiscale, e segnatamente quelle di consulenza lavoristica, avvenivano a vantaggio dei soli partecipanti associati. Aspetto che rende irrilevante la mancanza di titolo di consulente del lavoro in capo al titolare dell'articolazione territoriale di categoria dedicata alla somministrazione di servizi a costi contenuti.


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