Penale

La responsabilità penale del datore di lavoro per la morte del lavoratore all'estero. La giurisdizione italiana individuata dalla Corte di Cassazione, sezione IV, nella sentenza n° 35510/2021

Nella recente pronuncia in commento sono stati condannati i datori di lavori di tutte e tre le aziende italiane coinvolte: il primo proprio perché datore di lavoro diretto della vittima, in termini civilistici si tratta del titolare della società subappaltatrice, il secondo quale appaltatore, ed il terzo quale committente

di Cipriano Ficedolo e Fabrizio Sardella*

Con la sentenza in commento la Suprema Corte affronta nuovamente il tema della responsabilità penale per la violazione della normativa prevenzionale in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro. Anche la giurisprudenza segna il passo nel contenimento delle c.d. morti bianche quotidiane, oggetto di rinnovata attenzione mediatica.

Nella recente pronuncia in commento sono stati condannati i datori di lavori di tutte e tre le aziende italiane coinvolte: il primo proprio perché datore di lavoro diretto della vittima, in termini civilistici si tratta del titolare della società subappaltatrice, il secondo quale appaltatore, ed il terzo quale committente.

L'infortunio era occorso in territorio straniero e sono state poste in dubbio le ricostruzioni fattuali e le conseguenze giuridiche del tragico evento e, pertanto, tutti i datori di lavoro ricorrevano in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ferrara, con la quale tutti erano stati condannati alla pena di anni 1 per la morte in India dell'esperto operaio.

La Quarta Sezione Penale affronta tutte le doglianze delle difese nella complessa ed articolata sentenza in analisi, la n° 35510/2021, e, così, tratta diversi temi importanti nell'ambito della responsabilità penale dei datori di lavoro conseguente alla violazione delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Tra i numerosi spunti di approfondimento circa il delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme precauzionali nel caso di subappalto, il presente commento si concentra sulla giurisdizione italiana nel caso di omicidio colposo avvenuto all'estero.

Il reato istantaneo di evento si è certamente consumato all'estero, essendo l'evento letale verificatosi a bordo di una nave straniera, in acque territoriali estere e, perciò, certamente non nel territorio nazionale.Perché se ne occupa il Giudice italiano?

La risposta della sentenza della Corte d'Appello, con motivazioni confermate in sede di vaglio di legittimità, era riferita specificamente al caso oggetto di decisione, la morte del lavoratore italiano occorsa su nave indiana, a largo delle coste indiane. In particolare, i Giudici felsinei affermavano che:

• è perseguibile in base alla legislazione italiana e davanti al giudice italiano la violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro accertata a bordo di una nave battente bandiera straniera, quando detta violazione, ed i conseguenti effetti lesivi, non abbiano interessato solo gli appartenenti alla c.d. "comunità navale" sottoposta, come tale, alla giurisdizione dello Stato cui la nave appartiene, ma bensì soggetti estranei alla detta comunità quali, nella specie, lavoratori italiani (Sez. 4, n. 7409 del 02/05/2000, D'Este, Rv. 216605, richiamata anche da Sez. 4, n. 16028 del 15/01/2003, Hutar, Rv. 225426), peraltro dipendenti di un'impresa italiana;

• nella fattispecie, le conseguenze del reato non interessavano la c.d. "comunità navale" e non incidevano (solo) sulle finalità primarie della comunità dello Stato di attracco, dal momento che il datore di lavoro, la imprese ed il lavoratore erano italiani nonostante la nave, su cui era avvenuto il sinistro, battesse bandiera indiana.

Al riguardo i Giudici di merito avevano correttamente rilevato che, in tema di illeciti penali commessi a bordo di una nave straniera, sussista la giurisdizione dello Stato italiano in relazione a fatti idonei ad interferire nella vita della comunità costiera italiana; pertanto, resta compito del giudice verificare in concreto se dal fatto contestato siano derivate conseguenze estesesi all'Italia ovvero se il medesimo fatto sia stato di per sé idoneo a turbare la pace pubblica del Paese o il buon ordine del mare territoriale, dovendosi escludere, in tutte le succitate ipotesi, il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria italiana.

Nel caso di specie si è avuto l'occasione di ricordare che con la Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 - articolo 19 -, lo Stato italiano ha rinunciato alla giurisdizione in relazione ad illeciti penali commessi a bordo di una nave straniera nel solo caso in cui abbiano rilevanza esclusiva per la comunità viaggiante; circostanza non verificatasi nel caso in oggetto. La morte del lavoratore italiano, dipendente di società italiane, determina la giurisdizione del Tribunale penale italiano.

Sin dalle motivazioni d'appello, però, il caso ha assunto connotati tali da rendere l'esegesi in punto di giurisdizione valida anche al di fuori della casistica degli infortuni navali. La Corte di Cassazione, poi, ha aggiunto importanti motivazioni a sostegno della giurisdizione italiana in caso di delitto contro la persona commesso all'estero con violazione della normativa prevenzionale italiana.

Si legge nella sentenza in commento che la normativa italiana in materia infortunistica, essendo posta a presidio del bene fondamentale della salute in ambito lavorativo, di sicura rilevanza costituzionale, deve considerarsi di ordine pubblico, per cui i datori di lavoro e gli altri responsabili della sicurezza sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie, al fine di prevenire possibili infortuni, ovunque l'attività lavorativa si svolga.

Gli ermellini, nelle motivazioni della sentenza, statuiscono che, in base alla consolidata giurisprudenza, ai fini dell'affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all'estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero (l'arresto è conforme alle precedenti pronunce: cfr. Sez. 6, n. 56953 del 21/09/2017, Guerini, Rv. 272220; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259486).

Alla luce delle suindicate motivazioni la Cassazione ha ritenuto che, nel caso si specie, sussistesse la giurisdizione italiana per il vaglio di responsabilità penale degli imputati.

L'affermazione della Corte di Cassazione è di portata generale e perentoria: è sufficiente che sia avvenuta una parte della condotta penalmente rilevante (anche omissiva) in Italia per determinare la giurisdizione italiana. E, implicitamente, i Giudici di legittimità confermano anche la competenza territoriale del Tribunale in cui si è (parzialmente) svolta l'azione o l'omissione di rilievo penale.

Nel caso di specie, l'imputazione si basava, per la parte qui di rilievo, sulla carenza di formazione specifica del lavoratore per l'attività sulle navi, attribuita colposamente a tutti gli imputati.

Questo frammento di condotta omissiva del datore di lavoro, che non ha correttamente erogato in Italia almeno parte della formazione del lavoratore deceduto, è sufficiente a fondare la giurisdizione italiana, la competenza del Tribunale ove ha sede la società subappaltatrice e costituisce, all'un tempo, l'addebito colposo necessario per la condanna di tutti i datori di lavoro.

La sentenza determina la necessità per il datore di lavoro di estendere il sistema prevenzionale al di là dei confini territoriali , applicando le cautele necessarie per la prevenzione degli infortuni ai dipendenti che lavorano all'estero.

Questa estensione suggerisce, altresì, la dilatazione dei presidi e dei controlli ex d. lgs. 231/2001 ai luoghi di lavoro oltre confine, quantomeno al fine di prevenire la realizzazione dei reati di cui all'art. 25 septies del citato decreto.

*a cura degli avv.ti Ficedolo Cipriano e Fabrizio Sardella , Partner 24ORE Avvocati

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