Penale

Sequestro preventivo di immobili in fondo patrimoniale familiare, la sola "disponibilità" non legittima la misura

La "disponibilità" di un bene, ai fini della misura cautelare finalizzata alla confisca per equivalente, se pure non solo riferibile alla formale titolarità del medesimo, deve comunque estrinsecarsi in un potere di fatto il cui contenuto può ricondursi alla nozione civilistica di possesso (Corte di Cassazione, Sez. III Pen., Sent. 3 marzo 2022, n. 7610)

di Paolo Comuzzi

Nel caso che si commenta la Corte di Cassazione (decisione 7610 / 2022) si occupa del sequestro preventivo di un immobile conferito in un fondo patrimoniale familiare e la decisione è interessante in quanto prende in considerazione il tema della disponibilità di un bene ai fini di poter esercitare sullo stesso la misura cautelare.

La Corte sancisce con chiarezza che il "… il Tribunale di Trieste ha fatto cattivo governo delle disposizioni che, in materia tributaria, consentono, in forma strumentale alla successiva confisca per equivalente, di sottoporre alla misura cautelare reale del sequestro preventivo i beni che siano "solo" nella disponibilità (e non nella titolarità) del soggetto indagato o, come nel nostro caso, imputato per reati che abbiano determinato un profitto consistente nella evasione di tributi (nel caso di tratta di accise, cioè di tributi legati alla produzione di determinati beni ovvero alla loro immissione sul mercato) …".

Questa conclusione critica viene formulata tenendo conto del fatto che il Tribunale ha formulato la sua decisione circa la liceità del sequestro perché "… ha ritenuto che il G. [omissis] fosse nella disponibilità dell'immobile gravato da sequestro preventivo - pur nella consapevolezza che lo stesso fosse stato acquistato, anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare in questione, esclusivamente dalla moglie di costui in regime di separazione coniugale dei beni e che fosse stato immediatamente dopo conferito in un fondo patrimoniale - proprio in ragione di tale particolare destinazione attribuita al bene in questione. Ha rilevato il Tribunale, riprendendo le osservazioni della Corte territoriale che il G. poteva disporre del bene congiuntamente con la formale titolare di esso; lo poteva amministrare anche disgiuntamente da quella; poteva godere dei frutti dell'immobile, essendo gli stessi destinati alla soddisfazione dei bisogni familiari, quindi anche dei suoi. Sulla base della considerazione che tale assetto degli interessi comportava la attribuzione in favore del G. di un potere di controllo sulla circolazione del bene anche più ampio di quello ordinariamente spettante al comproprietario, la Corte ha ritenuto che il bene fosse nella disponibilità dello stesso e che, pertanto, legittimamente esso poteva essere sottoposto a sequestro preventivo nell'ambito del giudizio che vedeva il solo G., e non anche la moglie di quello, imputato per reati in materia tributaria …".

Questi argomenti, secondo la Corte di Cassazione, non sono in linea con la vigente normativa ed infatti il Collegio giudicante precisa che la "disponibilità" di un bene, ai fini della misura cautelare finalizzata alla confisca per equivalente, se pure non solo riferibile alla formale titolarità del medesimo, deve comunque estrinsecarsi in un potere di fatto il cui contenuto può ricondursi alla nozione civilistica di possesso, inteso come relazione materiale che il soggetto ha con la cosa e che si realizza con l'esercizio di autonomi poteri corrispondenti al diritto di proprietà.

In particolare la Cassazione esplicita in modo chiaro che "…è circostanza incontestata che l'immobile in questione sia stato acquistato dalla sola odierna ricorrente (senza che siano state adombrate ipotesi di interposizione, fittizia o reale, di tale soggetto rispetto al veridico acquirente di esso) e che lo stesso, ai sensi dell'art. 167 cod. civ., è stato destinato dalla proprietaria alla costituzione di un fondo patrimoniale destinato a fare fronte ai bisogni della famiglia; va, ancora aggiunto, che, essendo stata derogata la disposizione dettata dall'art. 168, comma primo, cod. civ., la titolarità del bene costituente il patrimonio del fondo è rimasta in capo alla sola S. [omissis]. Ciò posto si rileva che il Tribunale ha fatto discendere la circostanza che il G. abbia la disponibilità del bene dal solo rilievo che questi, potrebbe con il solo consenso della moglie, alienare o comunque costituire vincoli sul bene, agendo quindi in qualità di comproprietario …".

Nel caso di specie una decisiva rilevanza, per escludere tale disponibilità del bene nelle mani dell'imputato e sancire quindi l'esclusiva titolarità del bene in capo alla moglie ricorrente, così da concludere per l'annullamento del provvedimento di sequestro, viene data al punto della alienazione del bene, atto questo possibile solo con l'azione della moglie.

La Corte di Cassazione statuisce senza ambiguità che "… va detto che il giudice del gravame cautelare non ha affatto considerato che, data la particolarità del fondo in questione, in relazione al quale la titolarità formale del bene è rimasta esclusivamente in capo alla odierna ricorrente, sotto il profilo della efficacia reale gli atti dispositivi del bene in questione non possono essere realizzati altro che da questa ed esclusivamente da questa, non essendo, indubbiamente, nella facoltà del G. quella di cedere autonomamente il bene in questione. Ora, mentre sarà possibile da parte dell'altro coniuge (cioè colui che non risulta essere il proprietario) opporsi alla cessione del bene ove la stessa sia frutto di una iniziativa singolare del soggetto titolare del bene, è di tutta evidenza che in caso, invece, di accordo sulla cessione, l'atto dispositivo non potrà essere compiuto altrimenti che dal coniuge che risulti essere titolare del bene, potendo, al massimo, l'altro coniuge far constatare la sua non opposizione. Siffatta facoltà, suscettibile di manifestarsi, per così dire, esclusivamente in negativo, non comporta, ad avviso di questo Collegio, l'affermazione della sussistenza in capo al G. di quei poteri che, secondo la giurisprudenza di questa Corte integrano, come si vedrà infra, quel concetto di disponibilità che consente l'assoggettamento a sequestro preventivo di un bene anche nel caso in cui questo sia apparentemente nella titolarità di un soggetto diverso da quello nei confronti del quale il sequestro è diretto …".

Procedendo nella sua disamina la Corte di Cassazione stabilisce anche che "…va ribadito che questa Corte ha considerato che, sebbene il concetto di disponibilità di un bene, ai fini del sequestro preventivo di esso, non sia equivalente alla formale titolarità del medesimo intesa in senso civilistico, tuttavia è in ogni caso necessario che su di esso l'individuo, per essere legittimamente attinto dalla misura cautelare reale, eserciti un potere di fatto, il cui contenuto è sussumibile in quello che in termini civilistici sarebbe definibile come possesso (Corte di cassazione, Sezione III penale, 17 settembre 2021, n. 34602), cioè come quella relazione materiale che il soggetto ha con il bene che si estrinseca nell'esercizio degli autonomi poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Corte di cassazione, Sezione III penale, 31 gennaio 2019,n. 4887; idem Sezione II penale, 23 maggio 2013, n. 22153) …".

Fatta questa importante considerazione la stessa conclude che "… nel caso che interessa, invece, siffatto i caratteri di potere - o avente un contenuto meramente negativo limitato alla intercessio ovvero essendo riferito non immediatamente alla posizione del soggetto in sé considerata ma essendo esclusivamente finalizzato alla soddisfazione dei bisogni di un più ampio consorzio sociale (di cui il singolo individuo è solo parte) dotato di un'autonoma rilevanza in seno all'ordinamento - non appaiono integrare gli elementi della disponibilità giuridicamente rilevante ai fini della legittimità del sequestro preventivo riferito a beni non appartenenti al soggetto indagato …".

Una decisione certamente interessante che consente di trovare un qualche punto di equilibrio tra fondo patrimoniale e sequestro.

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