Amministrativo

La persona fisica non imprenditore non può essere destinataria di interdittiva o informativa antimafia

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso che sosteneva applicabile il regime che scatta per infiltrazione mafiosa nell'ente locale

di Paola Rossi

Sulla possibilità di applicare l'informativa antimafia ad una persona fisica che non riveste la qualità di imprenditore il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2212/2023, ha accolto la tesi secondo cui il privato non imprenditore non ne può essere il destinatario. E afferma che in materia di contratti pubblici e di obbligazioni della pubblica amministrazione il regime dell'interdittiva e dell'informativa antimafia non può applicarsi a un appartenente a una professione intellettuale: la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società non può essere destinataria di una informativa antimafia di tipo interdittivo.

Sulla materia del contendere ora risolta da Palazzo Spada non risultano precedenti di giurisprudenza.

La vicenda
Nel caso di specie, la prefettura aveva applicato un'informativa antimafia a un libero professionista, in relazione a un incarico conferitogli da un Comune, avente ad oggetto una prestazione di natura propriamente professionale.
L'interdittiva era stata adottata dalla Prefettura su richiesta del Comune, a seguito della condanna per i reati di cui agli articoli 323 e 479 del Codic penale, aggravati ex articolo 7 del Dl 152/1991, per fatti risalenti al 2010.
Il professionista aveva impugnato l'interdittiva elevata nei propri confronti e, in primo grado, il Tar aveva accolto il ricorso, per l'appunto negando che un libero professionista – che non rivesta la qualità di imprenditore – potesse essere colpito da un'informativa antimafia.
Con motivi aggiunti, il ricorrente aveva dedotto "di essere stato colpito dall'interdittiva non già come imprenditore, bensì quale persona fisica, libero professionista, nell'esercizio della sua attività di architetto, in relazione a un incarico conferitogli dal Comune avente ad oggetto una prestazione di natura propriamente professionale".
Il Ministero aveva poi proposto appello, ritenendo non condivisibile tale assunto. In particolare, secondo la Pa, la disciplina relativa all'informativa antimafia doveva essere coordinata con la disciplina dell'acquisizione, da parte dell'ente locale che fosse stato sottoposto alla procedura di scioglimento ex articolo 143 del Dlgs 267/2000: l'informazione sarebbe necessaria prima della stipula di qualsiasi atto negoziale (dunque, anche a contratti con cui si conferisce un incarico professionale).

La soluzione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, ritenendo invece che, in forza del principio di legalità, non potesse essere superata la lettera della legge. Invece, le amministrazioni appellanti davanti al Consiglio di Stato avevano sostenuto che "la soluzione interpretativa adottata dal Tar Calabria non pare condivisibile, non tenendo nella dovuta considerazione la peculiarità costituita dalla previsione dell'articolo 100 del Dlgs 159/2011 per i Comuni oggetto di scioglimento per infiltrazione mafiosa, il cui disposto va combinato con quanto previsto dagli articoli 83 e 91 del Dlgs 159/2011".

Il Consiglio di Stato, nel rigettare il ricorso, ha confermato il ragionamento del Tar: "considerato che il punto risolutivo della controversia verte unicamente sulla questione se la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società possa essere destinatario di una informativa antimafia di tipo interdittivo", va ritenuto che debba darsi "risposta negativa al suddetto interrogativo".


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