Società

L'esterovestizione societaria: localizzazione fittizia e prova del vantaggio fiscale, la Cassazione torna a pronunciarsi con la sentenza n. 8297/2022

L'esterovestizione si concretizza nella fissazione della sede legale della società in un Paese estero e nella realizzazione del requisito della presenza della sede dell'amministrazione o dell'oggetto principale nel nostro Paese.

di Monica Peta*

La Cassazione con la sentenza n. 8297 del 15 marzo 2022 (si veda anche Cass. 8 marzo 2022 n. 4463), è tornata a pronunciarsi sulle operazioni di esterovestizione societaria, perimetrando due nozioni strettamente correlate: la localizzazione fittizia e la prova del vantaggio fiscale del contribuente quale scopo essenziale.

L'esterovestizione si concretizza nella fissazione della sede legale della società in un Paese estero e nella realizzazione del requisito della presenza della sede dell'amministrazione o dell'oggetto principale nel nostro Paese. Il fenomeno, ricorrente nelle operazioni di riorganizzazione aziendale e di pianificazione fiscale internazionale, è da sempre sotto la lente dell'amministrazione finanziaria, in quanto sul piano amministrativo le conseguenze consisterebbero nell'accertamento in Italia di maggiori imponibili che sarebbero stati dichiarati qualora la società, invece di qualificarsi come soggetto fiscalmente non residente in Italia, si fosse dichiarata residente in Italia, nonché nell'irrogazione delle relative sanzioni per omessa dichiarazione.

Nel caso di specie della sentenza in commento, alla società "A. s.a.", con sede in Lussemburgo e holding del gruppo, è stato notificato un avviso di accertamento per l'anno di imposta 2005 ai fini IRES ed IVA. L'atto impositivo è scaturito da una verifica operata dalla GdF all'esito della quale è emerso che la società, formalmente di diritto lussemburghese, sarebbe di fatto residente in Italia con conseguente ripresa a tassazione dei redditi conseguiti. La società ha impugnato l'atto impositivo innanzi alla competente CTP di Milano rilevando in particolare che l'Ufficio non aveva provato i concreti vantaggi tributari perseguiti con l'esterovestizione. Il Giudice adito ha accolto le doglianze della società con sentenza, successivamente impugnata dall'Amministrazione Finanziaria.

Il Giudice d'appello respingendo il ricorso dell'Ufficio conferma la circostanza, rilevante ai fini dell'ipotesi di esterovestizione, secondo cui l'Agenzia delle Entrate non avrebbe dimostrato la finalità del risparmio o vantaggio fiscale della collocazione fittizia della residenza fiscale all'estero.

La CTR, nello specifico, ha appurato come la holding abbia sempre e comunque esercitato la gestione amministrativa delle partecipazioni possedute nelle controllate estere e l'attività di direzione. In più, l'Amministrazione Finanziaria avrebbe completamente obliterato la finalità fiscale della ricostruzione elusiva, constatando altresì che la documentazione agli atti sarebbe insufficiente a dimostrare l'ipotesi di esterovestizione.

Avverso la decisione della CTR l'AdE ha proposto ricorso per Cassazione eccependo plurimi motivi tra cui, la violazione dell'art. 73 del DPR n. 917/1986, dell'art. 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Lussemburgo ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c..

Sul punto, la Suprema Corte riafferma con rigore che, l'esterovestizione ricorre allorché una società che ha nel territorio dello Stato la sede dell'amministrazione, localizzi la propria residenza all'estero con l'unico fine di fruire di una normativa fiscale di favore .

In questo senso, è necessario accertare che lo scopo essenziale dell'operazione si limiti all'ottenimento del vantaggio fiscale non essendo sufficiente applicare un criterio generale predeterminato.

È invece indispensabile l'esame tutti gli aspetti legati all'operazione. Al riguardo la medesima Corte, ha richiamato espressamente la giurisprudenza unionale (si veda Corte di Giustizia UE 12 settembre 2005, Causa C-196/04, Cadbury Schweppes) che in tema di libertà di stabilimento, ha stabilito che una società creata in uno Stato membro per fruire di una normativa fiscale più vantaggiosa non costituisce di per sé un abuso a tale libertà. Una normativa nazionale che restringe tale libertà è ammessa soltanto per le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato.

Di conseguenza, una limitazione alla libertà di stabilimento può avere ad oggetto soltanto le " costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale ".

Sostanzialmente la circostanza che una società venga creata in uno stato estero per fruire di una legislazione fiscale più vantaggiosa non costituisce abuso della libertà di stabilimento, né può ritenersi per questo sussistente una presunzione generale di frode fiscale (si veda anche Cass. 11 febbraio 2022 n. 4463).

La costituzione di società aventi sede all'estero nell'ambito di un gruppo societario complesso di notevole consistenza può avere anche finalità di adeguare la struttura societaria a nuove esigenze strategico-operative. Tale operazione pur garantendo ingenti vantaggi fiscali, deve ritenersi del tutto lecita. La Corte di giustizia Europea ha più volte evidenziato che " a un soggetto passivo che ha la scelta tra due operazioni, la sesta direttiva non impone di scegliere quella che implica una maggiore imposta ".

Al contrario, il soggetto passivo ha il diritto di scegliere la forma di riconduzione degli affari che gli permetta di limitare la sua contribuzione fiscale. Il vantaggio fiscale non è un indebito solo perché l'imprenditore sfrutta le opportunità offerte dal mercato o da una conveniente legislazione fiscale, diviene tale solo dove lo attenga con una situazione di puro artificio.

Invero, tali criteri divengono di più difficile applicazione nel caso di holding o subholding statiche, per la carenza di una struttura materiale normalmente presente in una società operativa. Per le holding statiche, infatti, rileva l'attività tipica normalmente riconducibile ad attività di puro indirizzo e direzione unitaria, alla partecipazione delle assemblee delle controllate e alla riscossione dei dividendi, nel pieno rispetto del principio comunitario della libertà di stabilimento. Anche qui la giurisprudenza più recente ha rafforzato la necessità di considerare adeguatamente la peculiare natura di tali società, affermando che per di sé stessa l'holding statica non può rappresentare un limite all'esercizio del diritto comunitario di stabilimento.

Una corretta valutazione dovrebbe tenere in considerazione natura e funzioni proprie di una holding statica, con specifico riguardo alla padronanza e autonomia della stessa in relazione all'adozione delle decisioni di governo e di indirizzo delle partecipazioni detenute ed al trattamento di impiego dei dividendi percepiti (si veda anche CTR per la Toscana, sez. 5, sentenza n. 366 del 03/06/2020).

A corollario, si ritiene necessario sottolineare che, per determinare il luogo della sede dell'attività economica di una società occorre prendere in considerazione un complesso di fattori: la sede statutaria, il luogo dell'amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società; nonché il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie.

Nel caso, poi, di società con sede legale estera controllata da società con sede nel territorio nazionale, non è criterio esclusivo di accertamento della sede della direzione effettiva l'individuazione del luogo dal quale partono gli impulsi gestionali o le direttive amministrative qualora esso di identifichi con la sede della società controllante italiana, atteso che è necessario accertare anche che la società controllata estera non sia costituzione di puro artifizio (si veda anche Cass. 21 giugno 2019 n. 16697), ma corrisponda ad una entità reale che svolga effettivamente la propria attività in conformità al proprio atto costitutivo ed al proprio statuto.

*Dottore Commercialista- Revisore Legale – Ph.D. - Componente Revisore dell'ODCEC Roma-Esperta in compliance aziendale integrata

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