Amministrativo

Il partenariato pubblico-privato nel settore dei beni culturali quale "strumento" di rigenerazione dei piccoli borghi storici

Nello specifico, il piano in questione (del valore complessivo di 1.020 milioni di euro) si compone di due diverse linee d'azione

di Ilaria Gobbato e Anna Gava*

Il 15 marzo 2022 è scaduto il termine per la presentazione delle proposte relative all' "Avviso Pubblico Progetti di Rigenerazione Culturale Sociale dei Piccoli Borghi Storici PNRR M1C3 – Investimento 2.1 – Attrattività dei Borghi – Linea B", pubblicato sul sito del Ministero della Cultura e finalizzato al recupero e sostegno dei piccoli centri urbani. L'iniziativa in questione si pone quale secondo tassello del complessivo piano di investimento "2.1. Attrattività dei Borghi", previsto nell'ambito del PNRR ("Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza"), che riprende il fil rouge dello stesso nella valorizzazione del patrimonio artistico - culturale del nostro Paese.

Nello specifico, il piano in questione (del valore complessivo di 1.020 milioni di euro) si compone di due diverse linee d'azione:

-la prima (Linea A), finalizzata all'attivazione a livello regionale e provinciale di cd. "progetti pilota", a sostegno di borghi in forte stato di declino o a rischio abbandono;

-la seconda (Linea B), atta a promuovere interventi e progetti locali di rigenerazione sociale e culturale di queste piccole realtà urbane.

È proprio quest'ultima ad essere stata oggetto dell'avviso del MiC di cui oggi si discute.

L'avviso del MiC e i "Progetti locali" per la rigenerazione culturale e sociale

In particolare, La Linea B è volta al recupero del tessuto socioeconomico di almeno 229 borghi italiani, attraverso lo stanziamento di trecentottanta milioni di euro (da ripartirsi con la proporzione 60-40 tra Centro Nord e Mezzogiorno), funzionali al finanziamento dei singoli progetti locali di recupero.

Chiamati a presentare le iniziative di cui all'avviso sono stati i Comuni (in forma singola o aggregata) aventi una popolazione al di sotto della soglia di 5000 abitanti e connotati, nel proprio ambito territoriale, dalla presenza di un borgo storico dall'intrinseco valore culturale e paesaggistico.

Punto di grande interesse è il fatto che – e lo si legge testualmente nell'Avviso – "sono parte integrante della strategia alcuni specifici approcci e principi", tra i quali "una forte collaborazione pubblico-privata in linea con la Convenzione di Faro sul valore del patrimonio culturale, che invita a promuovere approcci integrati e partecipativi al fine di generare benefici nei quattro pilastri dello sviluppo sostenibile: economia, diversità culturale, società e ambiente".

Più precisamente, l'Avviso evidenzia che "saranno positivamente apprezzate, oltre a quegli accordi tra pubbliche amministrazioni in grado di favorire la efficiente ed efficace gestione di servizi e attività, forme flessibili e innovative di gestione in ambito culturale attraverso il ricorso a partenariati pubblico-privato, già perfezionati al momento della presentazione della candidatura o da perfezionarsi nei termini previsti dal progetto nel rispetto delle pertinenti disposizioni di legge, anche in coerenza con quanto disposto dal Codice dei Contratti Pubblici, dal Codice del Terzo Settore e dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio".

La previsione – senza soffermarsi in questa sede sull'articolata disciplina prevista dai citati "corpora iuris" – porta a soffermarsi – per quanto di interesse – sul peculiare istituto (ad oggi ancora poco noto, ma che per l'appunto potrebbe assumere un ruolo centrale nell'implementazione dei singoli progetti) denominato "forma speciale di partenariato pubblico-privato" previsto per il settore dei beni culturali che, con riferimento alla contrattualistica pubblica, trova una sua precipua regolamentazione all'articolo 151 comma 3^ del Codice.

L'art. 151 comma 3^ e il partenariato pubblico-privato speciale nel settore dei beni culturali
Come si accennava, l'articolo 151 comma 3^ – di recente, peraltro, oggetto di modifica da parte del D.L. N. 76/2020 (cd. "Decreto Semplificazioni") – accorda a Stato, Regioni e, più in generale, a tutti gli enti locali territoriali la possibilità di "attivare" delle "forme speciali di partenariato", ove dirette alla conservazione, valorizzazione e fruizione di beni culturali immobili.

Ciò attraverso l'individuazione di "procedure semplificate" rispetto a quelle tradizionali, che permettano di giungere più agilmente all'identificazione della controparte contrattuale. La ratio della norma è cristallina: favorire un maggiore accesso al patrimonio storico e artistico della nostra Nazione, nello spirito di valorizzazione dello stesso che innerva la nostra Carta costituzionale.

Se, dunque, la sua ragion d'essere appare di agevole comprensione, lo stesso non si può affermare con riferimento ai contorni applicativi dell'istituto i quali risultano, invece, ancora piuttosto sfuggenti.

Non solo infatti – a monte – non è chiaro quali siano gli elementi distintivi di tale "forma speciale di partenariato" rispetto alle tradizionali forme di PPP previste dall'art. 180 del d.lgs. n.50/2016, limitandosi l'art. 151 a prevedere che "l'individuazione del partner privato" da parte dell'amministrazione interessata possa avvenire mediante "procedure semplificate di individuazione del partner privato analoghe o ulteriori" rispetto a quelle previste dal contratto di sponsorizzazione, ma – ed è questo ancor più rilevante – non è chiaro quale sia il contenuto di tale istituto e chi siano i soggetti che ne possano fare utilizzo.

Proprio a causa della sua ampia formulazione, la previsione è stata oggetto di una circolare del Ministero del 2019 che – muovendo dalla circostanza che l'istituto in commento "vista la sua formulazione ampia e generica può essere applicato a molti tipi e cause contrattuali, non prevedibili a priori che ruotano dalla fornitura di servizi di progettazione all'assistenza museale, dall'allestimento e presentazione di istituti e luoghi della cultura per la pubblica fruizione fino alla consulenza organizzativa" - ha chiarito come sarà proprio "sulla base dell'esperienza e delle buone pratiche […] avviate e sperimentate nella concreta operatività degli uffici", che la fattispecie di partenariato culturale di cui all'art. 151 comma 3^ potrà essere riempita di sostanza e di contenuto.

Ed è, dunque, nell'auspicio di chi scrive che l'iniziativa di rigenerazione dei piccoli borghi promossa dal Ministero della Cultura possa rappresentare "terreno fertile" per la diffusione di questo inedito istituto che – nell'ottica di recupero del patrimonio culturale nelle sue svariate forme – potrà restituire alla fruibilità collettiva questo piccolo patrimonio nascosto, eventualmente anche attraverso procedure ad iniziativa privata (come noto, consentite nel caso di PPP, ma anche nel caso di sponsorizzazioni di cui all'art. 19 del Codice Appalti).

*a cura di Ilaria Gobbato e Anna Gava, Dentons

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