Civile

Il Trust autodichiarato incertezze giurisprudenziali in ordine alla legittimità di tale figura

Il Trust autodichiarato presenta, come è noto, una peculiarità rispetto a quello che è lo schema usuale del Trust che prevede che il disponente trasferisca la gestione del patrimonio ad un soggetto che è un trustee.

di Marzia Baldassarre *

Il Trust autodichiarato presenta, come è noto, una peculiarità rispetto a quello che è lo schema usuale del Trust che prevede che il disponente trasferisca la gestione del patrimonio ad un soggetto che è un trustee.

Invece nel caso di Trust autodichiarato, pur venendosi a configurare la segregazionedel patrimonio costituito in Trust che viene vincolato al raggiungimento della finalitàprevista nell'atto costitutivo tuttavia dato che la figura del disponente e quella deltrustee coincidono nella medesima persona, colui che era titolare dei beni non neperde la gestione. Il

Disponente trasferisce il proprio patrimonio nel Trust, ma continua ad amministrarlo anche se con i limiti che di fatto conseguono all'imposizione di un vincolo collegato al soddisfacimento dello scopo voluto, proprio per questa peculiarità la giurisprudenza si è interrogata a lungo sulla legittimità del Trust autodichiarato.

Anche in oggi sul punto possono rilevarsi delle incertezza e della discrepanza tra l'orientamento del Giudice di legittimità e quello seguito dai Tribunali che non hanno aderito, come nel caso del Tribunale di Parma, all'indirizzo dettato dalla Suprema Corte.

Per diverso tempo il Supremo Collegio trattando la questione dal punto di vista fiscale, ha ritenuto il Trust autodichiarato come nullo dichiarando legittima la tassazione del vincolo in quanto tale, indipendentemente da non effettivo trasferimento di ricchezza e ritenendo applicabile l'imposta proporzionale sulle donazioni.

In particolare quanto ora riferito è il contenuto dell'Ordinanza n.3886 emessa dalla Corte di Cassazione in data 25/02/2016. In tale arresto la Corte, richiamandosi alla precedente pronuncia n.10/05 del 09/05/2014, nonché alle decisioni adottate in sede penale con le sentenze n.13276, V Sezioni, del 30/03/2011 e n.21621, VI Sezione, del 21/02/2014, ha affermato che la caratteristica ineluttabile del Trust è la separazione del bene conferito dal restante patrimonio del Disponente ed il trasferimento della proprietà al trustee anche se al fine limitato del raggiungimento dello scopo perseguito dal Trust.

Mancando tale aspetto caratteristico, la Corte ha concluso, pur riconoscendo che il terzo comma dell'art.2 della Convenzione dell'Aja 01/07/1985 alla quale è stata data, attuazione in Italia attraverso la Legge 364/1989 consente che il Disponente conservi alcuni diritti e facoltà che nel caso del Trust autodichiarato, mancando l'effetto traslativo dal disponente al trustee ai fini dell'amministrazione, malgrado la forma adoperata in realtà non verrebbe configurarsi un Trust legittimo.

Tale indirizzo assolutamente rigido che era stato espresso anche in due precedenti ordinanze emesse dalla Suprema Corte in data 24/02/2016 e, cioè, il giorno precedente alla decisione sopra commentata, con il n.3735 e 3737 è stato completamente sovvertito dalla sostanza n.21614 del 26/10/2016 che ha affermato che la semplice segregazione del patrimonio va tassata in misura fissa non integrando un reale trasferimento di ricchezza Il principio ora detto è stato espresso proprio in relazione ad una fattispecie di Trustautodichiarato venuta all'esame della Corte, la quale ha sancito il principioinnovativo secondo cui tale tipo di Trust costituisce una forma di donazione indiretta,nel senso che per suo mezzo il Disponente provvederà a beneficiare i suoi discendentinon direttamente, bensì a mezzo del trustee in esecuzione di un diverso programmanegoziale. Con la pronuncia in questione quindi la figura del Trust autodichiarato ha ricevuto il pieno avvallo della Suprema Corte. L'orientamento espresso dalla pronuncia del 2016 ha trovato conferma nell'ordinanza 7/11/2018- 15/01/2019 n.734 che, nel trattare sempre la questione incidenter tantum nell'ambito della problematica fiscale relativa all'imposizione alla quale assoggettare l'atto costitutivo del Trust, ha, preso in considerazione quello autodichiarato come ipotesi che non risulta incompatibile con l'istituto dando specifico rilievo a quanto affermato dall'art. 2 comma terzo della Convenzione dell'Aja dell'01/07/1985.

Sembra, quindi, che la problematica sia stata risolta in modo definitivo poiché l'orientamento del Giudice di legittimità che stabilisce l'ammissibilità del Trust autodichiarato appare consolidato. Vi è però una considerazione da fare. Come detto la questione della legittimità del Trust autodichiarato è stato esaminata dalla Suprema Corte in relazione a problematiche di natura fiscale. Sembra però che l'orientamento espresso dalla sezione Tributaria della Corte non trovi riscontro nella giustizia civile di merito. Invece il Tribunale di Parma con una recente sentenza, la n.1567 del 16/10/2019, che ha esaminato una questione di leasing e di fideiussioni allo stesso collegate in cui i fideiussori avevano conferito in un Trust autodichiarato, di cui oltretutto erano anche i beneficiari, il loro patrimonio ha dichiarato la nullità di tale tipologia di Trust.

Nella parte motiva, la predetta sentenza, a sostegno della decisione, prende in considerazione la già sopra menzionata sentenza penale della Suprema Corte n. 13276/2011 aggiungendo che la nullità dichiarata in sede penale aveva trovato conferma anche nella decisione resa in sede civile dalla Cassazione con la pronuncia n. 12718 del 19/05/2017.Invece, in tale sentenza il Supremo Collegio aveva dichiarato la nullità rilevabile d'ufficio del Trust che vada a violare il principio secondo cui i tre soggetti tipici (il Disponente, il trustee e il beneficiario) non possono coincidere. Il Tribunale di Perugia, sulla base di tali principi, ha quindi concluso che posto che i convenuti, cioè nel caso di specie i fideiussioni, hanno conservato la disponibilità dei beni conferiti in trust, di talchè, il loro conferimento in Trust è stata, all'evidenza mero espediente per creare un diaframma tra patrimonio personale e la proprietà costituita solo in apparenza in patrimonio separato, con evidente finalità elusiva delle ragioni creditorie dei terzi.

Ciò evidenziato, essendo presupposto imprescindibile dell'istituto del Trust che il disponente perda la disponibilità di quanto abbia conferito, ne consegue che "ove risulti che la perdita del controllo dei beni da parte del disponente sia solo apparente, il Trust è nullo (sham Trust) e non produce l'effetto segregativo che gli è proprio" (Trib.Monza sez.III sent. 10.12.2012 in leggi d'Italia - sentenza Tribunale Perugia 1567/2019.In conseguenza, il Tribunale si è posto nell'ottica, peraltro meritevole di considerazione, di non avvallare comportamenti elusivi di precise responsabilità patrimoniali che nulla hanno a che fare con le finalità proprie del Trust. Resta però il fatto che così facendo si è andata a penalizzare una figura, che nella parte dei casi appare senz'altro legittima, in quanto tesa al raggiungimento di finalità senz'altro degne di tutela, come quella di assicurare il mantenimento e l'educazione della prole. Inoltre, una lettura così rigida dell'art.2 della Costituzione dell'Aja 01/07/1985 contrasta con il testo letterale di tale normativa che è stata recepita del nostro Ordinamento. Invero, l'articolo in questione, al 3°comma prevede espressamente, come detto, la possibilità che il disponente conservi diritti e facoltà e che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiari.

Quindi secondo tale Convenzione la separazione tra le figure del Disponente o settlor, del trustee e del beneficiario non è così netta e tassativa. Visto che il Trust autodichiarato può essere strumento più che valido per la risoluzione di problematiche familiari non resta che augurarsi che il contrasto la giurisprudenza tributaria e quella civilistica sia presto risolto.

*a cura dell'avv. Marzia Baldassarre , Studio Legale Baldassarre

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