Lavoro

No al licenziamento per fatto meno grave di uno punito con sanzione conservativa

Si applica il regime di tutela reale di cui all’articolo 18, comma 4, dello Statuto dei lavoratori anche nell’ipotesi in cui il contratto collettivo nazionale (ccnl) preveda l’applicazione di una sanzione conservativa

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Si applica il regime di tutela reale di cui all’articolo 18, comma 4, dello Statuto dei lavoratori anche nell’ipotesi in cui il contratto collettivo nazionale (ccnl), in relazione a un fatto più grave di quello posto a base del licenziamento disciplinare e non tipizzato dal medesimo contratto, preveda l’applicazione di una sanzione conservativa.

Posto che il ccnl indica in via esemplificativa le condotte alle quali sono associate le sanzioni conservative, facendo riferimento alla «gravità della mancanza e nel rispetto del principio di proporzionalità», il giudice è autorizzato a svolgere una valutazione «in concreto» e a concludere che il fatto addebitato è riconducibile «per contiguo disvalore disciplinare» ad altra fattispecie aperta punibile con sanzione conservativa.

In tal caso, non si tratta di estendere la previsione della sanzione conservativa a casi non previsti, ma di riconoscere che i contraenti collettivi hanno volutamente previsto (ovvero «hanno inteso descrivere») una casistica di infrazioni in via meramente esemplificativa, lasciando aperto lo spazio per includere altre condotte inadempienti «di gravità omologabile a quella che connota le infrazioni esplicitamente menzionate nel catalogo».

La Cassazione ha espresso questi principi (sentenza 13063/2022 del 26 aprile scorso) sulla scorta del più recente indirizzo per cui si applica la reintegrazione in servizio ex articolo 18, comma 4, dello Statuto dei lavoratori anche alle previsioni del contratto collettivo che ricollegano la sanzione conservativa all’illecito disciplinare attraverso l’uso di clausole generali o elastiche. In forza di questo orientamento, l’utilizzo di formulazioni di contenuto aperto (ad esempio, «grave negligenza», «lieve insubordinazione») consente al giudice di ricondurre il fatto contestato nel perimetro della sanzione conservativa prevista dal contratto collettivo.

La Cassazione utilizza questi approdi e riconduce allo stesso regime di tutela reale il caso in cui il fatto oggetto di contestazione disciplinare, benché non tipizzato dal ccnl, sia di gravità minore rispetto ad altra condotta inadempiente prevista dal contratto collettivo con formula aperta e punita con sanzione conservativa.

Nel caso in esame il licenziamento era stato ricondotto alla fattispecie della «mancata comunicazione del domicilio» durante l’assenza per malattia e questa fattispecie non era contemplata dal ccnl applicato al rapporto. Tuttavia, lo stesso ccnl riconduceva alla sanzione conservativa il fatto (ritenuto più grave) della «assenza alla visita domiciliare».

Confermando la decisione dei giudici di merito, la Cassazione applica il rimedio della reintegrazione sul presupposto che, pur non essendo l’ipotesi inadempiente specificamente individuata dal ccnl, a essa dovesse essere associata la sanzione conservativa prevista per la più grave fattispecie inadempiente.

Questa lettura sembrerebbe allargare ulteriormente l’ambito di applicazione della reintegrazione, perché la elencazione dei casi cui è associata la sanzione disciplinare «non risolutiva del rapporto di lavoro» è suscettibile di essere estesa a fattispecie che non sono menzionate dal ccnl e hanno, secondo l’apprezzamento del giudice, un minore disvalore disciplinare.

In altri termini, il ragionamento cui si perviene alla luce della sentenza è che, se il contratto collettivo nazionale prevede un’elencazione esemplificativa e non tassativa delle fattispecie inadempienti cui è ricollegata la sanzione conservativa, il giudice può farvi rientrare altri fatti (ritenuti) meno gravi non previsti dal Ccnl. Anche in questo caso, il rimedio è la reintegrazione.

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