Giustizia

Università al fianco dei tribunali per migliorare giustizia e didattica

Gli atenei hanno monitorato l’applicazione dell’ufficio per il processo potenziato dal Pnrr: ora le proposte per svilupparlo. Dal contatto con gli uffici giudiziari elementi per innovare la formazione <br/>

di Valentina Maglione

Sono a metà percorso i progetti proposti dalle università al ministero della Giustizia per l’ufficio per il processo nei tribunali e negli altri uffici giudiziari. Dopo l’avvio lo scorso aprile, a oggi gli atenei hanno concluso il monitoraggio sulla messa in opera dell’ufficio per il processo e sono pronti a passare alle proposte. L’obiettivo è potenziare questa struttura, composta da personale che affianca i magistrati nelle attività collaterali, e farla funzionare al meglio.

Non solo benefici per la giustizia. I progetti, facendo lavorare le università con gli uffici giudiziari del territorio, puntano anche a far emergere le competenze richieste e favorire l’innovazione dei percorsi formativi.

I progetti, multidisciplinari, si concluderanno entro il 30 settembre 2023, ma l’idea di fondo è che gli effetti siano duraturi. A portarli avanti sono in tutto 57 università, ripartite in sei gruppi con un ateneo capofila in base alle macro-aree geografiche in cui è stato diviso il territorio italiano.

Ufficio per il processo e Pnrr

Alla base c’è la convinzione che l’ufficio per il processo sia la chiave di volta per reggere un sistema giustizia più efficiente, sveltendo i tempi delle decisioni e riducendo l’arretrato. Del resto, l’ufficio per il processo è al centro delle riforme varate per rispettare gli impegni presi con il Pnrr e ha drenato la quasi totalità delle risorse stanziate per la giustizia; fondi che sono stati impiegati per una massiccia campagna di reclutamento, che ha già portato negli uffici giudiziari, dallo scorso febbraio, circa 8mila addetti dell’ufficio per il processo. «Un booster – spiega Davide Galli, direttore dell’unità di missione Pnrr del ministero della Giustizia – ma transitorio, perché finisce con il Pnrr, nel 2026. In questo contesto si inseriscono i progetti delle università. L’ufficio per il processo è un modello organizzativo omogeneo che, applicato a realtà diverse, può incontrare criticità differenti. Gli atenei hanno monitorato come il modello è stato applicato e ora i progetti continueranno con la proposta di azioni di miglioramento e interventi formativi, in base alle esigenze degli uffici».

I progetti degli atenei

Dalle ricognizioni condotte dagli atenei con l’aiuto degli oltre mille borsisti e assegnisti reclutati, fatte elaborando i dati statistici e conducendo interviste negli uffici giudiziari (a magistrati, funzionari e neo-assunti addetti all’ufficio per il processo), è in effetti emerso un panorama vario di modelli e prassi applicative. L’occasione per fare il punto sarà l’incontro del 27 gennaio 2023 a Torino: il secondo, dopo il primo di novembre a Bari, che riunirà chi sta lavorando ai diversi progetti.

Sotto la lente delle università sono finiti i punti di forza e le criticità. Nel progetto con capofila UniTo, sui risultati, raccolti in un report, «hanno iniziato a lavorare gestionali e informatici – anticipa la coordinatrice Elena D’Alessandro –. L’obiettivo è individuare il modo migliore per gestire l'ufficio». Un dato chiave per studiare gli interventi è l’analisi della composizione dell’arretrato. Così, nel progetto che ha come capofila la Federico II di Napoli, «è emerso – osserva il responsabile scientifico Ferruccio Auletta – che in alcuni uffici una quota significativa delle pendenze consisteva in giudizi in cui il tribunale è giudice d’appello, per la maggior parte relativi alle spese del primo grado».

Le università stanno lavorando anche sul fronte tecnologico. Nel progetto che ha come capofila l’Alma mater di Bologna si punta, tra l’altro, a «standardizzare le migliori routine di lavoro – spiega la docente Daniela Piana – per preparare l’ufficio per il processo all’estensione della digitalizzazione». Mentre, nel progetto “guidato” dall’università di Bari, «stiamo analizzando i flussi dei procedimenti in entrata e in uscita – spiega il responsabile scientifico Domenico Dalfino – per sviluppare modelli predittivi»: saranno utili anche quando sarà disponibile la banca dati delle sentenze di merito, a cui sta lavorando il ministero.

Per facilitare il lavoro degli addetti all’ufficio per il processo, nel progetto che ha come capofila l’università di Palermo «stiamo mettendo a punto – spiega il coordinatore Enrico Camilleri – schede contenenti punti motivazionali e check list per studiare i diversi procedimenti e presentare i risultati al magistrato». Mentre nel progetto che ha come capofila l’università della Tuscia «stiamo supportando gli uffici nella catalogazione dei provvedimenti giudiziari – dice la coordinatrice, Rosa Anna Ruggiero – e di raccolta degli orientamenti giurisprudenziali per rilevarne le tendenze».

Cruciale, per gli atenei, è il tema della formazione: sia del personale già in servizio, prevista nei progetti, sia degli studenti. «Nel confronto con gli uffici – rivela D’Alessandro – è emerso che hanno bisogno di laureati con più competenze di redazione di atti giuridici e informatiche. Per questo abbiamo potenziato la didattica esperienziale, ora presente nel 40% dei nostri corsi, riducendo quella frontale: ad esempio, alleniamo gli studenti a massimare e a usare le banche dati».

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