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Telco, la Corte Ue dà ragione all'Agcm sulla fatturazione a 28 gg

La Cgue, sentenza nella causa C-468/20, interpellata dal Cds nelle controversie con Fastweb, Tim, Vodafone e Wind Tre, afferma la legittimità del potere dell'Acgm di regolare la cadenza minima per la fatturazione

di Francesco Machina Grifeo

L'Autorità garante per la concorrenza italiana aveva il potere di imporre (delibera n. 121/17/CONS) alle Telco la cadenza minima a 28 giorni per le offerte e la fatturazione relative alla telefonia mobile e quella mensile per la telefonia fissa. Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza nella causa C-468/20, interpellata in via pregiudiziale dal Consiglio di Stato nell'ambito delle controversie sollevate da Fastweb SpA, Tim SpA, Vodafone Italia SpA e Wind Tre SpA.

Le società di telefonia avevano messo in dubbio il potere impositivo esercitato dall'AGCOM, ritenendolo contrario al diritto dell'Unione. Dopo il rigetto dei ricorsi in primo grado, le società di hanno interposto appello innanzi al Consiglio di Stato che a sua volta ha chiesto alla Cgue se gli articoli 49 (diritto di stabilimento) e 56 (libera prestazione di servizi) TFUE, le direttive 2002/21 e 2002/22, nonché i principi di proporzionalità, di non discriminazione e di parità di trattamento si oppongano ad una normativa nazionale che conferisce all'Autorità il potere di imporre misure che stabiliscono un periodo minimo per il rinnovo delle offerte e per la fatturazione nei settori della telefonia fissa e mobile.

Nella decisione odierna, la Corte afferma che gli Stati membri devono garantire che le Autorità amministrative indipendenti nazionali adottino tutte le misure ragionevoli per conseguire gli obiettivi definiti nella direttiva «quadro» sempre che siano proporzionate agli obiettivi. Poiché però le misure non sono elencate in via esaustiva, gli Stati membri possono attribuire alle Autorità poteri ulteriori per garantire i consumatori.

In questo senso la legge italiana che attribuisce all'AGCOM il potere di adottare una decisione che garantisca una migliore trasparenza e comparabilità delle offerte commerciali e della fatturazione dei servizi di telefonia, contribuisce alla realizzazione degli obiettivi della direttiva «quadro», in particolare di quello di tutela degli interessi degli utenti.

Pertanto la Corte ritiene che la normativa italiana sia conforme alla direttiva «quadro» e alla direttiva «servizio universale» e che le misure adottate dall'AGCOM non costituiscano una restrizione alla libertà di stabilimento, né alla libera prestazione di servizi.

In conclusione, non è contraria al diritto dell'Unione la normativa italiana che attribuisce all'Agcom il potere di imporre, da un lato, agli operatori di servizi di telefonia mobile una periodicità di rinnovo delle offerte commerciali e una periodicità di fatturazione non inferiore a quattro settimane, e dall'altro, agli operatori di servizi di telefonia fissa una periodicità di rinnovo di tali offerte e una periodicità di fatturazione mensile o plurimensile.

La diversità della cadenza è dovuta al fatto che, nel 2016 al momento della delibera, alcuni operatori di telefonia fissa avevano ridotto il periodo di rinnovo a quattro settimane, invece di un mese, rendendo difficile la comparazione dal momento che erano in concorrenza offerte aventi cadenze di rinnovo diverse. Per cui l'Agcm ha fissato per la sola telefonia fissa la cadenza di fatturazione mensile.

Per quanto riguarda invece la telefonia mobile, siccome gran parte degli operatori aveva già adottato una cadenza a quattro settimane, la comparabilità era comunque garantita, per cui ha fissato la cadenza minima a 28 giorni. Inoltre, sempre secondo la delibera n. 121/17/CONS, in caso di offerte legate alla telefonia fissa, prevale la cadenza relativa a quest'ultima. Si prevede altresì che gli operatori dì telefonia mobile che adottano cadenze di rinnovo delle offerte e della fatturazione su base diversa da quella mensile, informino prontamente l'utente, tramite l'invio di un SMS, dell'avvenuto rinnovo dell'offerta.

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